LEGA, CHI DI QUOTE LATTE FERISCE DI QUOTE LATTE PERISCE

del DIRETTORE

Negli ultimi due giorni, prima i telegiornali e poi i giornali, oltre naturalmente alla Rete che viaggia in tempo reale, ci hanno trasmesso una nuova puntata delle quote latte. Ancora??!! direte voi lettori, avendo una qualche ragione di fronte a una vicenda che potrebbe assumere le sembianze di una telenovela, se non fosse che in ballo ci sono tanti quattrini, la bellezza di 4 miliardi e 407 milioni di multe che lo Stato Italiano ha già pagato alla Comunità Europea. Adesso apprendiamo che Bruxelles ha avviato una procedura che potrebbe portare a una nuova multa, perché il governo Berlusconi concesse sei mesi di proroga nel pagamento delle multe che potrebbe configurarsi come aiuto di stato, e dunque non compatibile con le norme comunitarie.

Non staremo qui a rifare la storia nei dettagli, visto che abbiamo cercato di ricostruirla al meglio in precedenti articoli. Tuttavia registriamo che in quest’ultima occasione si sono levate una serie di critiche tutte rivolte contro la Lega Nord. E non solo dai partiti che fino a pochi mesi fa erano all’opposizione, ma anche da esponenti del Pdl, a cominciare dall’ex ministro dell’Agricoltura Giancarlo Galan. In sostanza tali critiche dicono che la colpa di questa eventuale ed ennesima multa è da imputare esclusivamente al Carroccio. E non hanno torto perché è stato Umberto Bossi in persona, con la complicità di volta in volta dell’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti, a pretendere le proroghe per i produttori di latte che avevano splafonato, proroghe che ora la Ue è sul punto di condannare.

Ma l’assurdo è che quelle proroghe imposte dal Senatur, perché in realtà sono state due, non hanno neppure sortito l’effetto che si erano prefisse, perché la Lega in certe materia quando ci si mette riesce a fare dei pasticci inenarrabili. L’intento di Bossi – e un giorno forse si riuscirà a capire il perché – è sempre stato quello di difendere i produttori di latte che avevano splafonato e che non si erano mai messi in regola grazie alle due leggi varate dal Parlamento (la 119 del 2003 e la 33 del 2009), le quali consentivano la rateizzazione delle multe. Al 26 ottobre del 2011, secondo dati forniti al Parlamento dall’allora ministro Saverio Romano 1.774 splafonatori risultavano non aver aderito ad alcuna rateizzazione (contro circa 16 mila in regola) e quindi non potevano usufruire di nessuna proroga per il semplice fatto che non pagavano alcuna rata. Per lo Stato erano semplicemente “fuori legge”, ma erano anche quelli che Bossi avrebbe voluto tutelare e che invece stavano ricevendo le cartelle esecutive da parte di Equitalia.

Dentro questo gruppo di splafonatori cosiddetti duri e puri, spesso identificati come i Cobas del latte (compreso anche qualche parlamentare leghista in carica o ex), va detto che ci sono anche coloro che hanno venduto le quote latte (una sorta di diritto a produrre), incassando bei soldini, e poi hanno continuato a produrre senza averne più i titoli. Costoro sono anche quelli che contestano alla radice il sistema delle quote latte, sostenendo che l’Italia non avrebbe mai dovuto pagare le multe perché i conteggi erano falsati e che anzi la Ue dovrebbe restituire i famosi 4,407 miliardi trattenuti. Per la verità Bossi spinse Tremonti, nel 2011, a presentarsi davanti al Commissario europeo all’Agricoltura Dacian Ciolos a sostenere questa tesi, e il rumeno non fece una piega replicando: “Portatemi le carte di quanto sostenete e io mi impegno ad approfondire la questione”. Non risulta che a Bruxelles sia arrivato un solo foglio dattiloscritto.

La storia delle quote latte e delle relative multe, al di là delle serie di pasticci commessi dall’Italia dal 1984 a oggi, si può riassumere in un punto: Bossi e la Lega, che hanno assunto una sorta di rappresentanza politica degli splafonatori, sostanzialmente nel corso degli anni hanno assicurato questi allevatori che potevano produrre tranquillamente tanto non sarebbe successo nulla. E invece le multe sono arrivate, eccome. E sono anche da pagare. Piuttosto Bossi dovrebbe spiegare ai suoi stessi “assistiti” – allevatori concentrati in Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia – perché, quando al ministero dell’Agricoltura siedeva l’allora An Gianni Alemanno, la Lega, pur stando al governo, consentì un’operazione scientifica per legge che in pratica ha concentrato le multe per gli splafonamenti quasi esclusivamente sugli allevatori di pianura, cioè sui produttori padani, i quali si sono ritrovati a dover pagare le multe anche per i colleghi delle zone cosiddette svantaggiate, che guarda caso erano quelle più in sintonia con l’allora Alleanza Nazionale.

E adesso, con i fucili della Ue nuovamente puntati sull’Italia, lo stesso Bossi dovrà spiegare, sempre ai suoi “assistiti”, che non c’è sanatoria di sorta e che per mettersi in regola dovranno sottomettersi alla legge e aderire alla rateizzazione. Alla fine chi di quote latte ferisce, di quote latte perisce.

 

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