di Monica Rizzi – Ho manifestato al fianco delle associazioni nei giorni scorsi contro la scandalosa importazione di beagle per la sperimentazione animale. In questo modo alcune case farmaceutiche bypassano i vincoli nazionali. Se non si possono usare animali nati in Italia, allora prendiamo da fuori…! Sul caso dei venti beagle consegnati all’impresa Aptuit di Verona destinati a subire esperimenti in vivo, le associazioni animaliste vogliono chiarezza. In una lunga nota che qui rilanciamo, gli amici dell’Oipa fanno sapere che “per questo Enpa, Lav, Leidaa, Lndc e Oipa hanno presentato al Comune scaligero un’istanza di accesso civico agli atti per sapere quale sia stata l’attività di autorizzazione, concessione e controllo svolta dall’amministrazione sull’impiego degli animali.
In particolare, le associazioni chiedono documentazione sulla provenienza dei cani, se arrivino da un allevamento autorizzato alla produzione di animali per la sperimentazione, le singole cartelle di ogni beagle con il relativo microchip, l’autorizzazione a effettuare test con i cani e la relazione sulle motivazioni del loro utilizzo, l’autorizzazione dello stabulario e infine se sia stato disposto un controllo sanitario per valutare le condizioni di detenzione degli animali”.
Cosa chiedono correttamente di fatti le associazioni? Richiamano le disposizioni del decreto legislativo n. 26 del 4 marzo 2014, che disciplina la sperimentazione animale nel nostro Paese, l’articolo 18 bis del regolamento per la tutela del benessere animale del Comune di Verona, che “incoraggia attività di liberazione e reinserimento degli animali utilizzati o destinati ad essere utilizzati in procedure di sperimentazione”, e il concetto-base di animali come esseri senzienti sul quale poggia la giurisprudenza in materia di tutela.
«Sono troppi i silenzi e le zone d’ombra che circondano questa vicenda», dichiarano le associazioni. «La sperimentazione animale, che noi fermamente condanniamo, pone problemi etici che interrogano, o dovrebbero interrogare, tutti. E sull’avvio degli esperimenti la trasparenza è d’obbligo».
Le associazioni ricordano, infine, che l’Europarlamento ha appena approvato una risoluzione che chiede un piano d’azione per il superamento della sperimentazione animale e l’implementazione di metodi alternativi. Senza contare che esiste il centro di referenza nazionale per i metodi alternativi presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale di Brescia. Così, giusto perché la politica smetta di fare lo gnorri o di alzare la voce solo prima delle vacanze per gli abbandoni. Meno chiacchiere, più fatti, please.
Monica Rizzi,