Veneto e Italia, una sana disunione

plebiscito-venetodi NICOLA BUSIN – Il popolo Veneto sta soffrendo non solo economicamente. La sofferenza è evidenziata in particolare dalla incapacità di esprimere una classe politica che riesca a rappresentare veramente tutte le richieste di un popolo che quando aveva capacità di autogoverno era il popolo più ricco, liberale e tollerante d’Europa. Forse è questa tolleranza diffusa che ha plasmato gli animi delle persone, non più abituati a combattere in modo cruento, con le armi, perché meglio avvezzi alla diplomazia, a raggiungere gli obiettivi con intelligenza e determinazione.

Dopo la conquista di gran parte dei territori delle Venezie da parte dei Savoia, conquista avvenuta attraverso un plebiscito truffa i cui contorni solo adesso hanno preso forma e appaiono sempre più assurdi, falsi e violenti, le popolazioni Venete hanno avuto solo una opzione per non morire di fame: l’emigrazione, meglio forse l’esodo dato che tra il 1866 e il 1910 metà popolazione ha lasciato a malincuore le amate terre (circa un milione e mezzo di persone). I processi storici sono chiari, dopo la conquista dei piemontesi è iniziata l’epoca delle ideologie che ha di fatto prodotto conflitti sociali e creato un clima liberticida in tutta Europa e nel mondo intero. In Italia, prima il partito socialista e poi il partito fascista per arrivare alla contrapposizione tra democrazia cristiana e partito comunista nel dopoguerra, hanno creato una netta divisione nella popolazione, non consentendo una libera presa di coscienza identitaria del popolo Veneto come anche degli altri popoli italiani.

Dopo la caduta del muro di Berlino, chiuso il comunismo in gran parte dittatoriale europeo, è seguito un periodo fluido con la progressiva scomparsa dei partiti ideologici. Una rinnovata comprensione, una riappropriazione identitaria dei vari popoli italiani ma anche europei, sta muovendo sacrosante richieste di indipendenza che vanno lette non come una volontà di chiusura ma una volontà di dare la possibilità ad ogni popolo di confrontarsi e competere con il mondo intero libero da costanti indebiti “prelievi” che hanno il solo fine di rendere parassitarie alcune aree a scapito di altre.

Nella nazione italiana per primo e con maggiore forza il popolo Veneto desidera ritornare a governarsi sulla scorta di 1.100 anni di esperienza con la Serenissima Repubblica, unica repubblica al mondo ad avere una così lunga durata, storicamente esempio di efficienza, virtù, libertà e tolleranza per tutto il mondo.

Si tratta di capire quali forze politiche siano ora attrezzate per accogliere e far proprio questo sentimento, questa richiesta di indipendenza dal governo romano sempre più considerato un governo inefficiente, iniquo, con un sottopotere corrotto, incapace di cogliere il bisogno di autogoverno dei vari popoli italiani. Anche la recente riforma costituzionale proposta, con previsione di accentramento del potere, va in senso opposto al desiderio di libertà dei popoli. In questo contesto la Lega Nord dimostra un atteggiamento ambiguo in quanto rappresenta solo in modesta parte le richieste dei veneti. Salvini, che non è Veneto, spinge per un partito nazionale italiano dichiaratamente in posizione conservatrice, posto a destra e quindi ancora partito ideologico in un futuro libero da ideologie. I politici veneti della Lega Nord in realtà sarebbero organizzati nella Liga Veneta che è una formazione autonoma ma che questa autonomia non riesce a rappresentare. Pertanto finché la Liga Veneta resterà dipendente da Milano difficilmente potrà rappresentare un reale riferimento per l’indipendenza del Veneto, anche se probabilmente molti esponenti di spicco e gran parte della base sono sinceramente convinti di questa scelta.

La continua nascita di tante iniziative culturali, politiche, sociali nel Veneto sono chiaramente un segnale forte e preciso che oramai nessuno potrà più arrestare questa sacrosanta volontà di riappropriazione identitaria del popolo che ha come obiettivo l’autogoverno. Le formazioni politiche nate, scomparse e riapparse nel panorama locale sono sostanzialmente frutto di individualismi nel classico sistema sociale Veneto, che ha come riferimento l’individualismo imprenditoriale, motore dell’economia. Se nel sistema produttivo l’individualismo può essere una risorsa, nel contesto politico risulta una criticità.

A questo punto appare assolutamente necessario mettere da parte e unire gli individualismi con il fine di creare una vera e forte formazione politica che sia sicuro riferimento per tutto il popolo e su questo obiettivo alcuni bravi e volonterosi cittadini stanno dedicando un grande impegno. La nascita come in Scozia o altre aree europee di un Partito della Nazione Veneta o Partito Nazionale Veneto, organizzato su base volontaria ma con una precisa democrazia interna, con la creazione di un gruppo dirigente qualificato esteso in ogni comune e di indubbia onestà, potrà essere una adeguata risposta alla richiesta di indipendenza. Un partito unificante per diventare riferimento preciso e affidabile di un popolo troppo tollerante ma sicuramente non insensibile ad un percorso di liberazione, si tratta in pratica di raccogliere tutti gli individualismi, senza chiusure tra i vari gruppi esistenti, magari creando una lista di persone disponibili a candidarsi nelle varie elezioni.

L’esperienza scozzese può essere di buon auspicio in quanto il Partito Nazionale Scozzese (Scottish National Party, SNP) nel 1960 contava lo 0,5 % dell’elettorato e ora ha superato il 50%. Lo spazio quindi è vasto, unire gli individualismi appare assolutamente indispensabile e già l’occasione offerta da S.C.E.G.L.I., libera associazione etica di gruppi e movimenti indipendentisti, aperta a tutti, nata grazie all’impegno di alcuni splendidi patrioti, è una ottima opportunità di incontro.

(per gentile invio dell’autore, anche su http://www.dirittodivoto.org/ e ripreso da lindipedenzanuova nel maggio 2016)

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