di MARCELLO RICCI – Le vicende di Roma apparentemente sono lontane e distanti dalla Padania, dalla secessione del Lombardo-Veneto che dopo venti anni di lotte (verbali) e speranze oniriche restano sempre un pochino dietro la linea partenza.
Ciò detto, la vicenda di Virginia Raggi, merita molta attenzione, non perché sindaco ed esponente del M5S, ma per i fari che accende sulla burocrazia romana e in particolare su quella capitolina.
La conoscenza, seppur fugace della Raggi, consente di rappresentarla come persona professionalmente preparata, onesta e sempre orientata a non lasciare i problemi insoluti. Si deve aggiungere che le difficoltà e la complessità non la fermano. L’ascesa sul Campidoglio, anche senza conoscere la scena e i retroscena, è impresa ardua considerando tutti i poteri, politici, ecclesiali, militari, finanziari ( nel senso più ampio), massonici e lobbistici presenti e attivi.
Istituzioni, Vaticano, banche, ambasciate rendono molto arduo il lavoro del sindaco. Virginia consapevole di tutto, forte del vastissimo consenso elettorale ha accettato la sfida. Donna con la schiena dritta ha coraggiosamente affermato che sopra di lei ci sono i cittadini romani e ad essi, solo ad essi deve rispondere. Parole di amministratrice consapevole estremamente diversa dalla bambolina evocata dal Presidente della Campania.
La Raggi, consapevole che in Italia non è consentito lo “spoils system”, ha pensato di poter utilizzare come uomini di macchina soggetti dotati di capacità amministrative, ma non incorruttibili, con l’intento di usarli per le specifiche competenze, sotto stretta sorveglianza, in attesa di sostituirli strada facendo, uno per volta.
Molta ingenuità, possibile in un paese di galantuomini, non tra i lupi famelici, tutti nati dalla vecchia lupa che ha lasciato famiglia. La Raggi ha peccato di presunzione e ingenuità, ora per lavorare con tranquillità deve far cadere cento e più teste, deve convincere i vigili urbani a ruotare nei vari municipi e trovare dirigenti pur essi in grado di cambiare ufficio, smontare clientele e fidelizzazioni.
Il fatto che persone di livello abbiano rinunciato a ruoli prestigiosi certifica le difficoltà.
Queste cose apparentemente non appartengono alla questione settentrionale, ma spiegano gli ostacoli insormontabili per trattare con Roma una qualsiasi forma di pur parziale autonomia, particolarmente impossibile se comporta una riduzione dei tributi o comunque una riforma fiscale in senso federalista.
Umberto Bossi nel ’96 proclamò l’indipendenza dei popoli padani. E’ vero che la sua malattia durata più di un anno ha pesato.
Per tagliare o allentare le catene romane, si dovranno imboccare altre strade sempre certamente imperniate sul trasferimento dei tributi.
La fragilità di un esecutivo fatto da Gentiloni , da Maria Etruria Boschi, da Valeria Fedeli ( terza media , esperta in gender), ecc. invita ad agire.
Disagio sociale, invasione di clandestini, disoccupazione e povertà crescenti, non possono essere vissute senza un concreto piano per affrontarle. Ci sono tutti gli elementi per una rivolta sociale che può manifestarsi con modalità diverse nelle varie Regioni. Importante che il fuoco da sotto la cenere si trasformi in fiamma e divampi.
Frequentemente quando tutto appare perduto nulla è perduto, ai terremoti segue la ricostruzione. Alla dissoluzione di uno stato fantoccio seguirà la nascita di uno stato federale?