Mentre ascoltiamo ormai con noia e disaffezione il dibattito sull’autonomia, che già sentiamo come cosa superata e ancora una volta usata come richiamo elettorale, torniamo a riflettere sul vero significato di referendum. Lo facciamo proprio parlando di soldi, di tasse. Dopo anni di esami, corsi e ricorsi ai massimi livelli giurisprudenziali per avere il via libera su un referendum solo consultivo, guardiamo oltralpe per vedere uno spiraglio di libertà. Buona lettura (ste.pi.)
di GIUSEPPE REGUZZONI* – L’ignoranza non ha confini e non si può contingentare. Sul referendum svizzero del febbraio 2014 fu scritto di tutto: che la Svizzera si era spaccata in due sull’abrogazione della legge sull’immigrazione, che è stato votato il divieto d’ingresso per gli stranieri, che gli Svizzeri hanno deciso di introdurre i contingenti per gli stranieri comunitari, che «Ginevra ora mette a rischio gli accordi con l’UE» (Kyenge). E, invece, gli Svizzeri né votarono né abrogarono alcuna legge, ma impegnarono il loro governo a regolamentare gli accessi dei cittadini stranieri, anche comunitari, il che altro non è se non affermare il primato del popolo sul governo, con un atto che è eminentemente politico e, più precisamente di indirizzo.
Loro, almeno, possono farlo. La Costituzione «più bella del mondo» esclude la possibilità per i cittadini italiani di dire la loro sui temi di politica estera e in materia fiscale. L’Italia, grazie al meccanismo complesso dei trattati internazionali, potrebbe trovarsi in guerra, senza essere aggredita da nessuno, solo per ubbidire alle solite Logge, che vengono prima di un popolo a sovranità limitata, al massimo chiamato a scegliere tra la padella e la brace.
È già successo, nel lontano 1915, quando la guerra fu decisa, senza il voto di un Parlamento, già di per sé poco rappresentativo, dal massone Sidney Sonnino con il Patto di Londra. In piccolo sta succedendo con una serie assai lunga di missioni di peace keeping, che altro non sono che supporto minoritario ai disegni imperiali di qualcun altro. Questo è uno Stato al guinzaglio, con cittadini liberi di fare e pensare nei limiti che il Padrone concede loro.
Gli Svizzeri, in passato, si sono aumentati e ridotti tasse e stipendi con referendum, cantonali e federali. Questo significa essere un popolo, pur con quattro lingue e tre confessioni religiose. Da noi non si può.
Come voterebbero i pur malmessi cittadini italiani, se potessero impegnare il “loro” governo con un referendum del tipo: volete voi che indennità parlamentari e stipendi dei boiardi di stato, oltre alle relative pensioni, non siano superiori a tre volte lo stipendio medio di un cittadino italiano? Sì o No? Oppure: volete voi dimezzare i costi del Quirinale? Sì o No?
E nulla diciamo sulla possibilità di autodeterminazione politica delle nostre terre e di quelle soggette al Governo italiano solo in forza di trattati internazionali, perché siamo tanto liberi, nella «Costituzione più bella del mondo», da rischiare l’ergastolo o l’accusa di vilipendio.
Una democrazia è forte quando non teme né il confronto né di essere messa in discussione.
Un sistema politico è forte quando è sostenuto da cittadini liberi e consapevoli. La libertà è possibilità di decidere. Sì o No. Decidere, che è cosa diversa dallo scegliere tra le possibilità che il Potere offre. Decidere, che anche la possibilità di rovesciare il tavolo.
La libertà è decisione ed è consapevolezza. Aveva ragione il compagno Brecht (che i suoi discepoli, oggi alleati con i poteri forti, non leggono più): il peggiore alleato della schiavitù è l’ignoranza. E per inciso, compagna Ministro, la capitale della Confederazione Svizzera non è Ginevra, ma Berna …
Per gentile concessione dell’autore. Articolo apparso su L’Insorgente.com