VENETO: SI A NUOVO STATUTO. ZAIA: LA SECESSIONE E’ ILLEGALE

di GIANMARCO LUCCHI

Il Consiglio regionale del Veneto con 59 voti favorevoli su 59 votanti ha approvato, all’unanimità e con voto nominale, il testo definitivo del nuovo Statuto della Regione che sostituisce quello in vigore dal 1971. Alla nuova carta statutaria, per entrare in vigore, manca solo l’ultimo «via libera» del Governo e l’attesa dei tempi (60 giorni) previsti dalla Costituzione per un un’eventuale richiesta di referendum popolare. L’assemblea veneta ha così concluso un lungo iter iniziato tre legislature fa nell’ottobre del 2000. Alla seduta hanno partecipato nell’aula di palazzo Ferro-Fini anche alcuni rappresentanti degli Enti Locali tra i quali il Sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, le Presidenti delle Province di Padova Barbara Degani e di Venezia Francesca Zaccariotto e il presidente dell’Anci veneto Giorgio Del Negro.

«Il tema della secessione non va confuso con quello del federalismo». Lo ha detto il Presidente del Veneto, Luca Zaia, a margine dei lavori del Consiglio regionale di oggi. «Il federalismo – ha spiegato – è centripeto, mentre la secessione è nel non rispetto delle leggi. Ritengo quindi che sia bene verificare in giro per l’Italia se tutti le rispettano, visto che ho l’impressione che in qualche comunità questo già da tempo non avvenga».

La principale novità dello Statuto del 2012 rispetto alla carta del 1970 è l’elezione diretta del presidente della Regione. Il nuovo Statuto recepisce e conferma, infatti, l’innovazione costituzionale del 1999 confermando il sistema in vigore ormai da tre legislature dell’elezione a suffragio universale del governatore e dei consiglieri regionali. Il numero dei consiglieri dovrà essere proporzionale al numero degli abitanti (uno ogni 100 mila abitanti, più il presidente eletto e il primo sconfitto) ma non potrà in ogni caso superare i 60: con le prossime elezioni del 2015 l’assemblea legislativa del Veneto dovrebbe contare 51 componenti, appena uno in più rispetto ai 50 eletti del 1970, quando il Veneto contava meno di 4 milioni di abitanti. Tra i compiti prioritari del nuovo Statuto c’è il riequilibrio dei poteri tra Presidente, Giunta e Consiglio del Veneto. Al protagonismo di un Presidente eletto direttamente dai cittadini e che può scegliersi gli assessori anche al di fuori del Consiglio (la quota di esterni potrà arrivare sino al 50 per cento), il nuovo Statuto contrappone i poteri rafforzati di un Consiglio, «organo di rappresentanza democratica del popolo veneto», che può sfiduciare il governatore (determinando così però la fine anticipata della legislatura), censurare un suo assessore e incalzare l’operato dell’esecutivo con un’opera di indirizzo e vigilanza più stringenti. Al Consiglio spettano, innanzitutto, il potere legislativo e le funzioni di programmazione e di controllo, oltre che il potere di nomina e di indirizzo sulle società partecipate dalla Regione.

Rispetto allo Statuto del 1970 viene introdotta la nuova figura del consigliere delegato, quasi un pontiere tra assemblea e Giunta, con diritto di partecipare alle sedute di Giunta, ma senza diritto di voto. Altra novità è il rinnovo del presidente del Consiglio e dell’Ufficio di presidenza a metà legislatura, dopo i primi 30 mesi. Il Consiglio regionale viene rafforzato nel proprio ruolo di rappresentanza democratica con maggiori garanzie riconosciute alle opposizioni, alle quali spetterà adeguata rappresentanza nelle presidenze delle commissioni, propri relatori per le proposte di legge e il diritto di determinare una quota fissa dei provvedimenti da portare in discussione in Consiglio. Il Consiglio avrà anche una maggiore autonomia funzionale e organizzativa rispetto al passato grazie anche al riconoscimento di uno specifico ruolo organico per i propri dipendenti. Infine il nuovo statuto accorpa le due figure del Difensore civico e del Pubblico tutore dei minori (istituite a fine degli anni Ottanta) creando il nuovo ufficio del Garante regionale dei diritti della persona, che avrà sede presso il Consiglio e dovrà occuparsi anche dei diritti dei detenuti. Nuova è anche l’istituzione della Commissione di garanzia statutaria, organo di consulenza composto da tre esperti di chiara fama nominati dal Consiglio, che dovrà decidere in merito all’ammissibilità delle richieste di referendum e delle proposte di legge di iniziativa popolare e pronunciarsi su questioni di interpretazione dello statuto o delle leggi.

Il numero degli articoli è rimasto lo stesso (64 più quello che stabilisce l’entrata in vigore, il giorno successivo la sua pubblicazione) ma lo Statuto regionale, approvato oggi in seconda lettura dall’aula consiliare, disegna un Veneto ben diverso da quello del 1970. Le novità si intravedono già nel primo titolo, dedicato ai principi generali. I cinque articoli che nello statuto del ’70 definivano l’identità e il ruolo della neonata istituzione regionale sono diventati dieci e declinano con puntualità scenario, valori e obiettivi di una Regione che sin dal primo comma del primo articolo, si proclama «autonoma». Scompare il richiamo di quarant’anni fa all’unità della repubblica italiana sostituito con un più blando rinvio all’armonia con la Costituzione italiana e con i principi dell’ordinamento dell’Unione europea. Nel nuovo Statuto il Veneto si è fatto più largo comprendendo nuovi veneti: quelli sparsi nel mondo, citati sin dal primo articolo, e con i quali la Regione si impegna a mantenere legami e scambi «favorendo la continuità di rapporto e di pensiero»; le minoranze, verso le quali la regione professa riconoscimento e tutela (art. 2); e gli immigrati, nei confronti dei quali la Regione si impegna ad agire «secondo criteri di ragionevolezza e proporzionalità», in base a un non meglio precisato «particolare legame con il territorio» (art. 5), garantendo comunque il pieno riconoscimento dei diritti a tutti i minori.

Nello Statuto di quarant’anni fa traspariva l’impegno prioritario della Regione a promuovere la crescita sociale ed economico di un Veneto sostanzialmente agricolo e attraversato da grandi squilibri territoriali e settoriali. Lo sviluppo delle campagne e dell’agricoltura ritornava per ben tre volte nei primi articoli del testo statutario. Quarant’anni dopo la parola «agricoltura» è scomparsa e cede il passo – nelle finalità prioritarie della Regione – alla «tutela del paesaggio», ad un generico riconoscimento delle «attività rurali e forestali», alla «salvaguardia delle biodiversità» e del territorio. Il nuovo statuto valorizza la funzione sociale del lavoro ma sottolinea quello dell’impresa, citando espressamente il principio della libera iniziativa economica individuale e collettiva, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese. Nella carta statutaria del 2012 fanno capolino nuovi principi e nuove responsabilità della Regione, che si propone di difendere e valorizzare il diritto alla vita, la dignità e l’indipendenza delle persone anziane e non autosufficienti, la qualità della vita dei cittadini e delle generazioni future, il ruolo del volontariato, i diritti umani e la cooperazione tra i popoli.

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