di MONICA RIZZI – Si possono confondere le scalinate di Rocky Balboa in diretta mondiale, ma non si possono confondere i fatti con le promesse elettorali. La propaganda del governo resta ferma al palo quando si tratta di valutare la reale efficacia del contrasto alla tratta dei migranti. Non basta dire che si chiudono i porti o ingaggiare lotte muscolari con le navi delle ong per aver chiuso la partita. L’altro giorno infatti il dipartimento di Stato americano ha declassato l’Italia nella lotta contro il traffico di esseri umani. Nel lungo rapporto presentato dal segretario di Stato americano, Mike Pompeo, si legge, testualmente, che «il governo italiano non soddisfa pienamente il minimo standard per l’eliminazione della tratta».
Quindi, si possono fare tutti i viaggi possibili, mettersi in mezzo tra l’Europa e il resto del mondo, fare gli sberleffi a Bruxelles illudendosi di abbracciare Trump per avere più potere contrattuale, ma i conti alla fine arrivano.
Gli sforzi fatti «non sono stati importanti e non al livello del rapporto precedente» e nonostante «l’impegno del governo per spezzare gli anelli di traffico in Italia, c’è stato un calo nel numero di arresti e indagini sulla tratta rispetto al precedente periodo di riferimento».
Insomma, era meglio il precedente governo. Era meglio il ministro Minniti, più fatti, più ore in ufficio al Viminale, meno comparsate a sagre, feste e campagne elettorali permanenti.
Inoltre, a penalizzare il ranking di Roma vi è anche la scarsa valutazione «dei rischi da parte del governo per le potenziali vittime prima delle procedure di rimpatrio forzato e di espulsione». Così come «non è stata fornita la protezione legale per atti illeciti che le vittime hanno commesso sotto costrizione dei trafficanti». Per questo «l’Italia è stata declassata al livello 2», e finisce così fuori dal gruppo dei virtuosi.