Sono passati 43 anni da quando, la sera del 6 maggio 1976, poco dopo le 21, in Friuli la terra tremo' e in pochi secondi tutto venne giu'. Soltanto il mattino successivo si compresero le proporzioni della devastazione, con case crollate e morti. Si era risvegliato l''Orcolat', in dialetto friulano 'orco', sinonimo di terremoto. Subito comincio' la solidarieta' con centinaia di giovani friulani che raggiunsero i luoghi colpiti dal sisma e squadre coordinate dai sindaci, dai Vigili del fuoco e dagli alpini della Julia. Nei paesi più' colpiti dalle scosse furono salvate vite umane, grazie al lavoro di tanti volontari. Il giorno dopo arrivo' Giuseppe Zamberletti, nominato commissario straordinario dal presidente del Consiglio Aldo Moro. Sul campo rimasero quasi mille morti e un terzo della regione Friuli Venezia Giulia devastato. Ma da quella devastazione nacque un modello di ricostruzione. Oggi, il Fvg ricorda quei terribili momenti, ma anche la grande capacita' di risollevarsi che ebbe la popolazione. Una memoria, dunque, che non accenna a sbiadirsi, come emerge dalle parole di uno dei protagonisti dell'epoca, Franceschino Barazzutti, allora vicesindaco del comune di Cavazzo Carnico (Udine) - disastrato all'84% dal sisma - poi sindaco nel periodo della ricostruzione (dal 1977 al 1995) e oggi presidente onorario dell'Associazione dei Comuni Terremotati e dei sindaci della Ricostruzione del Friuli, che ricorda la figura di Zamberletti, scomparso il 26 gennaio scorso: ''Fu un uomo eccezionale, specialmente perche' non prendeva mai una decisione che riguardasse un comune senza interpellare prima il sindaco di quella comunita'". O ancora in quelle di intellettuali, come il saggista e scrittore Angelo Floramo, secondo cui il terremoto del 1976 fu uno "spartiacque cronologico, il confine tra due epoche: una, di matrice antichissima, scandita dai ritmi arcaici della terra, e l'altra, che ci appartiene, soggetta al tempo veloce della modernita'", che cambio' definitivamente il volto di questa terra. Dopo quella immensa tragedia, i friulani seppero rimboccarsi le maniche, come rammenta un industriale della zona, Mauro Savio. Da quella tragedia - dice - l'economia friulana usci' rafforzata".