di MONICA RIZZI – Lasciatemi esprimere, come donna, la profonda soddisfazione per un’Europa al femminile. Qualificata, di alto profilo istituzionale, con cui potersi misurare. Non avremo economisti dell’ultima ora, propositori di fantasmagoriche uscite dall’euro o sostenitori di minibot, a guidare il vecchio continente.
La nomina in particolare alla guida della Commissione Europea della tedesca Von der Leyen, torna a illuminare una strada oscurata almeno in Italia dall’avanzata del populismo, del centralismo romano. Tra le affermazioni politiche che contano per ora di più c’è quella dichiarazione datata 2011 in cui Ursula Von der Leyen esprime il desiderio di creare “gli Stati Uniti dell’Europa, prendendo come esempio gli esempi federali di Svizzera, Germania, o Stati Uniti”.
Il processo insomma di integrazione europea che si basa sul riconoscimento delle autonomie, non della loro mortificazione, l’affermazione del federalismo e delle regioni come grimaldello per superare lo status quo degli stati nazionali, vecchi, superati, pericolosi, armati di odio, rancore, ritorno al passato.
Non serve dire di più. E’ il miglior auspicio per l’Europa che ci piace, quella dei popoli, non dei viceministri, non dei porti chiusi a corrente alternata a seconda di chi dice un ministero, mentre sull’altra sponda della stessa isola gli sbarchi sono accolti in silenzio.
Vogliamo l’Europa che genera cultura politica, non manipolazione mediatica. Il 26 maggio il voto non ha decretato il successo dell’ultradestra mascherata da buon senso, semmai in Europa si è affermata un’altra volontà. L’Italia autarchica, sempre contro tutto, è isolata. Ha successo solo a casa nostra questa politica del “Faso tuto mi”, a Bruxelles ci guardano preoccupati. Non c’erano i numeri perché il blocco delle destre potesse avere voce in capitolo, i voti del 26 maggio non sono serviti a nulla se non a rafforzare o indebolire gli equilibri tra le forze di governo.