di STEFANIA PIAZZO – Ha ragione Massimo Maugeri, quando, parafrasando Mark Twain sulle pagine dell’agenzia Agi, afferma che “la fine dell’Unione europea travolta dall’onda populista, è una notizia fortemente esagerata”.
E’ vero che il governo ha voluto cavalcare elettoralmente lo scontro con Bruxelles sulla manovra, raccogliendo la rabbia della gente che vede l’Europa solo come un insieme di pesanti divieti, regole, che non portano né mai porteranno un beneficio a casa nostra. Un mostro a più teste con una battaglia finale, quella delle elezioni europee.
Ma è davvero così? Davvero i nuovi equilibri porteranno a un rovesciamento degli spazi politici portando Salvini a condurre i giochi non solo in Italia ma anche nella vecchia Europa? Davvero saranno solo macerie ed è questione di pochi mesi?
O è una suggestione elettorale come una delle tante che hanno ammaliato il popolo votante il marzo 2018? Il mondo è cambiato. Ma, seguendo il ragionamento proposto dall’Agi, popolari e socialisti terranno ancora banco nel 2019. Più i liberali, “che al netto della fusione con le truppe di Macron accreditate di una ventina di seggi, rimangono la terza forza”.
Secondo i sondaggi, 180 posti andrebbero al Ppe. E altri 140 ai socialisti del Pse. Certo, una significativa emorragia di voti, circa 80 seggi, ma non sufficienti da far prevedere una rivoluzione. “I liberali dell’Alde dovrebbero tenere a quota 70, scrive Maugeri. ” Gli euroscettici dell’Enf, gruppo di cui fa parte la Lega, raddoppierebbero, arrivando a oltre 60 eurodeputati. E anche l’Efdd, la casa europea del M5S, è data in lieve crescita. Ma i pentastellati sono ancora in cerca di identità a Strasburgo e nessuno per ora si spinge a considerare un’alleanza con la destra leghista-lepenista sullo stile giallo-verde di casa nostra”.
A conti fatti, una maggioranza antisovranisti ci sarebbe: Popolari, Socialisti e Liberali. Ma allora, si interrogano gli analisti con un po’ di proiezioni in mano, l’idea di Salvini di fare asse con il Ppe che fine farebbe? E’ realistico? E’ possibile che l’accordo col tedesco Manfred Weber, ‘Spitzenkandidat’ dei popolari, alla guida della Commissione, possa spostare i numeri a favore di una rivoluzione? La domanda è chi, tra i popolari,accetterebbe un accordo con un partito eurofobico, lepeniano, di destra dichiarata.
In altre parole, è plausibile che il successore di Juncker sia Weber, amico delle destre? O non è più realistico, al di là di quello che ci vuole far credere la Lega su facebook, che il prossimo presidente della Commissione esca dal cilindro di chi si aggiudicherà la maggioranza, e cioèpopolari, socialisti e liberali?
In altre parole, solo chiacchiere e distintivo, da parte del Capitano? Esiste l’asse sovranista in grado di capovolgere l’Europa? Che ne è stata dell’amicizia con gli alleati ungheresi e austriaci, ribattezzati gli gli austroungarici dall’Agi, Sebastian Kurz e Viktor Orban?
Kurz, correttamente, viene fotografato da Maugeri come “filo europeista e filo occidentale (l’enfant prodige della destra europea ha perfino ospitato a Vienna l’associazione di George Soros, dopo la cacciata decisa da Budapest)”. Infine, “Sia Orban che Kurz restano saldamente nel Ppe e non hanno nessuna intenzione di abbandonare la grande e accogliente ‘Balena bianca’ popolare per lidi ignoti e sconosciuti. Perfino l’ex ideologo di Donald Trump, Steve Bannon, che aveva attribuito all’Italia il ruolo di avanguardia del sovranismo europeo, sembra avere abbandonato l’idea della presa del palazzo d’Inverno per mancanza di adesioni al suo progetto”.
Al di là di quanto si legge a destra e a manca, l’onda sovranista è più un tremore mediatico, che una realtà “aumentata”. E la linea dura del governo sulla manovra ha solo fatto gioco a chi non vedeva l’ora di attaccare l’Italaìia, anello debole del Mediterraneo.