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Via della seta? Quella della Serenissima era più seria

veneziaDI VALTER ROVERATO – Tiene banco, in questo giorni, un dibattito sulla “Via della Seta”, che altro non è che il nome dato ad un accordo commerciale tra italia e Cina. Non entro tanto nel merito dell’opportunità di farlo o non farlo, questo accordo, anche se è bene ricordare che la Cina non produce utilizzando le stesse leggi e regole che abbiamo in europa, sia dal punto di vista di salute e tutela dei lavoratori, sia dal punto di vista della salubrità dei prodotti, ma in questa sede vorrei ad esempio ricordare le varie metamorfosi e dimenticanze più o meno ignoranti dei “nostri” politici nel tempo.

Ricordo infatti un Romano Prodi convinto europeista, tanto da essere considerato uno dei cosiddetti “padri” dell’entrata nell’euro dell’italia, che poi invece diventò un fan dell’espansione cinese in europa, tanto da andare in giro bofonchiando in tutte le TV che la Cina era un’opportunità per le imprese italiane, e che dovevamo aprirci a questo nuovo mercato. Il nuovo “Lomano Plodi” è diventato nel tempo di fatto un ambasciatore bolognese in Cina, tanto da mandarci anche suo figlio a studiare, e chissà chi sarà stato ad aprirgli la strada in quelle università cinesi… Probabilmente mira ad essere l’unico che, nel caso in un futuro dovessero servire investimenti finanziari cinesi sul nostro debito (magari per placare future ulteriori ire del “maestro spread”), possa essere un po’ persuasivo in tal senso, avendo quindi la possibilità di ritornare trionfalmente sulla scena politica nazionale ed europea. Vedremo come andrà a finire.

E cosa dovremmo dire del Salvini del “se vado al governo metto subito i dazi come Trump”, che adesso, che al governo ci sta ben seduto da un anno e vorrebbe durarne altri quattro, quando si troverà di fronte al testo dell’accordo, ci metterà anche la sua firma (virtuale, ma ci sarà di fatto).

Intanto gli italiani aspetteranno ancora questi benedetti, miracolosi dazi salviniani, che dovranno difendere le imprese tricolori dall’invasione cinese e non solo, ormai già in atto da tempo, comunque sempre e solo dopo aver tolto le sanzioni all’amico Putin (altra promessa), come gli italiani aspetteranno anche che Salvini plachi le ire dell’altro amico e mentore Trump, che intanto ha già tuonato contro questo accordo, reclamando subito dall’Italia per punizione il pagamento delle fatture emesse dalla Lockeed Martin nel 2018 per 389 milioni di euro, e non ancora saldate, relative alla fornitura degli ultimi aerei F35 consegnati.

Di Di Maio ricordo solo un viaggio da lui fatto in Cina, in cui si fece notare per una delle sue famose ed ormai innumerevoli gaffes, quella sul nome del presidente cinese, ma comunque lui è assolutamente favorevole a questo accordo, lui non è un brutto e cattivo “sovranista”, anzi, è un “prodiano”, in questo caso. Lui coi sovranisti ci governa e basta, figuriamoci.

Di questo accordo si è poi detto di tutto, anche che è un bene perché favorirebbe i porti italiani di Genova e Trieste, ignorando così che nel mare Adriatico esiste un altro “piccolo ed insignificante” porto: quello di Venezia, città che storicamente ha sempre avuto rapporti con la Cina (a tal proposito, dice nulla il nome di un certo Marco Polo? Lui la percorse, quella via della Seta), essendo stata di fatto per moltissimi anni la principale porta d’oriente in italia, il principale porto di arrivo di tutte le merci che arrivavano proprio dall’oriente, il nevralgico crocevia di tutti i commerci fra il mondo occidentale e quello orientale.

Quindi ci sarebbe da chiederci come mai si citano i porti di Trieste e Genova, quest’ultimo peraltro scomodo da raggiungere da Est per le navi, dovendo circumnavigare tutta la penisola, e si ignori la storia, questa sì millenaria, caro Giggino (e non quella della Francia), che vorrebbe come naturale arrivo di una ipotetica nuova “via della Seta” proprio il porto di Venezia (ragioni politiche? Opportunistiche? Ci siamo vicini….).

Staremo a vedere come andrà anche questa vicenda, una delle tante che vede i due “contractors” di governo divisi, ma alla fine uniti nel nome della sedia governativa e della protezione del consenso elettorale, nel nome delle promesse mai mantenute, nonché delle grandi “gaffes” più o meno storiche, più o meno (molto meno) volute, più o meno (molto meno) strategiche. Certo è che sarebbe molto meglio per noi Veneti ritornare veramente ai tempi della originaria “Via della seta”, in cui la Serenissima era il centro del mondo, ma un accordo del genere non ci verrà mai proposto da nessuno, dovremo e dovremmo avere la forza di essere noi a proporlo agli altri.

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