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Salvini a lindipendenza: fidatevi, in questa Lega c’è ancora il vento del Nord

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di STEFANIA PIAZZO – Umberto Bossi autografava di tutto. Matteo Salvini, i libri. Il suo libro. Ci sono quasi 40 anni di differenza tra un segretario e l’altro, con in comune l’arte del saper comunicare e persuadere. Sì, due persuasori e comunicatori con due opposti approcci alla politica, il primo legato ad una visione da statista, di lungo periodo con la machiavellica opzione dell’abbracciare il nemico per neutralizzarne un altro. Il secondo, che ambisce a dimostrare di poter essere statista, con una medesima spregiudicatezza politica nel rompere gli schemi e di liquidare il passato per parlare alla gente, portando la Lega a superare quel 12% che aveva toccato nel gennaio 2012 quando faceva da sola opposizione.

Salvini ha terremotato la Lega: quella delle scope, in parte rinviata a giudizio o sotto inchiesta per altri guai; quella prima delle scope che si era traghettata nel corso del dopo Bossi. L’alleanza con Marine Le Pen è il principale cruccio di molti, l’ascesa al potere dei giovani padani, il secondo cruccio. Ma alla gente di questo frega assai poco. Vuole le pensioni e non vuole immigrati, troppi, a mettere a rischio i diritti acquisiti. Salvini lo sa e tira diritto per capitalizzare la sua capacità istrionica di cogliere l’onda quotidiana e farne consenso. Perché se non hai i numeri, non governi. E Berlusconi è troppo datato per farlo, sostiene Matteo. Anche Bossi, spiega, è figlio del suo tempo. “Anche se da lui mi faccio dire di tutto, perché senza lui non saremmo qui”, si appresta a dire.

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L’altro giorno allo Square di Milano in piazza Missori, la sala che lo aspettava per la prima uscita milanese con il suo libro Rizzoli, “Secondo Matteo”, era piena. Non c’erano i Vimercati, i Brambilla, il decano Guido Passalacqua, ma un’altra generazione di giornalisti, Rodolfo Sala, Matteo Pandini e Paolo Del Debbio.  Ma prima c’è tempo per parlare e scambiarsi idee.

“Questo libro è fatto da 200 e rotte pagine che devono essere mantenute come impegno di governo quando a Palazzo Chigi ci sarà la Lega. Scripta manent. Vorrei fosse una sorta di programma per l’Italia  e per l’Europa. Anche Renzi ha scritto diversi libri, che ho letto, ma non ho visto niente di quanto profetizzava nella sua azione di governo”, spiega a chi  lo avvicina.

E in che anno andrà al governo la Lega, Salvini? gli chiediamo noi mentre cresce il capannello di telecamere e microfoni.

“L”anno prossimo, quando andremo a votare, Renzi toglie il disturbo l’anno prossimo. Dobbiamo essere pronti, decisi. Non fra troppo tempo”.

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Poi, libro alla mano, aggiunge: “Mi riempie di orgoglio che questo sia un libro politico e che in una settimana abbia fatto già tre ristampe. La gente è curiosa, molti non sono leghisti e vogliono leggere per capire qualcosa di più… Ci saranno anche pagine magari per qualcuno poco interessanti, ma conta aver suscitato interesse in un momento in cui dalla politica ci si allontana”.

Segretario, quanto vento del Nord c’è dentro questo libro?

“Parecchio, parecchio perché si parla di federalismo, di autonomia, di identità, di un futuro con un’Europa fondata sui popoli, cerco di spiegare come non sia la Lega a cambiare ma come la Lega segua i tempi che stanno cambiando. Ma fidatevi, che non abbiamo perso le nostre origini”.

Assieme a Marine Le Pen, lei e altri europarlamentari (olandesi, polacchi, tedeschi, inglesi, austriaci, francesi, italiani, ndr), avete preso di mira il trattato sul commercio Ttip giudicandolo un genocidio dei popoli europei. Sono dichiarazioni forti. Perché?

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“Perché stanno cercando di ammazzare i popoli attraverso diversi strumenti, a partire da una moneta sbagliata che noi vogliamo superare, usando dei trattati come il Ttip che massacrerebbero la nostra impresa, non limitando poi per nulla una immigrazione fuori controllo. E’ chiaro che è in corso – risponde a lindipendenza  – un vero e proprio genocidio a cui noi ci opporremo con ogni mezzo”.

Salvini, la coinvolge di più la questione Brexit o il fatto che a Londra vi sia un sindaco musulmano nella capitale finanziaria d’Europa?

“Quando i cittadini votano hanno sempre ragione – ci spiega -. Detto questo io spero che non ci sia mai un sindaco musulmano a Milano o a Roma, non per la persona quanto per il credo che porta avanti”.

E per il referendum britannico?

“E’ un’enorme occasione di liberazione per tutti i popoli europei. Quindi tifo assolutamente per il SI’ del 23 giugno. Fortunatamente cresce la voglia di un’Europa diversa”, aggiunge glissando ancora sulla presa di posizione contro il Ttip.

E su Milano e Roma, sui ricorsi che escludono o vogliono escludere alcune liste o candidati, commenta così: “E’ un peccato che per cavilli si possa escludere qualcuno. Quanto a Sala – lo preferisco battere in cabina elettorale, non attraverso codicilli giuridici. Il fatto che poi si dimentichi redditi, dichiarazioni… su questo lo giudicheranno i milanesi ma la partita si gioca il 5 giugno”.

Ma come la si mette prima in Europa sul fronte tasse, immigrazione, pil, flat tx, Salvini? Come se ne esce dall’Europa dell’austerità?

“In Europa c’è aria frizzantina. L’anno scorso eravamo in quattro, ora il gruppo in Europa è cresciuto, i popoli europei si stanno svegliando. Arrivano presto le elezioni in Austria, in Francia, ci sono state in Ungheria e Polonia… Non saremo e non siamo soli. L’anno prossimo quando ci giocheremo il governo in Italia, avremo più forza contrattuale. Se mi venisse detto: no, non toccare la legge Fornero, non puoi toccare gli studi di settore, non puoi ridurre le tasse altrimenti esci dai nostri parametri, ecco, bisognerà che anche gli amici di Forza Italia e ipotetici alleati, abbiano il coraggio di concordare che se non ce lo faranno fare con le buone, lo faremo con le cattive, perché ci va di mezzo la sopravvivenza del paese. A questo punto la scelta sarà solo di Berlusconi. Mentre noi siamo già su questo fronte sovranista e identitario, Berlusconi sta in Europa con la Merkel e con Renzi. Al di là delle beghe romane, se due leggi su leggi approvate a Roma vengono da Bruxelles, io non posso allearmi a Roma con uno che in Europa va a braccetto con la cancelliera e i socialisti. Quindi: o di qua o di là, le vie di mezzo non ci saranno. Non sarà la Lega a dover scegliere, la Lega ha già scelto. Sarà Forza Italia a decidere se stare con la Merkel o se riprendere l’orgoglio”.

Smorza, infine, le polemiche su chi denuncia presenze scomode nelle liste del Carroccio a Milano: “Nel 2016 non ci sono più né fascismi né comunismi. Sia saluto romano che pugno chiuso sono fuori dalla storia. Mi preoccuperei piuttosto di un candidato islamico affiliato a organizzazioni che in alcuni paesi sono riconosciute come terroristiche!”.

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E sul festeggiamento di Renzi per l’approvazione della legge sulle unioni civili, chiude sarcasticamente: “Basta guardare il tempo, piove. C’è poco da festeggiare. E comunque io credo che per molti gay sarebbe stato un giorno di festa se il Parlamento avesse modificato la legge Fornero, ad esempio! Lavoro e sicurezza sono le emergenze. La legge per di più è fatta male, e io inviterò i sindaci della Lega a fare obiezione di coscienza e a disubbidire”.

L’uscita di Salvini allo Square, presente anche l’organizzatore dell’evento, Roberto Bernardelli, presidente di Indipendenza Lombarda nelle liste del Carroccio – come indipendente – proprio a Milano. conferma che la Lega, nel bene e nel male, resta comunque un fenomeno di popolo, di gente comune, ordinaria, nel senso non riduttivo del termine. C’è un popolo della Lega, legato da un rapporto di fiducia con i suoi politici, che trova nel corso salviniano una breccia per rivendicare la rabbia e la rassegnazione. Per andare dove lo deve dimostrare Salvini, se governerà. La voce roca di Bossi è stata sostituita dagli accordi rochi di Salvini. Nel libro Salvini è “spoglio”, meno televisivo, racconta se stesso in modo diretto, come ha sempre fatto parlando ai microfoni di Radio Padania. foto 4E i giornalisti Sala e Pandini che lo hanno seguito nella stesura delle pagine, “rilette per l’ultima volta dalle 2 alle 6 del mattino in un albergo di Latina – confessa lo stesso autore – hanno secondo Del Debbio rispettato la personalità del segretario della Lega.  Serve conoscere la vita di uno che fa politica? Da quello che pensa decido se votarlo. Invece no, il modo con cui Salvini si rapporta con la gente, si evince dal libro, è diverso rispetto al passato, diverso rispetto a Bossi e ad altri segretari di partito. La dice lunga che infatti durante la conferenza stampa allo Square, Salvini si facesse passare l’iphone da uno dei suoi giovani collaboratori, per filmare lui stesso e mandare in streaming sui suoi profili e blog, le facce dei presenti, i suoi commenti sussurrati mentre intervenivano i relatori con lui al tavolo o che riprendesse le stesse telecamere che lo inseguivano in questo selfie filmato in diretta con tanto di saluti a chi commentava sui social la conferenza. Una diretta nella diretta che spiega come Salvini sappia fare comunicazione e ne comprenda l’importanza nella caccia di consenso, ora e qui.

Non potrò mai dimenticare le parole che uno dei miei predecessori a la Padania, Giuseppe Baiocchi, pronunciò nei confronti dell’allora giovani Salvini, nel 1999. “Matteo è il più comunicatore tra tutti qui dentro, è quello che ha capito più di ogni altro dentro la Lega che la comunicazione è tutto”.

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Questo non toglie che la Lega non abbia responsabilità dirette e indirette sulla fine dei suoi media, e la vicenda della Padania più di tutto insegna la maldestrezza con cui i suoi dirigenti hanno dimostrato di non saper maneggiare con cura gli strumenti per fare comunicazione e cultura politica. Salvini, come Bossi, potrebbe non averne bisogno, dei media: come il Senatur fa odience già da solo. Ma non è sufficiente e di questo Salvini ne deve tener conto, perché non basteranno un portale generalista e i social per colmare un vuoto.

Intanto Salvini continua la sua calvalcata. “Ora è il mio turno, ho preso più voti, chi conta decide”. “Il centrodestra è una gabbia”, scrive nel libro. Berlusconi ha un limite cronologico, la legge Severino lo ha messo fuorigioco, c’è stata infine una balcanizzazione di Forza Italia che lo rende un partito debole. Arriva dunque un nuovo centrodestra, diverso anche rispetto a quello che si è manifestato a Roma, diviso su tutto. Voltare pagina? I voti ancora non ci sono, le politiche sono ancora da venire.

Ridurre le tasse, sfondare il deficit, ma l’Europa pone continuamente dei paletti. Roma diventa Bruxelles, i padani diventano anche  italiani, le riforme istituzionali diventano questione economica… L’euro… Dalla gestione bossiana si passa, almeno per chi osserva da fuori, ad una gestione più allargata. Ma chi la vive da dentro non la pensa così. Però la gente percepisce un cambio di passo, volti nuovi. Da Sanremo a Castrocaro, commenta Del Debbio. C’è gente mai vista prima. Ma da una situazione di padanistan si va verso un quadro meno uniforme. “Che il partito lo abbia aperto bene o male, lo si vedrà nel tempo. Saranno problemi di Salvini”, commentava Del Debbio. Intanto c’è il voto di giugno.

 

 

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