di MONICA RIZZI – Da una parte c’è lo Stato che ritarda nei pagamenti. Dall’altra ci sono le tasse che riducono le aziende ai minimi termini. Il risultato è chiudere, fallire, oppure scappare all’estero o, se si resiste, pagare in ritardo. La prova del nove è che l’Italia che ha fatto della politica sull’immigrazione la sola ragione di vivere, oggi è al 13° posto in Europa per puntualità dei pagamenti da parte delle imprese, sorpassata da Paesi come Polonia (1°), Slovenia (7°), Irlanda (8°) e Belgio (12°).
Lo stato drammatico dell’arte emerge dallo Studio Pagamenti 2019 effettuato da Cribis, la società del Gruppo Crif specializzata nella business information, che ha analizzato i comportamenti di pagamento di 32 Paesi nel mondo, di cui 22 europei. In Italia nel 2018 soltanto il 35,5% di imprese rispettano i tempi concordati e l’11,5% di aziende saldano i conti con ritardi superiori ai 30 giorni.
Persino la Polonia fa meglio. Nel 2018 è il Paese con il maggior numero di imprese puntuali, il 79,3%, seguita dai Paesi Bassi, con il 73,8% e dalla Germania con il 67,1%. Chiude la classifica continentale il Portogallo, che con il 14,2% di aziende virtuose guadagna l’ultimo posto, preceduto dalla Romania con il 20,3% e dalla Bulgaria con il 20,4%.
Nella parte centrale della classifica stilata da Cribis, troviamo al quarto posto la Svezia (57,1%) seguita da Lussemburgo (51,6%), Slovenia (49,9%), Irlanda (47,8%), Spagna (47,5%), Finlandia (45,5%), Francia (43,3%) e Belgio (40,6%).
In Italia le aziende puntuali sono diminuite dell’1,8% a fronte di un aumento dell’1% dei pagamenti oltre i trenta giorni.
In Nord America ‘gli Stati Uniti registrano un buon andamento, con le performance di pagamento che migliorano dello 0,7%, raggiungendo il 57,1% di pagatori puntuali mentre i ritardi superiori ai 30 giorni diminuiscono dell’1,8%, raggiungendo il 6,4%. Ma parliamo di un paese federale, confederato… Che lo diciamo a fare?