di STEFANIA PIAZZO – Come definire la giornata mediatica di ieri per Salvini? Un certo disastro… Prima ha incassato il colpo gobbo di Umberto Bossi, in aula da solo per i trattati europei, a far intendere che il Nord non può uscire, ha i numeri per restare e trattare sui trattati. E Salvini a replicare che lui, che invece non è un burattino (come Bossi, intendeva), sarebbe andato a Lampedusa a fermare forse i barconi. Forse Salvini dovrebbe preoccuparsi di più di chi va e chi viene in Lega, sempre riferendosi a Bossi dentro o fuori dal Carroccio. Perché sempre nella stessa giornata il suo partito nato come anticasta e antipartitocrazia, è stato sorpassato dalla protesta dei 5Stelle sui vitalizi dei parlamentari. Anche Caparini era sulla stessa lunghezza d’onda, ma non se l’è filato praticamente nessuno. La scena era dei grillini. Infine, per chiudere i capolavori di tattica politica, Salvini nello stesso giorno fortunato in intuizioni e slanci, ha lanciato un affondo contro gli alleati di Zaia e soprattutto di Maroni in Regione Lombardia, proponendo una legge per arrestare Alfano. Vedi sempre il tormentone stop immigrazione. E qui è arrivato il carico da 90, da Milan0, concertato senza dubbio con Roma. Sentite l’avvertimento: “Capisco l’asprezza del confronto politico ma occorre non perdere mai quel filo rosso di dignità che consente alla dialettica politica di non trasformarsi in barbarie”. Così il capogruppo di Lombardia Popolare, Angelo CAPELLI, ha commentato le dichiarazioni di Matteo Salvini ai microfoni di Radio Padania. “Chi invoca processi in piazza, come Di Maio nei giorni scorsi o chi li vorrebbe ad personam, senza dire bene con quali regole, come oggi Salvini – continua CAPELLI – risponde a un unico comun denominatore: demolire il rispetto dovuto a qualunque persona, soprattutto se impegnata a costruire qualcosa per il bene comune, in nome di una presunta superiorità morale”.
Anche Bossi lanciava strali, ma forse lo stile era diverso e i tempi pure.
Poi il presagio di possibile sventura: “La storia – conclude CAPELLI – insegna la fine che hanno fatto i vari Marat, detto l’Amico del popolo, medico e giornalista di origini sardo-svizzere, morto in un attentato il 13 luglio 1793; Danton, ministro della Giustizia e deputato della Convenzione nazionale, ucciso ghigliottinato il 5 aprile 1794 e Robespierre politico e avvocato, detto l’Incorruttibile, morto ghigliottinato il 28 luglio 1794 e protagonista di spicco del Regime del Terrore. Tutti durante la Rivoluzione Francese. Chi di processi colpisce deve ricordare come disse Pietro Nenni che ne troverà sempre qualcuno più puro che lo epura”.
Ecco. La comunicazione salviniana ieri ha fatto centro. E Maroni? E’ stato zitto, che forse gli conviene, perché l’imbarazzo è tanto. L’altro giorno lo ha difeso sulla Lega Giano bifronte, al Nord e al Sud. Questa volta Salvini che vuole mettere in galera un alleato che tiene in piedi la Regione Lombardia è non solo indifendibile, ma ingombrante politicamente.
Nei corridoi del Parlamento non sono in pochi a chiedersi perché il Cav non se ne liberi di un politico così poco politico. Eufemismo? La domanda resta inevasa. Salvini si gioca la carta del 13%. Ma occhio che 13 a tavola porta pure sfiga.