Se i politici studiassero un po’ don Milani… O sanno già tutto?

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di SERGIO BIANCHINI – Dopo una recente serata in cui un mio intervento ha fatto letteralmente fuggire il relatore Aclista che commemorava Don Milani, ho passato una giornata intera a rivedere il testo fatidico della lettera alla professoressa e a riordinare in 4 parti le citazioni.

Sì, non ne posso più della sintesi di tutti i commemoratori per cui fu uno “ che amò molto, il suo carattere, il suo linguaggio non erano sempre consoni però…” . L’amore era grande e quindi….

Ecco, proprio questa sintesi è inutile e fuorviante. Nello scritto emergono proposte chiare e giustissime a mio parere sulla scuola. Proposte che proprio i suoi ammiratori coevi ed anche tardivi si sono guardati bene dall’applicare pur avendone il potere come ministri della  pubblica istruzione; Il tempo pieno per i docenti e non per gli alunni, il doposcuola per i carenti che al suo tempo erano i contadini, la non bocciatura ad elementari e medie ma anche il rigore alle superiori. L’analisi dei libri di testo e l’inserimento degli scritti sacri nelle antologie. Il rifiuto della laurea come titolo per l’insegnamento anche ai livelli primari. La preminenza del docente nella conduzione anche disciplinare degli alunni.

La scuola reale, che fu sempre condotta da amatori di don Milani della sinistra democristiana, non ha assolutamente applicato, anzi ha rovesciato queste proposte ed ha dato la preminenza non all’efficacia formativa ma al potere sindacale dei docenti conducendo la scuola ad una crisi terribile da cui non può uscire.

Di don Milani si è preso come esempio solo l’ardore “amatorio” che viene sempre esaltato tacendo che ugualmente grande fu nel disprezzo e perfino nell’insulto. Disprezzo e insulti rivolti ad esempio a tutti i laureati ed a tutti gli insegnanti.

Furono questi i motivi per cui la chiesa di allora lo emarginò, forse giustamente o inevitabilmente visto che la chiesa allora, eravamo negli anni ‘60 oggi considerati mitici, sosteneva la governabilità.

Oggi invece i massimi vertici della chiesa esaltano proprio chi è “ rivoluzionario” cioè colui che, per amore di pochi, si mette contro la maggioranza e sfida anche apertamente il buon senso e la governabilità della nazione. Così intorno alla chiesa si radunano sempre meno le persone normali e sempre più figure marginali dotate anche di un vero e proprio rancore verso il comune sentire.

E’ impressionante la convergenza dei vertici della chiesa attuale con la cultura e i rappresentanti dell’estremismo comunista degli anni “70 che videro in Italia una vera e propria guerra civile da cui ci stavamo faticosamente riprendendo. E lo stato ormai allo sfascio totale si sostiene appoggiandosi proprio alla nuova linea papale, come ha detto Mattarella nel discorso dove indicava il papa come il vero riferimento degli italiani aperti e solidali.

Una linea papale inusitata che difende l’illegalità attiva e anche scandalosa contro le norme e le azioni dello stato democratico purchè animata dall’amore.

Così la classe dirigente anziché ideare e perseguire progetti concreti in grado di risanare davvero il paese si trastulla con lo schierarsi pro o contro il buonismo.

Ecco, viene da dire, siamo da capo.  Come finirà?

Per fortuna il processo non è compiuto ed anzi forse è vicino a capovolgimenti grandiosi.

Nel frattempo la crisi della scuola continua e non si vedono segni di svolta. Eppure da 50 anni le idee di don Milani per una semplice ma profonda rigenerazione ci sono e sono ancora valide.

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