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Il premier Conte: faremo di Roma una regione con poteri speciali. Con i nostri soldi s’intende

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di ROBERTO PISANI – È passata un po’ sotto tono la dichiarazione del premier Conte durante la consueta conferenza di fine anno con la quale ha annunciato “Ho  incontrato la sindaca Raggi alla quale ho dato disponibilità a valutare  una disciplina speciale, uno statuto, un regime con uno statuto particolare per Roma, con dei poteri anche confezionati sulla base della  missione che la città è chiamata a compiere: capitale italiana e vetrina  del nostro Paese”.
Uno statuto speciale quindi che consentirebbe, tra le altre cose, di bypassare la regione ed ottenere finanziamenti su alcune tematiche, ad esempio i trasporti che non sono certamente il fiore all’occhiello della  città.
In verità l’amministrazione capitolina starebbe ancora aspettando i decreti attuativi riferiti alla legge 42/2009 che sancì la nascita di Roma Capitale, ente territoriale che diede alla città maggior autonomia statutaria, amministrativa e finanziaria, come cita l’articolo 24 comma 2 della sopracitata legge. In seguito venne la riforma Delrio, che definire scellerata è poco, che con la legge 56 del 2014 abolì le provincie e creò le città metropolitane, tra le quali naturalmente Roma.
Però uno statuto speciale è un’altra cosa. Trasformerebbe la città in una sorta di mini regione con poteri speciali che le consentirebbe introiti maggiori e potere di spesa svincolati, neanche paragonabili a quelli degli altri comuni, assoggettati al patto di stabilità e al pareggio di bilancio.
Insomma una regione nella regione o, volendo enfatizzare, uno stato nello stato.
Ma con che soldi? Facile da immaginare, anche perché non più tardi di qualche mese il ministro Grillo ha lasciato intendere che se ci sarà maggior autonomia per Lombardia e Veneto, così come richiesto dal referendum del 22 ottobre 2017, sarà un’autonomia solidale. Tradotto: senza le risorse adeguate. Quindi ancora una volta il maggior potere di spesa della città di Roma  sarà coperto dalle tasse pagate dai contribuenti del Nord, che ricordiamo vantano un residuo fiscale elevatissimo.
E come sempre: PAGA ASINO PADANO!!
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