Trentin: Sulla morale in politica sono in questione solo i doveri verso gli altri

 

politica smemorata

di ENZO TRENTIN – L’unica dottrina politica che non ha bisogno di ricorrere ad argomenti di giustificazione è quella, se mai ve n’è stata una, per la quale la condotta politica non può mai violare la morale per la perentoria ragione che la morale non esiste, o meglio non esiste un sistema normativo diverso o superiore a quello della politica, e non vi è altro sistema normativo che quello politico. Credo che una teoria politica di questo genere sia esistita – sostiene Norberto Bobbio [http://temi.repubblica.it/micromega-online/norberto-bobbio-etica-e-politica/ ] -, e sia la hobbesiana. Per Hobbes due sono gli stati in cui può essere raffigurata la vita dell’uomo, lo stato naturale e lo stato civile: nel primo non vi è alcuna regola morale, o, se c’è, è inapplicabile, nel secondo non c’è altra regola di condotta che quella imposta dal sovrano, cioè da colui cui gl’individui hanno attribuito il potere di stabilire ciò che è giusto e ciò che è ingiusto.

 

Orbene, secondo la Costituzione vigente (che in ogni caso non è la più bella del mondo, come un giullare super pagato hanno propagandato) il “sovrano” nella Repubblica italiana è il popolo (Comma 2, dell’art. 1), non i partiti politici e i loro esponenti. La politica partitocratica, e quindi giacobina o fascistoide, non seleziona i migliori, ma i più avidi, ambiziosi, infidi, cinici e talvolta anche criminali: nel confronto fraterno tra Caino e Abele è sempre Caino che ha la meglio. Il politicante avverserà sempre la democrazia diretta e i referendum che ne sono un logico contorno, perché egli vive (c’è bisogno di scomodare il Machiavelli? «Sono tanto semplici li uomini e tanto obediscono alle necessità presenti, che colui che inganna troverà sempre chi si lascerà ingannare.») con un solo scopo nella vita: conquistarsi prima, e conservare e ampliare dopo, il potere di gestire una ricchezza pubblica che non gli appartiene. E per ottenere questo è disponibile a qualsiasi sacrificio anche morale. Per questo il politicante è sempre uno squallido individuo e per questo gli resta intollerabile che gli sia tolta, con la democrazia diretta (e i referendum), la possibilità di essere lui a maneggiare il denaro di tutti (spesso, troppo spesso stando alle cronache, intascandone anche un po’). Ogni costituzione è animata da una volontà post-politica, quella di indurre la democrazia all’esercizio più largo possibile delle libertà individuali; che sono sì un elemento; ma la democrazia consiste essenzialmente e prima di tutto nella capacità di fare scelte collettive.

 

Fatte queste premesse d’ordine generale, scendiamo alla dimensione comunale di Vicenza, dove l’amministrazione uscita dalle recenti elezioni ha iniziato una passerella sui mass-media locali per presentare i suoi intendimenti operativi. Ma non prendiamoli alla lettera, si sa che l’inferno è lastricato di buone intenzioni. E pur con le logiche differenze imposte dalle differenti deleghe, i diversi assessori si sono distinti per un denominatore comune: tutti (il Sindaco per primo) hanno dichiarato di volere la partecipazione dei cittadini alle loro scelte amministrative.

 

Chi più degli altri ci ha stupito è quella straordinaria figura del Vicesindaco Matteo Tosetto (non ci scomporremo a indicare il partito politico di cui è commissario provinciale; tanto gli elettori, in larga parte, hanno compreso che i partiti non sono la soluzione ma il problema), il quale ha recentemente dichiarato: «Chi conosce la mia storia sa che non potrò essere contro il bilancio partecipativo, […] Tuttavia a mio parere, il bilancio partecipativo va rivisto […] La mia e quella dell’amministrazione Rucco è infatti un’idea molto diversa del concetto di partecipazione dei cittadini, […] Piuttosto si intervenga sul territorio attraverso il bilancio partecipativo per promuovere idee innovative, progetti culturali o sociali, attività che creino aggregazione e integrazione. Negli ultimi dieci anni, secondo noi, non si è lavorato attentamente sui quartieri per costruire un dialogo partecipato con i cittadini, soprattutto in periferia.»

 

Ora, senza scagionare l’indifendibile precedente amministrazione, ci sembra che la sicumera di quella attuale appaia evidente laddove pretenderebbe di “orientare” l’esercizio della sovranità popolare, sia pure con la “democrazia dei rimasugli” (postdemocrazia); ovvero la vecchia e stantia democrazia partecipata. E poiché l’argomento lo abbiamo già trattato qui: [https://www.vicenzareport.it/2018/04/dal-centrosinistra-vecchie-idee-dure-a-morire/ ] rimandiamo a questo intervento il lettore interessato. Invece, un cittadino è tale quando è libero nelle sue scelte. La libertà non è semplicemente quella di mettere una crocetta su una lista quando lo decidono i partiti. La libertà non può prescindere dall’oggettività, e dalla verità. Un cittadino non potrà mai dirsi libero nelle sue scelte finché gli strumenti informativi e partecipativi non gli saranno messi a disposizione in forma tempestiva, facile, e determinante.

 

Il “rappresentante” politico spesso si giustifica quando due norme sono poste l’una sopra l’altra, ovvero in ordine gerarchico, ma se sono antinomiche prevale quella superiore. Allora, per rimanere a come funziona il Bilancio Partecipativo a Vicenza, dove sono stati stanziati solo miserabili 400.000 euro per il 2017; preferiremmo che fossero i cittadini stessi a scegliere come spenderli senza input da parte dei “rappresentanti”.

 

Ci si consenta di rammentare Raph Waldo Emerson (fu visto come un sostenitore dell’individualismo https://en.wikipedia.org/wiki/Ralph_Waldo_Emerson ) che dell’uomo nobile diceva: «L’uomo grande desidera sempre essere piccolo. Se siede sui cuscini dei benefici, si addormenta. Ma quando è pungolato, tormentato, sconfitto, ha la possibilità d’imparare qualcosa; è costretto ad interrogarsi sulla sua umanità; ha raccolto i fatti; impara di essere ignorante; guarisce dalla follia della presunzione.»

 

Ora, poiché questa nuova amministrazione comunale sembra ancora affetta dalle incertezze tipiche degli inizi, attendiamo di capire a quale etica vorrà rifarsi. Infatti, Max Weber ha ben delineato l’opposizione tra due etiche contrapposte:

  • l’etica dei principi (Gesinnungsethik) – anche detta etica delle intenzioni o delle convinzioni.
  • l’etica della responsabilità (Verantwortungsethik).

La prima forma di etica fa riferimento a principi assoluti, che assume a prescindere dalle conseguenze a cui essi conducono: di questo tipo sono, ad esempio, l’etica del religioso, del rivoluzionario o del sindacalista, i quali agiscono sulla base di ben precisi principi, senza porsi il problema delle conseguenze che da essi scaturiranno. Si ha invece l’etica della responsabilità in tutti i casi in cui si bada al rapporto mezzi/fini e alle conseguenze. Senza assumere princìpi assoluti, l’etica della responsabilità agisce tenendo sempre presenti le conseguenza del suo agire: è proprio guardando a tali conseguenze che essa agisce.

 

Orbene, per noi la “partecipazione” non si riduce alla “democrazia dei rimasugli” del Bilancio Partecipativo, bensì all’effettivo esercizio della sovranità popolare, per cui abbiamo bonariamente istigato qui: [https://www.vicenzareport.it/2018/07/politica-una-pietanza-stantia-a-vicenza/ ] il Sindaco Francesco Rucco a modificare sostanzialmente gli Istituti di Partecipazione Popolare previsti dalla Carta Europea delle Autonomie, dal Decreto L.vo 267/2000, dallo Statuto del Comune di Vicenza e del Regolamento inerente, che grazie all’azione della partitocrazia sono stati edulcorati e snaturati. Ma a tutt’oggi l’intera amministrazione, Sindaco in testa, sembrano fare gli gnorri.

 

 

 

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