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Rizzi: modello svizzero anche per il rinvio di richiedenti asilo. Roma? Solo propaganda

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"Non vedo perché non si debba prendere ad esempio un paese come la Svizzera, a pieno regime federalista, efficiente e autonomo, nella politica sull'immigrazione. I dati che sono stati resi pubblici di recente dicono come si possa fare seria politica di rigore e controllo senza fare propaganda". Lo afferma Monica Rizzi, segretario organizzativo federale di Grande Nord". 
Ecco cosa dicono i numeri. A livello europeo la Svizzera è tra i paesi più "efficienti" nell'esecuzione dei rinvii di richiedenti  asilo. Nel 2017 ne ha rispediti in patria il 56,8%, contro un tasso del 36,6% per l'Unione europea. Per la Segreteria di Stato della migrazione (SEM), il successo elvetico in materia è dovuto ai numerosi accordi di riammissione siglati da Berna.

"Quanti accordi ha invece sottoscritto il governo?", si interroga ancora Rizzi. 
Nessun paese ha firmato un numero altrettanto cospicuo, 64, di intese con paesi di provenienza dei profughi, ha detto a Keystone-ATS Daniel Bach, portavoce della Sem. Il 56,8% va inoltre considerato come un 
dato per difetto, poiché le statistiche non contemplano le "partenze  non controllate".

Secondo la Sem, in un lungo servizio ampiamente documentato da Adnkronos, la Svizzera fa pure segnare ottimi risultati nel rinvio verso paesi associati all'accordo di Dublino, intesa secondo cui in buona sostanza le domande di asilo vanno evase nello stato in 
cui sono depositate. "Per nessun altro paese europeo, Dublino funziona altrettanto bene che per la Svizzera", si legge in un documento interno della Sem datato 11 aprile 2019, che l'agenzia Keystone-Ats ha potuto consultare. L'anno scorso ha rinviato verso stati membri dell'intesa continentale 1760 richiedenti, mentre ne ha ricevuti 885. 

"In stati con una situazione di sicurezza precaria come Afghanistan e Somalia vengono comparativamente realizzati pochi rinvii", si legge nel documento, di cui ha informato ieri il SonntagsBlick. Il domenicale interpreta il documento affermando che la Svizzera espelle richiedenti "nuovamente verso regioni in guerra". Il portavoce Bach però smentisce.

Il documento della Sem infatti precisa: "La Svizzera si impegna a eseguire individualmente rinvii legali anche in questi paesi". Concretamente la Segreteria menziona un volo speciale a Baghdad (Iraq) nel 2017; un primo rinvio accompagnato da agenti di polizia, dopo due anni, verso la Somalia nello scorso novembre; e, dopo un blocco di quasi un biennio, pure un rinvio accompagnato da agenti di polizia 
verso l'Afghanistan lo scorso mese di marzo.

Quest'ultimo paese asiatico non è considerato interamente come zona di guerra. Alcune regioni, come la capitale Kabul, sono ritenute ragionevoli per un allontanamento; altre no. Questa valutazione non è 
cambiata, secondo Bach. Lo stesso vale per la Somalia. La Sem, di fronte alla possibilità di eseguire un rinvio, valuta caso per caso i rischi di persecuzione, assicura il portavoce.   

Stando al documento della SEM, la Svizzera segue una duplice strategia di allontanamento dei richiedenti. Partecipa, da un lato, alla politica dell'Ue e ai suoi strumenti, come voli comuni dell'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex). D'altro canto, si basa sulla collaborazione bilaterale con i vari paesi d'origine, ad esempio concludendo accordi di migrazione. Quest'anno, ultimi della lista di 64, Berna ne ha siglati con Etiopia e Bangladesh.

La politica elvetica in materia dà prova di creatività. Così, ad esempio, per evitare l'ostacolo generato dal fatto che il Marocco non accetta voli speciali, la Confederazione (quale solo Stato europeo accanto a Spagna e Francia) esegue i rinvii verso il Paese nordafricano con navi.  
 
 
E del tema dell'asilo ieri si è occupata anche la Nzz am Sonntag, che fornisce dati sul ritiro dell'asilo, dopo un viaggio nel paese d'origine, a rifugiati riconosciuti. Il portavoce della Sem Lukas Rieder indica che su 87 casi sospetti segnalati a una apposita celluladella Segreteria, 40 hanno portato alla soppressione dello statuto di rifugiato, soprattutto tra cittadini originari del Vietnam, ma anche di eritrei e iracheni.  
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