di STEFANIA PIAZZO – Davanti all’assordante rombo del successo politico, che deifica e innalza a immortali i leader moderni, si può contrapporre la lotta per le cause perse. Sia chiaro, non fallimentari, semplicemente quelle considerate minoritarie e, dunque, ritenute senza valore perché fuori dai giochi. La tenace loro difesa può essere la più forte opposizione al pensiero “vincente”.
Al Salone del libro di Torino, a parte il clamore su editori post o neo fascisti, è stato presentato un volume dedicato all’opera di Nicolás Gómez Dávila, considerato il Nietzsche delle Ande, intellettuale e pensatore che ha dedicato parte della sua vita a indagare le contraddizioni della nostra modernità. L’edizione italiana è a cura dell’amico Giuseppe Reguzzoni, da sempre attento al recupero della cultura “nascosta”, sommersa, eppure determinante per un riscatto morale e umano dell’azione politica, e della vita quotidiana. In sostanza, per trovare le ragioni per sopravvivere al caos e al vuoto.
“La vita di Nicolás Gómez Dávila, a parte la giovinezza vissuta tra Francia e Gran Bretagna, e un breve viaggio nell’Europa dell’immediato secondo dopo Guerra (che lo lasciò sconvolto), trascorre tutta la vita in Colombia ed è priva di eventi significativi. Anzi, sembra un magistrale esempio dell’epicureo Lathe biosas, vivi nascostamente, non fosse per la ricerca intellettuale che lo spinse a indagare gli arcani e le contraddizioni della modernità. Un uomo coltissimo, con una biblioteca sterminata, fu anche il fondatore dell’Università delle Ande, lui che, in realtà, non si era mai laureato”, racconta Reguzzoni in una intervista alla rivista Tempi.
“Perse” può significare che non ci sono più, oppure che non si trovano più, ma sono nascoste da qualche parte. Ciò che è perso non è necessariamente sconfitto, almeno sin quando non muore il desiderio di cercarlo. Il titolo riprende alla lettera quello tedesco che, a sua volta, si richiama a un aforisma di Nicolás Gómez Dávila. Mi è sembrato che fosse un messaggio insieme provocatorio e molto utile, in una civiltà che identifica la vittoria con l’apparenza temporanea delle mode”.
E’ un passaggio di straordinaria chiarezza. Verità, ragioni che sono finite sotto qualcosa, dentro qualcosa, sepolte sotto la disillusione, ma pronte a respirare forte appena si ritrova il desiderio di riportarle alla luce. Il loro valore non è minore rispetto a quelle dominanti.