di Monica Rizzi – L’inflazione galoppa, la pressione fiscale cresce, il potere d’acquisto va a quel paese. L’Istat ci diche che nel primo trimestre 2022 l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil è stato pari al -9% (-12,8% nello stesso trimestre del 2021).
La coperta è corta, infatti i numeri trovano compensazione aumentando le tasse. La pressione fiscale è stata pari al 38,4%, in aumento di +0,5 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Dovremmo essere felici per il reddito disponibile delle famiglie, che è aumentato del 2,6% rispetto al trimestre precedente. Tuttavia, per effetto del generalizzato aumento dei prezzi (+2,2% la variazione del deflatore implicito dei consumi finali delle famiglie), il potere d’acquisto delle famiglie è cresciuto soltanto dello +0,3% rispetto al trimestre precedente. In pratica l’inflazione si mangia tutto.
E lo fa soprattutto dove già il costo della vita accorcia alla seconda settimana del mese l’autonomia delle famiglie.
Mentre il governo litiga sul reddito di cittadinanza e dalle parti della Lega cresce il malumore per il corso salviniano, non c’è nessuno che a voce alta chiami le cose col proprio nome. In questo caso, declinando la questione settentrionale al costo della vita al Nord. Contratti territoriali agganciati al reale costo dell’esistenza. Tutto il resto sono chiacchiere.