Verso il mondo dei non-lavoratori…

marxdi MARCELLO CAROTI –  Il professor Nicholas Eberstadt ha scritto un libro, “Uomini senza Lavoro”, per far conoscere al mondo la sua analisi di un nuovo fenomeno che sta travolgendo le nostre società, si tratta di una “catastrofe silenziosa” che rischia di trascinare i nostri paesi verso l’annientamento. Così come questa catastrofe è silenziosa anche le reazioni alla pubblicazione del libro sono state altrettanto silenziose. Il professor Eberstadt analizza la società americana perché è qui che questo fenomeno ha avuto la maggior espansione e quindi è sorprendente che nel mezzo della campagna elettorale per la presidenza nessuno dei due candidati abbia ritenuto opportuno di suonare un campanello d’allarme. Silenzio assoluto.

Nelle nostre società è nata e si è sviluppata una nuova classe sociale che rende obsoleta la classificazione a cui ci ha abituato il Socialismo: capitalisti, borghesi, proletari, lavoratori. E’ sempre stata una classificazione stupida e non utile all’analisi delle nostre società ma ora è chiaramente superata dalla entrata in scena di una nuova classe: i non-lavoratori. Per comprendere questo fenomeno è necessario spiegare come è stata definita e come viene quantificata la disoccupazione.
I disoccupati sono definiti come coloro che non lavorano e stanno cercando un lavoro. Coloro che non lavorano e non cercano lavoro sono considerati fuori dal mercato del lavoro e non sono contati; di fatto è come se non esistessero. Questo modo di rappresentare il mercato del lavoro aveva senso 50 anni fa perché il numero di questi non-lavoratori era irrilevante. Solo pochi possidenti potevano permettersi di vivere senza lavorare, gli altri dovevano cercarsi un lavoro e lavorare per non morir di fame. Oggi non è più così. Oggi, negli Stati Uniti, la percentuale di maschi americani presenti nel mondo del lavoro rispetto alla popolazione è inferiore a quella del 1940 la fine della Grande Depressione, quindi siamo in piena crisi. La percentuale di americani in età lavorativa che non lavora è più che raddoppiata negli ultimi 50 anni. Il paradosso della società americana è che i suoi non-lavoratori sono i più numerosi tra tutti i paesi avanzati mentre gli americani che lavorano sono i più accaniti lavoratori di tutti. Fanno meno vacanze e hanno un orario effettivo di lavoro il più alto di tutti. Questo ha senso se si pensa che questi super lavoratori devono mantenere un esercito di parassiti; infatti i non-lavoratori sono stimati fino al 15% della forza lavoro. E’ impossibile che i lavoratori americani riescano a mantenere una tale massa di parassiti, che creino nuovi posti di lavoro per gli immigrati e facciano anche crescere l’economia, neanche se si ammazzassero di lavoro.

Come fanno a vivere questi parassiti non-lavoratori? I loro mezzi di sostentamento sono due: le donne e l’assistenza pubblica. Mamme, fidanzate, mogli, compagne sono la principale risorsa che consente ai non-lavoratori di vivere comodamente mentre la pubblica assistenza assume un ruolo sempre maggiore grazie alle politiche progressiste dei governi; in particolare l’assistenza alle invalidità. Un uomo che lavora riceve in media $500 dal governo in benefit vari mentre un non-lavoratore ne riceve $5.700. Oggi un americano su sette vive con i buoni cibo forniti dal governo: un record.

I non-lavoratori usano la maggior parte del loro tempo a non far nulla. Pochi di loro studiano o fanno attività ricreative che potrebbero portargli un qualche beneficio, inoltre, loro non aiutano in casa pur avendo tanto tempo a disposizione. Televisione, internet, il bar, il club, dormire sono le loro attività più rilevanti. E’ una vera e propria “cultura del parassita” che sta prendendo il posto della “etica del lavoro” ereditata dal calvinismo dei Padri Pellegrini. E’ forse l’inizio della fine della civiltà Americana? Le vittime di questi parassiti sono naturalmente i componenti più deboli della nostra società: i bambini e le donne. I loro figli, se ne hanno, sono condannati alla povertà e a loro volta diventeranno da grandi dei non-lavoratori innescando così un circolo vizioso che deve essere interrotto se non vogliamo l’annientamento della nostra società.

Le donne sono private di una percentuale rilevante di possibili mariti e/o padri. La ricerca di un marito diventa per loro un periodo difficile della loro vita perché è vissuto col timore o di non trovarlo prima di arrivare al fatidico giorno della perdita della loro fertilità o di ritrovarsi unite a un disgraziato che le renderà infelici per tutta la vita, obbligandole al divorzio. Questo obbliga una percentuale rilevante di donne a cercare il partner su una fascia di età molto più alta della loro perché se scendono verso il basso aumenta ancora di più la probabilità di incappare in un non-lavoratore. Devono cercare tra gli uomini “riciclati”: divorziati o vedovi. Quali sono i tratti più rilevanti di questi non-lavoratori?

Sono quattro: hanno un basso livello di istruzione, non si sono mai sposati, sono nati in America, sono in gran parte negri. Questo ultimo elemento potrebbe far supporre che il problema sia da ricondurre a una etnia in particolare, ma questo sarebbe errato. E’ evidente che questa evoluzione della società americana è condivisa da tutti i paesi occidentali anche se in misura minore, quindi si devono prendere in considerazione altre cause. Infatti, se esaminiamo i gruppi etnici vediamo che questo fenomeno tocca il massimo tra i negri, poi gli anglos (bianchi europei) e poi i latinos; ma se andiamo più in dettaglio vediamo che il fenomeno è più diffuso tra gli anglos non sposati che tra i negri sposati, quindi non è l’etnia il problema principale.
Se analizziamo i dati relativi alle quattro caratteristiche che abbiamo elencato e li incrociamo tra di loro emerge chiaramente un fatto sconcertante: l’elemento che caratterizza maggiormente i non-lavoratori è il matrimonio: non si sono mai sposati. Che senso ha tutto questo? Ora dobbiamo dare un senso a questa realtà che non può più essere ignorata. Il matrimonio è un impegno che, in teoria, dovrebbe durare tutta la vita e darebbe ai coniugi l’obbligo di assistersi e aiutarsi in tutte le circostanze.

E’ da molti anni che questo non è più vero ma, in quanto un simbolo, il rifiuto del matrimonio è il rifiuto di assumersi impegni e responsabilità. Dato che è impossibile vivere in modo produttivo senza prendersi impegni e responsabilità, il rifiuto del matrimonio è la manifestazione di un nichilismo estremo che viene.
E’ il rifiuto di vivere ma senza suicidarsi. I non-lavoratori sono uno dei tanti sintomi del nichilismo mostruoso che sta distruggendo la nostra civiltà che è fondata sul lavoro sin da quando l’homo sapiens lo ha inventato diecimila anni fa.

Da dove viene tutto questo nichilismo? Dal Socialismo. Per iniziare questa analisi dobbiamo dare del Socialismo la definizione più esatta che meglio lo rappresenta, quella di Winston Churchill: “Il socialismo è la filosofia del fallimento, il credo dell’ignoranza, il vangelo dell’invidia. La sua virtù intrinseca è l’equa condivisione della miseria”.   Ci sono anche altre definizioni che ci portano molto indietro nel tempo, a Gesù di Nazareth: “Il socialismo è portare avanti tutti quelli che sono nati indietro”.
Questa definizione rende il Socialismo  simile al messaggio di Gesù: i primi saranno gli ultimi e gli ultimi i primi. Questo perché dobbiamo tenere presente che il nichilismo socialista ha preso molto dal nichilismo cristiano. Non possiamo qui fare la storia del Socialismo (rimandiamo il lettore al nostro “Da Gesù a Marx”) qui dobbiamo analizzare molto brevemente quegli elementi del Socialismo che hanno prodotto un nichilismo così folle nella nostra società. Noi faremo riferimento alle teorie di Marx ed Engels.

Marx aveva ricevuto in rivelazione dalla “Scienza” la visione del futuro dell’umanità. Nel giro di pochi anni, per mezzo di una Rivoluzione sanguinosa, il Proletariato avrebbe rovesciato la società borghese dando vita alla Dittatura del Proletariato che avrebbe a sua volta completato la distruzione della attuale società borghese aprendo la strada a una nuova società mondiale senza classi: Il proletariato, lo strato  più infimo dell’attuale società, non può innalzarsi, non può drizzarsi in piedi, se non fa esplodere in aria l’intera sovrastruttura degli strati che compongono la società ufficiale. Questa nuova società senza classi (della quale Marx non ci ha lasciato il nome) sarebbe durata in eterno e tutta l’umanità avrebbe potuto vivere una vita paradisiaca libera dal bisogno: il regno della libertà. “Quando, nel corso dello scontro con la borghesia, il proletariato è costretto dalla forza delle circostanze a organizzarsi in classe, diventa … classe dominante e, in quanto tale, abolisce violentemente gli antichi rapporti di produzione. … In luogo dell’antica società borghese, con le sue classi e i suoi scontri di classe, subentra una comunità al cui interno il libero sviluppo di ognuno è la condizione per il libero sviluppo di tutti.

Raggiungere questo obiettivo avrebbe richiesto grandi sofferenze: “I comunisti si rifiutano di celare le  loro idee e i loro propositi. Essi proclamano a gran voce che i loro fini possono essere ottenuti solamente tramite il sovvertimento violento dell’intero ordinamento sociale che è esistito fino ad oggi. Che le classi dominanti si intimoriscano pure al cospetto di una rivoluzione comunista. Il compito dei comunisti è di accelerare questo obiettivo e quindi cercare di sfruttare ogni malfunzionamento dell’attuale società borghese per accelerarne la fine. Non si deve cercare di migliorare la vita dei lavoratori con le riforme perché questo fa il gioco della borghesia. Per Marx lavorare per un salario è una “schiavitù salariata”, un inganno della borghesia per sfruttare i lavoratori derubandoli del “plusvalore” che serve a ingrassare i capitalisti. La meta è la società comunista ove ciascuno avrebbe contribuito secondo le sue capacità e tutti avrebbero ricevuto secondo i propri bisogni.

Così l’umanità si sarebbe liberata dal bisogno e avrebbe realizzato il “trapasso dal regno della necessità  al regno della libertà” (Engels). Qui sembra che loro intendano per libertà essenzialmente la libertà dal bisogno, un sogno antico e perenne dell’umanità. Tutto questo lo si sarebbe realizzato tramite l’abolizione della proprietà privata e con la proprietà pubblica dei mezzi di produzione.

“Il proletariato si avvarrà del suo potere politico per sottrarre alla borghesia, un po’ alla volta, tutto il capitale, per concentrare gli strumenti di produzione in mano allo Stato, vale a dire in mano al proletariato strutturato come classe dominante, e per aumentare, nella maniera più rapida possibile, la massa delle forze produttive. Questo ovviamente può accadere dapprima soltanto tramite interventi dispotici nel diritto di proprietà e nei rapporti di produzione borghesi”.

Queste teorie gli erano state rivelate dalla Scienza e quindi la sua visione riguardava tutta l’umanità. Infatti l’abolizione delle classi avrebbe portato, inevitabilmente, all’annullamento delle nazioni e alla pace mondiale.
“Nella misura in cui viene soppresso lo sfruttamento di un individuo ad opera di un altro, si sopprime lo sfruttamento di una nazione ad opera di un’altra. Con il tramonto dello scontro tra le classi, nell’ambito della nazione, tramonta la conflittualità tra le nazioni stesse”. Le nazioni sarebbero sparite e tutta l’umanità si sarebbe riunita nel nuovo regno della libertà.

L’abolizione della proprietà privata avrebbe prodotto una società molto diversa ove non ci sarebbe più stato bisogno della famiglia, un’istituzione borghese che doveva sparire assieme al matrimonio. “Su che cosa si regge la famiglia di oggi, la famiglia borghese? Sul capitale, sul guadagno privato. Nella sua forma perfettamente riuscita, la famiglia esiste esclusivamente per la borghesia: tuttavia, essa trova il suo completamento nell’assenza obbligata di famiglia dei proletari e nella pubblica prostituzione. Naturalmente, la famiglia del borghese si estingue tramite l’estinguersi di questo suo complemento: e sia l’una sia l’altro spariranno quando sparirà il capitale”. Sembra che Marx considerasse il matrimonio una forma di prostituzione legale approvata dalla società borghese perché solo i borghesi avevano i soldi per poter metter su famiglia e quindi “comprarsi” una moglie. Affetti e sentimenti non hanno posto nel mondo marxista.

Nella società comunista i giovani sarebbero stati affidati a strutture statali per il loro mantenimento e la loro educazione in modo da abolire definitivamente le differenze di classe. “Gli eleganti discorsi borghesi sulla famiglia e sull’educazione, sul rapporto intimo tra genitori e figli, si fanno tanto più nauseanti quanto più, a causa della grande industria, per i proletari viene infranto ogni vincolo familiare, e i figli vengono tramutati in meri articoli commerciali e strumenti di lavoro. Ai borghesi che accusano i comunisti di volere la comunanza delle donne, risponde. I comunisti non hanno bisogno di introdurre la comunanza delle donne, in quanto essa è esistita quasi  sempre. Non soddisfatti di disporre delle mogli e delle figlie dei loro proletari, per non menzionare la prostituzione ufficiale, i nostri borghesi trovano uno dei loro principali divertimenti nel sedursi reciprocamente le mogli. In realtà, il matrimonio borghese è la comunanza delle mogli. Si potrebbero al massimo accusare i comunisti per il fatto che vogliono rimpiazzare la comunanza delle donne, nascosta in modo ipocrita, con una comunanza ufficiale e proclamata.

Per fortuna su questo punto Engels è più chiaro: “L’ordinamento comunistico della società farà del  >rapporto tra i due sessi un mero rapporto privato che riguarderà soltanto le persone che vi partecipano, e nel quale la società non deve infiltrarsi. E lo potrà fare perché sopprime la proprietà privata ed educa in comune i bambini, facendo saltare in aria, in questo modo, le due colonne del matrimonio quale si è avuto fino ad oggi: la dipendenza della donna dall’uomo e dei figli dai genitori causata dalla proprietà privata. … La comunanza delle donne è una situazione del tutto legata alla società borghese e che al giorno d’oggi esiste in maniera compiuta nella prostituzione. Però la prostituzione si regge sulla proprietà privata e precipita insieme ad essa. Pertanto, l’organizzazione comunista, anziché introdurre la comunanza delle donne, la sopprime”.

Engels ci dice che nel capitalismo la famiglia è uno strumento di oppressione delle masse femminili. La famiglia borghese non è, come tenta di farci credere la pubblicità, il luogo dove si realizzano le naturali vocazioni della donna e dell’uomo, luogo dell’amore e degli affetti, della riconciliazione fra i sessi e le generazioni. Essa è piuttosto il luogo dove si perpetua l’oppressione e subalternità fra i sessi e fra genitori e figli e dove la donna è schiava della casa e della famiglia e l’uomo, suo malgrado, è il veicolo di tale oppressione e schiavitù: “Se nella famiglia il marito è il borghese, la donna rappresenta il  proletariato.

Nella società comunista la donna si sarebbe resa indipendente dall’uomo con il proprio lavoro e dato che i figli sarebbero stati allevati dallo stato e tutti i lavori domestici e assistenziali svolti dalla donna nella famiglia sarebbero stati presi in carico dallo stato, non era necessario un legame stabile tra i due partner e così era possibile praticare il libero amore e abolire il matrimonio. Dobbiamo ora analizzare questo delirio per vedere come queste allucinazioni socialiste abbiano contagiato la nostra civiltà trascinandoci in questo disastro. Il messaggio di Marx è stracolmo di odio perché lui deve spingere i proletari a distruggere la società borghese senza curarsi delle conseguenze per se stessi e per il proprio paese; loro devono odiare. Questo odio è giustificato dal fatto che chi lavora è sfruttato perché parte del suo lavoro è comunque “rubato” dall’azienda con il plusvalore, quindi non lavorare è giusto, è una affermazione dei propri diritti. La “Giustizia” esige che ognuno deve dare secondo le proprie capacità e deve ricevere secondo i propri bisogni. In questo modo parte una gara a chi è più incapace e che ha più bisogni. Una gara che non si ferma mai perché ognuno pretende di essere sfruttato da qualcun altro aumentando ancora di più l’odio verso il prossimo, la società e infine verso se stessi.

La politica marxista è protesa verso il raggiungimento dell’obiettivo finale, il “regno della libertà”, ove saremo liberati dal bisogno. Dato che questa società non esiste si avvia un meccanismo che porta alla autodistruzione. La eliminazione delle nazioni, etnie, popoli, genera una società di meticci ove vengono spezzati il senso di identità e i vincoli che tengono l’individuo legato alle proprie origini eliminando l’amore per la propria terra e il senso di responsabilità verso la propria comunità. Il matrimonio è una trappola della società borghese, una gabbia nella quale siamo costretti a causa della proprietà privata. Ora, grazie al socialismo ci attende un futuro fatto di libero amore senza alcun rapporto stabile e duraturo, ma soprattutto, lo stato si prenderà carico dei figli (per eliminare le differenze di classe e le ingiustizie, naturalmente) e così saremo liberati anche da questo fardello. E’ un mondo ove non esistono affetti, sentimenti, amore, passioni e soprattutto nessuna responsabilità. Solamente un’affermazione sterile e delirante dei propri bisogni e dei propri diritti. Questo è il mondo dei non-lavoratori.

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