di RICCARDO POZZI – Quando un partito celebra un congresso per eleggere una leadership, la squadra vincente ha tutto il diritto di decidere la linea del partito e chiedere che tutto il partito la segua. Ma quando la leadership vincente sventra il partito e lo trasforma completamente ignorando i principi sui quali era nato, la minoranza, in questo caso ha il diritto morale e politico di chiedere una scissione.
Matteo Salvini, come un pifferaio magico, sta incantando la grande maggioranza dei militanti facendo loro credere che quella che grida “prima gli italiani”, in fondo, sia sempre la vecchia Lega. In realtà ha completamente sotterrato ogni riferimento alla questione settentrionale per poter rastrellare il maggior numero di elettori del centro sud e porre così le basi per occupare un discreto numero di poltrone per i prossimi venti anni.
Quando lo stravolgimento di un partito arriva alle ragioni stesse della sua nascita, in questo caso, anche una forte minoranza ha diritto a chiedere che chi ha vinto se ne vada. Chiedere una scissione con la restituzione di simbolo e nome del partito. Matteo Salvini e il suo entourage non hanno più nulla di leghista, del nord e dei suoi problemi non gli importa più nulla. Se la sua faccia fosse indiscutibilmente diversa dalle terga andrebbe a fare il leader di destra con un’altra bandiera. Credo che anche i militanti più disorientati gli concederebbero di tenersi anche tutte le felpe.