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Se oltre ai barconi il governo si occupasse della mafia al Nord…

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di ANGELO VALENTINO – Le regioni del Nord primeggiano per la quantita’ di operazioni sospette delle mafie, con il 46,3%. Al Sud la percentuale e’ del 33,8% e al Centro del 18,7%. E’ quanto emerge dall’ultima relazione della Dia. Secondo il documento, “il maggior numero di operazioni finanziarie sospette di ‘interesse istituzionale’, emerse con riferimento alle regioni del Nord, puo’ essere indicativo di una mafia liquida che investe in questa parte del Paese in maniera occulta, utilizzando per i propri scopi criminali delle teste di legno. Una mafia latente che potrebbe, in prospettiva, manifestarsi con caratteri piu’ evidenti”.

“A fronte di uno scenario sicuramente complesso, la legislazione antimafia sembra scontare ancora i limiti legati alla competenza territoriale in cui vanno a radicarsi i procedimenti penali e di prevenzione. I fascicoli processuali tendono, infatti, ad essere attratti dai Distretti giudiziari in cui la consorteria mafiosa si e’ storicamente sviluppata. Conseguentemente vi e’ una limitata possibilita’ di perseguire l’azione illecita da parte dei Distretti del Centro-Nord, in cui oggi invece si manifestano con sempre maggior forza le attivita’ economico-finanziarie delle mafie”. E’ quanto si legge nell’ultima relazione della Dia, riferita al secondo semestre 2018.

Allora, una domanda ci sta. E anche più di una. La cronaca ci racconta di questa infiltrazione che pervade il territorio. Ma non abbiamo sentito una parola sull’emergenza mafie al Nord. Non generano consenso tanto quanto il braccio di ferro con le ong o i ministri dei 5S indifendibili. Aspettiamo di sapere. Anche perché le mafie per essere pericolose non hanno bisogno di sparare.
Sta spostando l’interesse dalla deroga all’economia legale, dai boss ai consiglieri comunali amici, ai consiglieri di amministrazione nelle Asl.

La mafia non genera però allarme sociale. E’ come se non si vedesse, soprattutto perché non se ne parla, il problema è trascurato, minimizzato. E il Nord paga questa presenza che non è una forma di colonizzazione, di affitto degli spazi sociali o economici. Fa parte del paesaggio comunitario, parte attiva e viva, tumore che non allarma fino a quando non si deciderà di alzare la testa.

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