di STEFANIA PIAZZO – Ieri ricorreva il terzo anniversario dalla morte di Doddore Meloni, l’indipendentista che non ha ricevuto sconti dalla giustizia italiana né decorrenza dei termini. Per un “banale” reato fiscale è finito in carcere dove, dopo un lungo periodo di sciopero della fame e della sete, si è lasciato morire. E dove lo Stato lo ha lasciato morire. Di lui si parla poco, molto di più si parla di altri simboli della lotta per la libertà e la democrazia.
La vicenda catalana è stata per molto il capolinea della democrazia e ancora lo è. Su questo non ci piove.
Oggi che occupano le cronache sono altre questioni. La Catalogna è lontana, lo è anche la cronaca dei risparmiatori fottuti dal sistema delle banche, quelle venete in particolare, dove i vertici di due banche territoriali hanno imparato bene ad essere uguale rispetto a tutto il resto d’Italia. Siamo abituati alla fregatura. Un crac non è più una notizia. Quando morì Doddore non si alzò un gran lamento dalla politica italiana. Anzi.
So che dirò qualcosa di antipatico, ma mentre si facevano battaglie incredibili e legittime per sostenere la libertà dei catalani e la liberazione di tutti i membri dell’allora governo, mentre altri erano al riparo in esilio, qualcuno mi disse: “Doddore Meloni non si è rifugiato in Belgio”. C’è chi ha argomenti per rispondere? Dopo tre anni dalla sua morte io ancora non ho risposte.