Si è parlato di salute e medicina di genere, consultori, servizi sanitari e sociosanitari per i minori più in difficoltà, soprattutto con disagi psicologici e neuropsichiatrici, di ruolo delle associazioni di pazienti e di familiari di pazienti, questa mattina in consiglio regionale, durante la maratona sulla riforma sanitaria. A fare il punto di un’ampia parte dei temi della salute è stata Paola Bocci, consigliera regionale del Pd, secondo cui questi temi non sono stati considerati prioritari: “Basti pensare che nel testo la parola donna o donne non compare mai, la parola consultori una volta sola – ha rilevato Bocci -. Ma sia per loro che per i più giovani, per gli anziani, per le associazioni di pazienti servono servizi, ospedalieri o di prossimità, che richiedono investimenti prioritari importanti, e non uno spazio dedicato quasi nullo, quando queste fasce sono state le più colpite dalla pandemia”. Per le donne, si legge in un comunicato, Bocci e il Pd hanno pensato a diversi ordini del giorno che chiedono terapie appropriate e personalizzate, tecnologie innovative per l’accesso alla medicina, un sostegno maggiore alla diagnosi e cura di genere. La medicina di genere è strettamente connessa a presidi sociosanitari fondamentali per i territori: i consultori. “Quanti dovrebbero essere per abitanti secondo la legge? La 34 del 1996 ne stabilisce uno ogni 20mila. Ma in Lombardia – osserva Bocci – ce ne sono meno di 250, quindi meno di uno ogni 40mila abitanti, che in alcune province diventano addirittura ancora meno. Di questi i pubblici sono 141, i privati 100, la maggior parte di quest’ultimi di natura confessionale, legati a enti religiosi, mentre i consultori laici si contano sulle dita di una mano. E non è una questione secondaria: non tutti i consultori privati sono tenuti a offrire lo stesso spettro di prestazioni dei pubblici, soprattutto per quanto riguarda la legge 194”. La consigliera Pd ha evidenziato che in Lombardia la distribuzione delle sedi dei consultori è molto disomogenea nelle diverse Ats: “Si va da una sede ogni 37.377 abitanti nell’Ats Montagna a una sede ogni 126.401 abitanti nell’Ats di Bergamo. Il numero medio di prestazioni consultoriali erogate è il più basso in assoluto tra le regioni italiane. Per non parlare delle professioni: la disponibilità media settimanale della figura del ginecologo, 6-7 ore, è fra le più basse a livello nazionale, ben lontana dallo standard di riferimento di 18 ore. Idem per la figura professionale dell’ostetrica, inferiore alla media nazionale e molto al di sotto dei valori medi delle realtà che hanno adottato un modello di assistenza territoriale alla gravidanza fisiologica centrato su questa figura. Invece, psicologi e assistenti sociali sono più presenti”. Secondo Bocci, il compito dei consultori deve essere rivisto e potenziato, le sedi devono essere adeguatamente finanziate e sostenute, diventando davvero punto di riferimento e servizio fondamentale alla comunità per una procreazione e maternità responsabile, con particolare attenzione per la figura delle ostetriche, e per la promozione dell’educazione affettiva e sessuale nelle istituzioni scolastiche, potenziando l’accoglienza e la cura del disagio giovanile, così tanto aumentato durante la pandemia.