di ANGELO VALENTINO – Una delle ultime battaglie fiscali della Lega non è quella per ridurre le tasse come promesso attraverso la famigerata flat tax, un orpello elettorale che ancora non è dato sapere come sarà. Affatto. La presa di posizione è contro la nuova fiscalità dei frontalieri, frutto di un accordo del 2015 tra Svizzera e l’allora governo italiano.
Riporta infatti la Tv Svizzera che “a Montecitorio è stata infatti adottata una mozione dei due deputati grillini Giovanni Currò e Niccolò Invidia che ha congelato la discussione parlamentare sull’eventuale ratifica dell’accordo… un ulteriore segnale della volontà della maggioranza di non completare l’intesa fiscale sottoscritta a Milano il 23 febbraio 2015 dai ministri Pier Carlo Padoan e Eveline Widmer-Schlumpf”. Il motivo: un’intesa valutata troppo penalizzante per i lavoratori frontalieri.Il rischio che sia tutto da rifare non è remoto.
Secondo la stampa elvetica, “Indubbiamente tra i vincitori, almeno a breve-medio periodo, figurano i lavoratori frontalieri residenti entro i 20 chilometri dal confine svizzero, che vedono allontanarsi lo spettro di un oggettivo aggravio delle imposte”.
Ma qualche contraddizione nella politica della Lega, che a casa propria grida prima gli italiani, c’è eccome sulla vicenda dei frontalieri, ad essere coerenti.
“Questa categoria di lavoratori italiani – spiega la Tv Svizzera che ha interpellato Samuele Vorpe (Centro competenze tributarie della SUPSI) – continuerà a godere del privilegio di essere tassata esclusivamente in Svizzera mentre con il nuovo regime la quota versata all’erario cantonale avrebbe funto da semplice credito d’imposta per il fisco italiano. Analogamente agli altri frontalieri (residenti oltre i 20 chilometri dal confine) questi contribuenti avrebbero infatti dovuto pagare le imposte in Italia, dove le aliquote sono sensibilmente più onerose (dedotta la parte trattenuta dal fisco elvetico e con il solo beneficio di una franchigia fissata a 7’500 euro)”.
Dove sta l’incoerenza di Salvini? E’ semplice. “Un aggravio impositivo, sottolinea sempre l’economista Samuele Vorpe, avrebbe ridotto l’attrattiva degli impeghi nella Confederazione e il proliferare di fenomeni indesiderati sul mercato del lavoro cantonale, come il dumping salariale”. Quello che Salvini contesta agli immigrati in Italia. Lavoratori che accettano redditi non sempre elevati pur di lavorare. Cosa che accade nella concorrenza tra frontalieri e svizzeri, stando alle ragioni che hanno spinto la confederazione a dire altrettanto “prima gli svizzeri”.
Chi ci perderebbe? Il Canton Ticino perderebbe circa 15 milioni di franchi (oggi trattiene il 61,2% delle imposte alla fonte (e riversa il 38,8% ai vicini comuni italiani, via Roma) “mentre l’intesa del 2015 prevede un prelievo maggiore, pari al 70%, che per il contribuente transfrontaliero si traduce in un credito d’imposta nei confronti dell’Agenzia delle entrate”.
“Ben più consistente è la perdita per l’erario italiano, che secondo alcune stime oscillerebbe tra i 300 e 600 milioni di euro. Un danno finanziario difficilmente comprensibile se ci si limita agli aspetti contabili ma che ovviamente risponde a logiche di altra natura, come la ricerca del consenso che all’approssimarsi degli appuntamenti elettorali tende ad avere il sopravvento”. Lo scrivono loro, i federalisti svizzeri. Ed hanno ragione da vendere.