di BENEDETTA BAIOCCHI – Torna a parlare, Giulio Tremonti. Con Umberto Bossi il rapporto è ancora forte e solido. E non è mistero che il Senatur lo consideri un riferimento culturale e di analisi del presente politico. Infatti quando parla, Tremonti spazza via le nebbie. “E’ la presa della Bastiglia – ha affermato circa la vittoria di Trump -. Non una rivolta, come pensa re Luigi XVI appena sveglio, ma una rivoluzione. Ecco, quel che sta avvenendo un po’ dappertutto segna chiaramente una discontinuità storica: la fine dell’ultima ideologia del Novecento. La fine del mercatismo e contestualmente del socialismo, l’equivalente della caduta del Muro di Berlino. Sarà pure un cambio traumatico ma non e’ affatto detto che sia negativo. Anzi. Sono populista? Ebbene sì, perché no?”. E’ quanto afferma infatti in una intervista a Repubblica, il senatore Giulio Tremonti, a proposito dell’elezione di Donald Trump.
Poi il referendum e la sua posizione netta. “Dico No a una riforma sbagliata e a Renzi, passato dall’infanzia alla decadenza politica transitando per la sfortuna obamiana. Ma chi avrà il governo dopo di lui sara’ votato alla sconfitta, dovendo fronteggiare un’emergenza finanziaria drammatica. E siccome saremo a ridosso delle elezioni, indovinate chi le vince? Tutti quelli che non stanno al governo”. Sulla destra di Salvini, Tremonti invece osserva: “Come si dice in America, per fare un dollaro servono cento centesimi. La mia impressione è che serva un leader, ma non può essere l’uomo solo al comando, serve una base collettiva, il sostegno di tutti”, “Berlusconi – aggiunge – aveva un apparato, ma soprattutto era uomo straordinario”, “il suo successo temo non sia ripetibile. La leadership ci può essere, ma dovrà passare attraverso una fase, come dire, cooperativa”.
Dopo l’ammonimento di Berlusconi sulla corsa di Parisi verso una leadership, in contrasto con Salvini, si profila per il centrodestra un lungo periodo di transizione e di ricostruzione. Ma a decidere, a quanto pare, è ancora Silvio.