di GILBERTO ONETO
Non c’è scampo. Bracalini scrive la sua opinione sulla questione meridionale e lo fa con l’arguzia e la competenza che si trova in tutti i suoi lavori e subito si scatena la Santa Pelasgica Inquisizione. Immediatamente esplodono il repertorio di complessi di inferiorità-superiorità, la permalosità mediterranea e la predisposizione per la retorica e il piagnisteo che da sempre guastano il Meridione.
Credo di avere tutte le carte in regola per evitare di essere accusato di antimeridionalismo o di filosabaudismo. Ho sempre scritto e sostenuto che il Sud sia stato aggredito e occupato, depredato e umiliato e che l’unità d’Italia abbia fatto da quelle parti solo danni. Il Regno delle Due Sicilie era uno Stato autonomo che non aveva mai aggredito nessuno e si era sempre – per usare una espressione locale – “fatto i fatti suoi”: una encomiabile eccezione in un mondo manesco. Ciò nonostante è stato senza ragione attaccato in spregio a tutte le norme del vivere civile da una banda di sciagurati istigati, protetti e pagati da due Stati stranieri (Sardegna e Gran Bretagna) che a un certo punto sono intervenuti anche direttamente nella mascalzonata. Roba da Saddam Hussein con il Kuwait ma senza nessuna vera reazione da parte della comunità mondiale! Una vergogna insomma, una brutalità da cui è nato uno Stato farlocco, questurino, ladro e truffatore.
Questo basta e avanza per condannare quegli avvenimenti! Non occorre inventarsi delle balle. Non serve favoleggiare di un Meridione ricchissimo, di una Shangri-la mediterranea che non è mai esistita. Il Regno non era certo la “negazione di Dio” di Gladstone ma neppure il paradiso terrestre che molti meridionalisti oggi rimpiangono. Si sentono colossali panzane sulla “terza potenza industriale del mondo”, su finanze e produzioni che sono il frutto di invenzioni di gente troppo innamorata della sua terra, o di abili contraffattori di verità, come quel Nitti spesso citato, lo stesso che Rapagnetta-D’Annunzio chiamava Cagoja in uno scambio di galanteria fra conterranei.
Amici meridionali, non serve che vi inventiate queste balossate per sottolineare l’ingiustizia di cui il vostro Paese è stato vittima. L’annessione è stata una carognata indipendentemente dalle condizioni in cui si trovava il Regno. Tutti i viaggiatori e i cronisti del tempo – anche in questo ha ragione da vendere Bracalini – ce lo descrivono però come un posto bello ma malandato, povero, insicuro e primitivo. Ma – ripeto – questo non dava diritto a nessuno di intervenire.
Basta la verità storica per affermare che si è trattato di una vigliaccata. Ricamare attorno a colorate fantasie è oltre a tutto pericoloso. Perché – verrebbe allora da chiedere – un Regno così felice e prospero è crollato per la bravata di 1.089 bisavoli dei ragazzi del Centri Sociali? Perché una tale meraviglia si è sfaldata come un castello di carte davanti a una masnada sgangherata di tagliaborse o anche all’esercito sardo che – Custoza insegna – non era certo una temibile macchina da guerra? Se tutto era così perfetto come si spiegano i tradimenti sistematici, la corruzione dei comandi militari, lo strapotere patriottico di mafie e camorre sul territorio? Vanto il merito di essere stato uno di quelli che hanno sottolineato la portata di “guerra nazionale” del cosiddetto Brigantaggio, però non posso non ricordare come assieme a fior di patrioti ci fossero robuste masnade di tagliagole, di gente che era spinta da “altri ideali”. É inevitabile che in ogni lotta di resistenza ci siano cospicue componenti “deviate” (non si sono salvati né Chouans né indipendentisti irlandesi) ma in Meridione si è ben più di una volta varcato il limite. Non solo: i peggiori e più sanguinari repressori della ribellione erano proprio meridionali.
I primi anni dell’unità sono sicuramente stati più dannosi al Sud che al Nord ma poi la politica “risarcimentista” ha preso il sopravvento all’insegna del “ci avete voluti e adesso ci mantenete” che molti meridionali hanno applicato con scrupolo e precisione molto nordici. Come spiegare poi, cari amici meridionalisti, quella valanga di voti favorevoli agli odiati Savoia nel 1946? Il 76,5% di voti per la monarchia subalpina e arraffatrice in Campania da dove saltano fuori?
Oggi siamo tutti d’accordo che l’unità sia stata una fregatura, un matrimonio forzato e mal riuscito. In questi casi non c’è altra soluzione che una separazione consensuale, civile e pacifica. Alla norvegese, alla slovacca, per intenderci. É invece significativo che a volerla sia qui solo uno dei coniugi. Perché l’altro – che dice di essere sfruttato, maltrattato, ingiuriato e chi più ne ha più ne metta – insiste nel mantenere il legame. C’è qualcosa che non quadra. È troppo comodo oggi venire a dire che essendo stati (forse e un po’) sfruttati in passato oggi si deve essere risarciti. Viene il sospetto che la condizione di “continuo risarcimento” sia di grande soddisfazione anche per taluni accesi meridionalisti. Se si ritiene di essere maltrattati non si insiste nel condividere la stessa casa con il maltrattatore. Dividiamoci da buoni amici, così senza altre formalità. Invece si cerca di procrastinare l’inevitabile. Non è elegante che tutto questo straordinario patrimonio di cultura che viene vantato si riduca a cercare di arraffare ancora qualche anno di residuo fiscale. Federco II che chiede di prolungare il bakshish? Siamo seri. Qualcuno di voi vuole fare i conti di questi 150 anni? Siete sicuri che vi convenga?
Gaetano Salvemini – un meridionalista galantuomo che molti di noi hanno imparato a conoscere anche proprio grazie a Romano Bracalini – ha scritto: «Dal momento che tutti si lamentano, ciascuno stia a casa sua, e ognuno si tenga i propri quattrini e se li spenda come meglio crede». Questo è il solo vero principio di ogni autonomismo. Questo può essere la salvezza del Meridione. Sicuramente lo è della Padania.