”Sarà per puro caso, ma purtroppo l’esperienza ci insegna che le figure emergenti della politica che intendono riformare la giustizia vengono raggiunte da informazioni di garanzia o delegittimate da fughe di notizie sapientemente pilotate. È successo con Berlusconi, con Salvini e con altri, e ora con Renzi. È plausibile che in vista dell’elezione del presidente, o delle prossime elezioni politiche, lo stesso capiti a qualche altra personalità”. Lo dice a Libero il giudice Carlo Nordio ribadendo che non è esclusa la possibilità che qualche magistrato possa “attenzionare” qualche candidato a presidente della Repubblica. “Bisogna pure mettere in conto – aggiunge – che oggi la magistratura non ha più la credibilità di un tempo: parte della procura simbolo di Mani Pulite è indagata e un suo importante ex esponente, il dottor Davigo, poi finito al Csm, rischia di essere processato. Molti indagati cominciano a denunciare i pm, quando ravvisano abusi o anomalie, e i magistrati temono queste denunce, perché possono compromettere i loro avanzamenti e sono fonte di spese legali. Insomma, credo che la magistratura sarà più prudente: certe iniziative possono diventare un boomerang”. Nordio prosegue parlando del ruolo del pubblico ministero, che ”è l’effetto del nuovo codice Vassalli, ‘alla Perry Mason’, che ha conferito ai pm gli stessi poteri, anzi poteri maggiori, di quelli attribuiti al ‘prosecutor’ americano. È l’unico organismo al mondo che ha un potere immenso senza nessuna responsabilità. Con la differenza – aggiunge – che il prosecutor è elettivo, cioè ha una responsabilità politica: se sbaglia indagini o colleziona assoluzioni, viene mandato a casa. Il pm italiano, capo della polizia giudiziaria e quindi munito di formidabili poteri operativi, in base al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale può indagare nei confronti di chiunque anche senza denunce qualificate e formali. E tuttavia, godendo delle stesse garanzie del giudice e non essendo elettivo, è irresponsabile e inamovibile. Ecco perché è l’unico organismo al mondo dove il potere non è coniugato alla responsabilità”. Nell’inchiesta su Open, la fondazione di Matteo Renzi, dice ancora il magistrato, ”abbiamo una legge, come tante negli ultimi anni, scritta male ed esposta ad equivoci. Nonostante questo, un magistrato non può attribuirsi il compito di decidere cosa sia un partito e cosa no, altrimenti interferisce con l’attività politica. E in effetti quello di Renzi è il primo vero processo ‘politico’, in senso tecnico, della nostra storia repubblicana. Negli ultimi vent’ anni, purtroppo, i politici hanno sfruttato le inchieste giudiziarie per eliminare l’avversario che non riuscivano a battere nelle urne, senza pensare che la stessa sorte, alla fine, sarebbe toccata anche a loro. Questo ha prodotto un grave squilibrio istituzionale, che tocca alla politica rimediare. Nel fascicolo della fondazione Open, a quanto si è letto, sono finite cose che con l’indagine non c’entrano nulla. E se queste vulnerano la privacy del cittadino, sarebbe bene che intervenisse una legge a limitarne o proibirne il deposito e la pubblicazione”.