di Monica Rizzi – Funerali sì, messe no. Grande distribuzione sì, piccoli negozi no. Gioco d’azzardo sì, parrucchieri no. Calcio sì, cena in famiglia coi parenti no. Scuola no, soluzione per i minori a casa senza genitori no. Andiamo avanti?
Sì, avanti così “La chiusura di acconciatori e centri estetici fino al primo giugno mette a rischio 50.000 imprese e favorisce il lavoro abusivo a domicilio“. La denuncia arriva da Renato Ancorotti, presidente di Cosmetica Italia, Associazione nazionale imprese cosmetiche, che nell’esprimere una “profonda insoddisfazione” per le decisioni annunciate nel corso della conferenza stampa del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte connesse alla firma del Dpcm 26/04/2020, rimarca: “Dobbiamo purtroppo considerare che nessun tavolo è stato aperto per la definizione di un protocollo sanitario condiviso finalizzato alla ripresa in sicurezza di queste attività. Confidiamo però che sia ancora possibile un ripensamento del governo ed una ridefinizione delle regole a sostegno della categoria”.
Fin qui la cronaca.
Tanti esperti, tanti scienziati, tane task force. Morale: tutti non potranno partecipare al funerale delle imprese. A meno che, in 15 alla volta, vogliano testimoniare solidarietà alle esequie.
Il dato non deve far ridere. La ricaduta sulla cessazione delle attività toccherà 300mila famiglie.
Davvero non possono lavorare in sicurezza in questa categoria? Lo Stato vuole decretare la cessazione definitiva di oltre un terzo delle attività – fino a 50.000 negozi, con la probabile ricaduta occupazionale per oltre 100.000 addetti?
Vogliono il lavoro nero, le attività a domicilio senza controlli? Avanti Savoia.