di ENZO TRENTIN – L’incarico del potere pubblico ai rappresentanti – Cominciamo con il prendere atto che nelle democrazie i promotori di un referendum per l’indipendenza di un’area geografica o di un popolo portano i cittadini alle urne, e non sono portati in galera dalla Guardia Civil com’è avvenuto per i leader catalani un anno fa. Aggiungiamo che votare per più referendum all’anno, ogni anno, non è un evento eccezionale. La Svizzera e la California, solo per citare due Paesi, ne sono una testimonianza. Tra il 1996 e il 2016, in California, [https://ballotpedia.org/California_2018_ballot_propositions ] c’è stata una media di 18 votazioni referendarie all’anno senza pregiudiziali per l’argomento. Per esempio:
- Gli elettori hanno sconfitto la Proposition 6, che avrebbe abrogato l’aumento delle tasse sul gas emanato nel 2017, e ha richiesto l’approvazione degli elettori per gli aumenti delle tasse sul carburante in futuro.
- Con la Proposition 69, hanno determinato le tasse e le entrate che devono essere utilizzate a fini di trasporto.
E ancora: l’associazione Yes California ha mutuato il suo nome e logo da “Yes Scotland“, il gruppo separatista del referendum sull’indipendenza del 2014 in Scozia. Altri nomignoli che vengono attribuiti alla causa californiana, tutti basati su giochi di parole, sono Caleavefornia, Califrexit, e Calexit. In un primo tempo Yes California aveva ottenuto l’autorizzazione a effettuare un referendum per l’indipendenza che si sarebbe dovuto tenere nel marzo 2019. Se approvato dagli elettori avrebbe abrogato l’articolo III, Sezione 1 della Costituzione della California, che afferma che la California è “una parte inseparabile” degli Stati Uniti. A causa di voci sul presidente di Yes California: Louis J. Marinelli, un newyorkese di origini italiane residente in Russia che venne accusato di aver ricevuto un’assistenza significativa dal governo russo per promuovere il movimento, la campagna stava per fallire ma Marinelli riuscì per tempo a smentire le accuse e riprese intensamente le attività. Nel 2018 la raccolta firme sta riscuotendo sempre più successo, e si stima che tra il 2019 e il 2021 l’organizzazione sarà addirittura in grado di indire un referendum legittimo e ufficiale.
Questa apertura ci serve per evidenziare la particolare rilevanza del fatto che dovunque ci sono partiti politici, la democrazia è morta. Non resta altra soluzione pratica che la vita pubblica senza partiti. Di più: «Bisogna creare un’atmosfera culturale tale un rappresentante del popolo non concepisca di abdicare alla propria dignità al punto da diventare membro disciplinato di un partito». Simone Weil respinge l’obiezione che l’abolizione [https://www.ibs.it/manifesto-per-soppressione-dei-partiti-libro-simone-weil/e/9788876152344?gclid=CjwKCAiA9K3gBRA4EiwACEhFe6-_YDBRltGhDpUYC-H_sBw7iXwRcSFYrLFDT3piALuQOx1VKRHG3BoC49gQAvD_BwE ] dei partiti avrebbe colpito la libertà d’associazione e d’opinione: «La libertà d’associazione è, in genere, la libertà delle associazioni, contro quella degli esseri umani. Infatti, la libertà d’espressione è un bisogno dell’intelligenza, e l’intelligenza risiede solo nell’essere umano individualmente considerato. L’intelligenza non può essere esercitata collettivamente, quindi nessun gruppo può legittimamente aspirare alla libertà d’espressione.»
Il pensiero che dovrebbe abitarci, e soprattutto dovrebbe abitare la mente di coloro che intendono fare politica attiva è che si deve riconoscere che l’espressione “democrazia diretta” è affetta da un pleonasmo e che l’espressione “democrazia rappresentativa” costituisce un ossimoro. In realtà il governo della democrazia rappresentativa vuole dei “rappresentanti” per inquadrare e seppellire i cittadini. Come con le direzioni sindacali, cercano degli intermediari, della gente con cui potrà negoziare. Persone sulle quali potrà far pressione per calmare l’esplosione della rabbia popolare. Il potere vuole gente che potrà in seguito recuperare e spingere a dividere lo scontento per soffocarlo. Dove c’è democrazia, infatti, c’è decisione popolare diretta. Dove, invece, vi è rappresentanza non v’è democrazia. La distinzione è ben tracciata di là dall’Atlantico da James Madison [https://it.wikipedia.org/wiki/James_Madison ] (con la sua opposizione tra la “pure democracy” e la “republic”) trovò, peraltro, la sua più chiara formulazione in Emmanuel Joseph Sieyès [https://it.wikipedia.org/wiki/Emmanuel_Joseph_Siey%C3%A8s ], nel suo decisivo intervento alla Costituente, il 7 settembre del 1789: il “concours immédiat” alle decisioni pubbliche è quello che “caractérise la véritable démocratie”; il “concours médiat”, invece, “désigne le gouvernement représentatif”. Pertanto, “la différence entre ces deux systèmes politiques est énorme”.
Che il tempo dei partiti stia per esaurirsi lo si nota da tanti segnali: 1) sempre meno aventi diritto al voto si recano alle urne. 2) a livello locale molti partiti rinunciano a presentarsi come tali e si rimpannucciano da Liste Civiche. 3) è sempre più insopportabile l’atteggiamento dei militanti dei vari partiti che si comportano come i tifosi degli stadi, poiché questa non è partecipazione democratica, ma intervento in forma fideistica. I cosiddetti “rappresentanti” diventano sopraffattori laddove non comprendono – e agiscono di conseguenza – che la Democrazia è lo strumento della Sovranità popolare. Senza Democrazia non può esserci Sovranità popolare. Senza Sovranità popolare non esiste la Democrazia.
Christopher Lasch (La rivolta delle élite. Il tradimento della democrazia, Feltrinelli, Milano, 2001 – https://www.ibs.it/rivolta-delle-elite-tradimento-della-libro-christopher-lasch/e/9788854515024?lgw_code=1122-B9788854515024&gclid=Cj0KCQiAxs3gBRDGARIsAO4tqq21-MLpgGIzV3P3YBnQ25vqSRAU1QalayW149VhzTRGDMU7YJVlJI8aAtMsEALw_wcB ) ha notato una nuova tendenza politica: oggi sono le élite che stanno distruggendo la cultura e il Logos Europeo. Allo stesso tempo, sempre più individui marginali hanno iniziato a penetrare nella “nuova élite”, persone non provenienti da gruppi periferici, ma da gruppi di minoranza – etnici, culturali, religiosi (spesso settari) e sessuali – diventando dominanti. È questa plebaglia pervertita, secondo Christopher Lasch, che costituisce la base della moderna élite globalista, che sta distruggendo le fondamenta della civiltà.
Se sul “fronte politico” qualche avvisaglia di rinnovamento s’intravvede attraverso la nascita di «organizzazioni single issue» [per singola questione], il corretto esercizio della democrazia dovrà passare per una riforma della burocrazia. Chi poi vuole cambiare il regime partitocratico, (gli indipendentisti sud tirolesi, veneti, lombardi, sardi ed altri ancora) dovrebbero prendere nota di quanto scrive Allen Buchanan, nel Capitolo I del libro «SECESSIONE – Quando e perché un paese ha il diritto di dividersi» [https://www.amazon.it/Secessione-Quando-perch%C3%A9-diritto-dividersi/dp/8804379561 ]: coloro che hanno (i ricchi) cercano di secedere da quelli che non hanno (i poveri). La recente storia dei movimenti secessionisti rivela almeno due casi che rientrano in questa descrizione: la secessione del Katanga dal Congo e quella del Biafra dalla Nigeria (quella della Slovenia dalla Jugoslavia e l’agitazione secessionista del Nord Italia potrebbero fornirne altri). In ognuno di questi casi il gruppo secessionista ha molte risorse naturali o una economia più sana e più sviluppata, o entrambe le cose.
Si noti che niente impedisce a coloro che hanno ottenuto la secessione di continuare a contribuire al benessere di quelli che rimangono nello Stato dopo che sia avvenuta la separazione. Certo in molti casi reali in cui i più ricchi desiderano secedere, essi adducono come motivazione primaria il peso di dover condividere la loro ricchezza; ma i motivi di quelli che «posseggono», per giustificare la secessione, non è detto che siano necessariamente così egoistici. Alcuni italiani del Nord, che sono a favore della secessione, sono forse preoccupati non tanto del fatto che c’è un maggior contributo alle entrate fiscali del Nord rispetto a quello delle altre parti del paese, quanto della (secondo loro) inefficienza del governo italiano, specialmente della burocrazia, e dello sperpero dei contributi del Nord al fisco dovuto a cattiva amministrazione e a corruzione. Perciò i secessionisti, che sono i più ricchi, potrebbero semplicemente desiderare di diventare politicamente indipendenti per sfuggire a un cattivo modo di governare e per avere più controllo politico sulle proprie contribuzioni all’altrui benessere. Non è affatto detto che intendano secedere soltanto per evitare di pagare tali contributi.
Per rafforzare questi enunciati concludiamo con un attento critico della pseudo democrazia: Lysander Spooner [http://ita.anarchopedia.org/Lysander_Spooner ]. Egli argomenta che le Costituzioni dei paesi cosiddetti democratici debbono essere considerate alla stregua dei contratti che si instaurano tra un gruppo di contraenti. La Costituzione, se mai dotata di legittimità, è stata ratificata da individui ormai deceduti e quindi è inconcepibile che essa venga ritenuta ancora valida, proprio perché parte dei contraenti non esistono più.
Sono in errore coloro che suppongono che “l’incarico del potere pubblico” sia mai stato delegato, o possa mai essere delegato, da un qualche gruppo ad un altro gruppo di uomini. Una tale delega di potere è naturalmente impossibile per le seguenti ragioni:
- Nessuno può delegare o concedere ad altri alcun diritto di dominio arbitrario su se stesso, perché sarebbe come darsi in schiavitù. E questo nessuno lo può fare. Ogni contratto che preveda ciò è necessariamente assurdo e non ha alcuna validità. Chiamare tale contratto “Costituzione” o in qualunque altra maniera altisonante non altera la sua caratteristica di contratto assurdo e nullo.
- Nessuno può delegare o concedere ad altri alcun diritto di dominio arbitrario su una terza persona, perché ciò comporterebbe il diritto della prima persona non solo a fare del terzo il suo schiavo, ma anche di disporne come uno schiavo a favore di altre persone. Ogni contratto che stabilisca questo è necessariamente criminale, e come tale invalido. Chiamare tale contratto “Costituzione” nulla toglie alla sua criminalità, nulla aggiunge alla sua validità.
Questo fatto, che nessun uomo può delegare o cedere il proprio o altrui diritto naturale alla libertà, dimostra che non si può delegare ad un uomo o a un gruppo di uomini alcun diritto di dominio arbitrario – o, il che è la stessa cosa, nessun potere legislativo – su se stessi o su qualcun altro. A ben vedere, in Francia, i gilets jaunes non stanno manifestando da settimane proprio per questo?
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In chiusura una lista incompleta di Stati che in epoca recente hanno modificato la loro Costituzione e l’hanno introdotta solo dopo l’approvazione – per mezzo d’apposito referendum – del cosiddetto popolo sovrano, che a questo punto è lecito domandarsi se in Italia sia mai esistito considerato che la Costituzione italiana non ha mai ricevuto il voto favorevole dell’elettorato:
- 1958 = Costituzione della repubblica francese (versione aggiornata alla revisione costituzionale del 2003). Nota come Costituzione della V repubblica (dopo quelle del periodo rivoluzionario, del 1848, del 1875, del 1946). essa fu approvata mediante referendum il 29 settembre 1958 a stragrande maggioranza (85.1% “Sì”, 14.9% “No”).
1976 = il sistema democratico cubano ha il suo fondamento nella Costituzione della repubblica di Cuba, approvata il 15 febbraio 1976 attraverso un referendum – con voto libero, uguale, diretto e segreto – dal 97.7 % dei voti della popolazione cubana. lo scrutinio ha riportato questo risultato: su 5.602.973 elettori, 5.473.534 hanno votato “Sì” e 54.070 “No”.
1976 = L’Algeria, tramite referendum popolare approva la sua Costituzione.
1978 = Spagna. La discrepanza tra il testo approvato dal Congresso e quello approvato dal Senato resero necessario l’intervento di una commissione mista Congresso-Senato, che elaborò un testo definitivo. Questo fu votato e approvato dalle due Camere. Sottoposto a referendum, venne ratificato il 6 dicembre, promulgato il 26 dello stesso mese dal Re e pubblicato nel BOE (Bollettino Ufficiale Spagnolo) il 29 dicembre (si evitò il giorno 28 poiché coincideva con la festa dei Santi Innocenti, tradizionalmente dedicato agli scherzi). Da allora il giorno 6 dicembre costituisce in Spagna un giorno di festa nazionale, il Día de la Constitución.
1982 = La terza Costituzione della Repubblica di Turchia è stata approvata nel 1982 mediante un referendum nazionale ed è tuttora in vigore.
1991 = l’8 dicembre veniva approvata, tramite referendum, una nuova Costituzione presidenziale di Romania.
1992 = la quarta ed attuale Costituzione della repubblica dell’Estonia, venne adottata attraverso un referendum popolare il 28 giugno.
1992 = la Costituzione della repubblica di Lituania è approvata dai cittadini con referendum il 25 ottobre; ed è entrata in vigore il 2 novembre.
1992 = Quando la Bosnia ed Erzegovina, in seguito al referendum sull’indipendenza dalla Federazione jugoslava creata da Tito (la consultazione popolare si svolse in conformità alla Costituzione jugoslava dell’epoca), il 3 marzo 1992 proclamò la propria indipendenza, la guerra si abbatté con inaudita furia su Sarajevo e sulle altre parti del Paese. Ma questa è un’altra storia.
1993 = la Costituzione della Lettonia (in lettone: satversme) è stata adottata, come essa stessa afferma, dal popolo della Lettonia all’interno dell’assemblea costituente liberamente eletta, il 15 febbraio 1922 ed è entrata in vigore il 7 novembre 1922. la Costituzione fu pienamente riportata in vigore dal quinto saeima il 6 luglio 1993.
1995 = Zaire (ex Congo belga) la legge costituzionale transitoria adottata l’8 aprile 1994, che rafforzava i poteri del capo del governo a spese del presidente della Repubblica, fissò per tutto l’iter (nuova Costituzione, referendum, elezioni per il Parlamento e per il presidente) un termine di 15 mesi, ma le elezioni, decise in un primo tempo per il 9 luglio 1995, sono state rinviate a tempo indeterminato.
1997 = la Costituzione della repubblica di Polonia del 2 aprile ha sostituito gli emendamenti temporanei posti in essere nel 1992, studiati apposta per annullare gli effetti del comunismo e ponendo le basi per una “nazione democratica governata dalla legge che implementasse i principi di giustizia sociale”. la Costituzione è stata adottata dall’assemblea nazionale della Polonia (zgromadzenie narodowe) il 2 aprile ed è stata approvata da un referendum nazionale il 25 maggio; è entrata in vigore il 17 ottobre 1997.
2003 = La Costituzione del Liechtenstein è una delle più antiche costituzioni europee. La sua prima redazione risale infatti al 1863 ed è stata revisionata nel 2003 attraverso lo strumento del referendum popolare. SI NOTI BENE: 1.500 cittadini, cioè poco meno di 1/20 della popolazione locale (il Principato del Liechtenstein ha una popolazione di 35.446 cittadini), hanno il diritto di presentare una mozione di sfiducia nei confronti del Principe Regnante, sfiducia che sarà poi sottoposta all’esame della democrazia diretta. In caso di esito positivo, la sfiducia è notificata al Principe e al Casato, che decide conformemente alla nuova legge del 1993, la quale prevede una procedura di destituzione a seguito di abuso di potere o perdita di fiducia da parte dei membri della famiglia regnante. Ma ancora più rivoluzionario è il nuovo testo dell’art. 113: “1) A non meno di 1.500 cittadini del Principato spetta il diritto di presentare un’iniziativa per l’abolizione della Monarchia. In caso di accoglimento dell’iniziativa da parte del popolo, la Dieta è tenuta a elaborare una nuova Costituzione su base repubblicana e a sottoporla, al più presto dopo un anno e al più tardi dopo due anni, a un referendum popolare.
2003 = Il 7 marzo la Costituzione fu cambiata per permettere alla Slovenia di entrare nell’Unione Europea e nella NATO, se questo fosse stato il volere dei cittadini; i cittadini si espressero favorevolmente nel referendum del successivo 23 marzo.
2006 = L’attuale Costituzione della Repubblica di Serbia è stata approvata nel referendum costituzionale tenutosi dal 28 al 29 di ottobre. È stata proclamata ufficialmente dal Parlamento della Serbia il giorno 8 novembre 2006, sostituendo la Costituzione del 1990.
2009 = Il 25 gennaio il corpo elettorale boliviano accettava con il 61,43% dei voti la nuova Costituzione, che impedisce qualsiasi privatizzazione delle materie prime della Nazione, permette la rielezione immediata del Capo dello Stato, concede il diritto ai popoli indios di avere e amministrare proprie leggi e limita a 5.000 ettari la proprietà della terra. Alcune province, però, davano la vittoria al “No”. Ciò bastava per far dire all’opposizione che si era verificato un pareggio.
2009 = L’attuale Costituzione del Venezuela, emanata nel 1999 da un referendum. In precedenza aveva stabilito un limite di tre termini per i deputati e un limite di due mandati per gli altri uffici. La proposta di modifica è stata sottoposta a referendum il 15 febbraio 2009 e approvato dal 54% degli elettori, con circa il 70% degli elettori iscritti partecipanti.
2010 = il presidente del kenya, Mwai Kibaki, ha promulgato nella capitale Nairobi la nuova Costituzione approvata con referendum il 4 agosto.
2010 = Il 31 ottobre è stata approvata mediante referendum la nuova Costituzione del Niger. La carta costituzionale – la settima da quando il Paese ha ottenuto l’indipendenza nel 1960 – mette fine al periodo di vacanza costituzionale venutosi a creare a seguito della sospensione della precedente Costituzione, ordinata dal Conseil supreme pour la restauration de la démocratie (CSRD) all’indomani del colpo di Stato del 18 febbraio 2010 con cui i militari, sotto la guida di Salou Djibo, avevano destituito il Presidente Tandja.
2012 = L’Islanda approva la nuova Costituzione, con un referendum, il 21 ottobre.
2012 = L’Egitto ha una nuova Costituzione. stando ai dati diffusi dal partito dei fratelli musulmani, giustizia e libertà, la Costituzione è stata approvata dal 64% circa dei votanti. il referendum si è tenuto in due tornate, il 15 e il 22 dicembre.
2012 = Con il referendum costituzionale del 26 febbraio (si badi bene: siamo in piena guerra civile) è stata approvata la nuova Costituzione siriana, entrata poi in vigore a seguito del decreto del Presidente della Repubblica n. 94 del 28 febbraio. La nuova Carta costituzionale rappresenta un ulteriore capitolo del cambiamento politico-costituzionale in atto nel paese. La cosiddetta primavera araba e la repressione militare che ne è seguita da parte del Governo siriano, nonché la fine dello stato di emergenza proclamato nel 1963 – previsto con decreto legislativo n. 51 del 22 dicembre 1962 e proclamato con Ordinanza militare n. 2 del 8 marzo 1963 – costituiscono le premesse che hanno portato all’approvazione di una nuova Costituzione siriana.