di MONICA RIZZI – L’euro non è il male assoluto. Dipende da chi ti governa. L’Italia giocava sulla svalutazione per essere competitiva. Con la moneta unica tutti sono partiti dallo stesso start, stessa linea di partenza. E qui sono iniziati i guai 20 anni fa, perché c’era un pezzo di paese pronto a reggere la concorrenza, la macroregione del Nord, con un Pil che rincorreva la Baviera e le aree forti del Nord Europa. C’era il modo per gestire il passaggio in modo intelligente. Invece siccome per i campioni del nazionalismo siamo tutti uguali tranne quelli che lo sono un po’ di più perché devono pagare per altri che non producono, ecco che l’euro è stato insieme male e medicina. Oggi è stato calcolato che con la moneta unica in 20 anni ogni tedesco ha guadagnato 23 mila euro, ogni italiano ne ha persi 75 mila.
Lo rileva il rapporto “20 anni di Euro: vincitori e vinti”, del think tank Cep (Centre for European Policy) di Friburgo. Secondo lo studio, analizzato da Caludio Paudice sull’Huffghintonpost, il problema della competitività tra i vari Paesi dell’eurozona “rimane irrisolto e “deriva dal fatto che i singoli paesi non possono più svalutare la propria valuta per rimanere competitivi a livello internazionale”. Dall’introduzione dell’euro, un’erosione della competitività internazionale ha portato “a una minore crescita economica, a un aumento della disoccupazione e al calo delle entrate fiscali. La Grecia e l’Italia, in particolare, stanno attualmente attraversando gravi difficoltà a causa del fatto che non sono in grado di svalutare la propria valuta”.
E senza euro, con il ciclo economico che abbiamo visto, cosa sarebbe accaduto? La Germania, dice lo studio, dal 1999 al 2017 avrebbe guadagnato 1.893 miliardi di euro, 23.116 euro per abitante. Anche i Paesi Bassi hanno guadagnato circa 346 miliardi, e cioè 21mila euro pro capite. Nella maggior parte degli altri Stati si sarebbero registrate invece delle perdite: in Italia, lo Stato che più ne ha risentito, addirittura di 4300 miliardi, pari a 73.605 euro pro capite. In Francia, le perdite ammonterebbero a circa 3.591 miliardi, pari a 55.996 euro pro capite.
Insomma, avremmo perso comunque. In ogni caso, nel 2017 il Pil tedesco è aumentato di 280 miliardi di euro e il Pil pro capite di 3.390. “L’Italia ha perso di più di tutti. Senza l’euro, calcolano i ricercatori del Cep, il Pil di Roma sarebbe stato più alto di 530 miliardi di euro, che corrisponde a 8.756 euro pro capite. Anche in Francia l’euro ha comportato significative perdite di benessere per 374 miliardi di euro complessivi, che corrispondono a 5.570 euro pro capite”.
Ma la sentenza di condanna non lascia spiragli di speranza: “In nessun altro Paese tra quelli esaminati l’euro ha portato a perdite così elevate di prosperità (…). L’Italia non ha ancora trovato un modo per diventare competitivo all’interno dell’eurozona. Nei decenni prima dell’introduzione dell’euro, l’Italia svalutava regolarmente la propria valuta con questo scopo. Dopo l’avvento dell’euro non è stato più possibile. Invece, erano necessarie riforme strutturali. La Spagna mostra come le riforme strutturali possono invertire la tendenza negativa”.
Governi di destra, governi di sinistra, un solo paese unito nella pessima tradizione dell’assistenzialismo.