Sabella, il taglio del cuneo fiscale non basta. Calo potere d’acquisto non è transitorio

Il potere d’acquisto è sceso del 3,7% nel quarto trimestre ‘22 rispetto ai tre mesi precedenti. Istat ha spiegato che la crescita del reddito disponibile delle famiglie (+0,8%) è stata accompagnata da un aumento dei prezzi al consumo “particolarmente forte”, provocando il calo del potere d’acquisto. La flessione ha impattato soprattutto sul “tasso di risparmio”, dato che la spesa per consumi finali ha registrato un aumento del 3%. Non a caso, con l’approvazione del Def (Documento di economia e finanza), il governo ha deciso  di tagliare il cuneo fiscale per i redditi più bassi. Si tratta di una manovra da 4 miliardi di euro.

Abbiamo chiesto un parere a Giuseppe Sabella, autore per Rubbettino dell’instant book “L’energia del salario. Perché il successo della Grande Transizione capitalistica è la rivalutazione del lavoro” nei prossimi giorni in libreria e già presente su tutte le piattaforme online in formato e-book.

“Il calo del potere d’acquisto non è un fenomeno transitorio ma piuttosto una costante di questa stagione. La riconfigurazione della globalizzazione, anzitutto, provoca il rincaro delle materie prime e, quindi, inflazione. Il conflitto tecnologico e commerciale tra Est e Ovest, che con pandemia e guerra incontra una potente accelerazione, ha visto una corsa all’accumulo – in particolare da parte della Cina – di materie prime strategiche, gas, minerali, chip e semiconduttori, cereali, cotone, etc. Ciò ha accresciuto non solo la dipendenza europea ma anche i costi di importazione con conseguenti ricadute su imprese e famiglie. Peraltro, questo rincaro dei prezzi è fenomeno irreversibile perché ciò che è stato prodotto con lievitati costi di approvvigionamento, manterrà il suo valore di mercato anche in futuro.

Tuttavia, vi è anche un altro fattore rilevante: quello della Transizione ecologica. Il prodotto green, infatti, è più costoso, sia per aspetti legati ai costi di trasformazione dell’industria; sia perché a Bruxelles si va nella direzione di ritenere che il prodotto locale sia conforme agli standard e non quello di importazione, in particolare dalla Cina. Ora, tutti sanno che il prodotto europeo – sul quale l’UE sta orientando il consumo proprio come hanno fatto gli USA con i dazi – è più costoso di quello asiatico.

Ecco perché la crescita del potere d’acquisto è fondamentale per restituire vitalità ed energia all’economia.

Il taglio del cuneo fiscale previsto dal governo è debole. Come fare, quindi, ad accrescere i salari?

Partiamo dall’ipotesi di salario minimo: questo non può generare alcuna crescita, può essere utile solo per ristabilire un equilibrio laddove violato e per contrastare il lavoro povero. Naturalmente, serve proseguire con le misure di alleggerimento della tassazione sui redditi da lavoro – come il governo ha previsto anche col Def – ma non ha alcun senso che il taglio del cuneo fiscale sia misura universale: in particolare, potrebbe riguardare quei settori particolarmente stressati dal costo del lavoro (p.e. logistica, tessile, confezionamento, dove si raggiungono picchi del 55-60%) e la platea dei lavoratori dipendenti della micro/piccola impresa (95% del nostro sistema produttivo che corrisponde circa al 35% dell’occupazione). L’impresa medio/grande ha meno esigenze di essere sostenuta e può attivare da sé i medesimi ritocchi alle retribuzioni. Ciò permetterebbe di contenere gli impatti dell’intervento sulla finanza pubblica e rafforzare l’efficacia del taglio fiscale, concentrando le risorse in modo mirato. Tuttavia, è fondamentale rilanciare gli investimenti e innescare percorsi di crescita della produttività: in quest’ottica, il Pnrr ci può dare una mano; ma per sviluppare capacità progettuale – ed evitare di perdere parte dei fondi – serve un commissario straordinario”.

Il libro

Energia e salario rappresentano la polarità che sta ridefinendo il ciclo economico: mentre aumentano i costi di beni e servizi, si riduce il valore del potere d’acquisto. L’inflazione è tornata a salire a causa dello “sdoppiamento” della globalizzazione (decoupling) e della conseguente crisi delle materie prime. Intanto, l’UE spinge per la Transizione digitale, energetica ed ecologica che altro non è che l’ultima e Grande Transizione del capitalismo. In questo scenario – peraltro aggravato dalla crisi ucraina – chi potrà permettersi di comprare l’auto elettrica? Siamo dentro una stagione contrassegnata non solo dall’aumento dei prezzi ma anche dai costi crescenti della trasformazione dell’industria. La rivalutazione del lavoro e del potere d’acquisto è indispensabile per liberare energia nel sistema economico: gli obiettivi della Grande Transizione possono essere raggiunti se l’economia torna a girare, se crescono salari e competenze. E soltanto trovando soluzione alla circolazione senza regole del denaro e all’accumulo improduttivo di patrimoni nei paradisi fiscali, si potrà avviare una nuova stagione all’insegna della produzione di ricchezza. Nel dopoguerra è stato così. Perché lo si è voluto. Bisogna volerlo anche oggi.

Giuseppe Sabella

Giuseppe Sabella (1972) è direttore di Oikonova, think tank specializzato in lavoro e sviluppo sostenibile nato dall’esperienza del laboratorio milanese di Marco Biagi.
Collabora e ha collaborato con diverse testate, tra cui Tgcom24, Il Sole 24Ore, Rai-News e Il Sussidiario. Per Rubbettino ha pubblicato La guerra delle materie prime e
lo scudo ucraino
 (2022), Ripartenza verde. Industria e globalizzazione ai tempi del covid (2020) e, insieme a Giuliano Cazzola, L’altra storia del sindacato. Dal secondo
dopoguerra agli anni di Industry 4.0
 (2018). È allievo di Giulio Giorello col quale ha scritto Società aperta e lavoro (2019).

Print Friendly, PDF & Email
Articolo precedente

Stangata da almeno 1900 euro l'anno.

Articolo successivo

Mutui alle stelle, oltre il 4%