“Non mi dichiaro prioritariamente autonomista, come altri, ma non capisco perché ci sia questa contraddizione apodittica, non sviluppata”. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi era ieri mattina a Ravenna per partecipare al seminario organizzato dal Viminale in collaborazione con la Scuola di specializzazione in studi sull’amministrazione pubblica, Spisa, “Sviluppi e prospettive delle autonomie locali” alla luce dell’iter di riforma del Tuel in corso. E senza entrare in polemica con l’ex presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini (in collegamento da Bruxelles si dice “un autonomista convinto”, ma l’autonomia differenziata voluta dal governo “non mi e non ci piace per niente”), replica che “magari incaricheremo Spisa di sviluppare il dibattito anche sull’autonomia differenziata”. Di certo, entra nel merito della riforma del Tuel attraverso una legge delega, “valorizzare livelli di governo più prossimi al territorio non può non essere visto come un rafforzamento della democrazia: autonomia significa rafforzare una democrazia matura”. A patto che sia “coerente e armonica con l’unicità e l’indivisibilità della Repubblica”. Dunque, continua Piantedosi, se “rafforzare il principio autonomistico significa rendere più forte la democrazia, e centrali i cittadini, il decentramento va accompagnato da politiche sociali ed economiche perequative”. Per cui l’autonomia deve andare di pari passo con la “solidarietà, che significa anche sicurezza. Autonomia significa affermare la sussidiarietà dello Stato”.
Poi afferma: “Sono meno autonomista di chi si dichiara autonomista ma che poi ha perso un progetto autonomista. Ne faccio meno un’affermazione di principio”. E dunque, ha proseguito, “io che sono meno autonomista, sono meridionale, ritengo che un progetto – quello di autonomia differenziata – sia orientato a responsabilizzare le classi dirigenti per cercare meccanismi di induzione ad una omogeneità territoriale. Legittimo avere opinioni contrarie ma sarebbe bello avere un confronto nel merito, specifico”.