Venezia sott’acqua e l’arciere di Lucrezio

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di Stefania Piazzo – C’è un’opera moderna che resiste più del Mose incompiuto di Venezia sott’acqua ed è il De Rerum Natura di Lucrezio. Si spiega l’infinità dell’universo, la struttura dell’atomo, le leggi della fisica e le regole della natura. E soprattutto ad abbandonare l’idea che siano gli dei a maledire gli uomini e a interferire nelle loro vicissitudini umane. Infatti a interferire è sempre l’uomo. Con i partiti e i tempi della magistratura che non tengono conto delle ragioni del cosmo. La natura ha poteri sconfinati e infiniti, scrive Lucrezio, come il dardo che l’arciere lancia nello spazio. Ha una sua fine, la sua corsa. Ma dal punto in cui si ferma ci sono infiniti e infiniti lanci a dimostrare che tutto si estende senza un confine. Oltre al fatto che una volta che il dardo è lanciato, non ne puoi controllare la traiettoria. Lucrezio ha ragione. Ma anche infinita è la fame di potere, di denaro, di corruzione, di malagestio, di sottovalutazione dei tempi naturali che possono superare le misere unità di misura umane. E una volta che queste miserie sono lanciate non ne controlli più gli effetti.

Venezia è il paradigma dell’infinita pochezza politica e progettuale  in cui siamo finiti. Del nulla di fatto, come se l’uomo fosse il controllore del mondo e potesse rimediare ai disastri promettendo nuove opere. Di nuovo non c’è nulla, le cose della natura stanno già tutte scritte. In latino. Niente paura, per chi lo odia perché è la lingua dell’impero, ci sono le traduzioni. Se oggi Lucrezio fondasse un partito, sarebbe da prendere in seria considerazione. Non sono gli immigrati la colpa di tutti i mali.

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