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Quei bastoni tra le ruote per il 15 settembre a Venezia. “Manifestate pure, ma fatelo in soffitta, senza farvi sentire”

Rinasce_la_Speranza_Padania_Venezia_15-settembre-2018_miniaturadi STEFANIA PIAZZO – Pensa ciò che vuoi, manifesta ciò che vuoi, ma fallo in soffitta. E’ senz’altro bizzarro che alla vigilia della manifestazione del 15 settembre a Venezia dei movimenti indipendentisti e autonomisti, autorizzata due mesi prima dalle autorità di pubblica sicurezza, arrivi l’invito “bonario” a scansarsi da quella piazza concordata perché altri attivisti di altro pensiero sarebbero lì nei paraggi. Detta così, suona un po’ come azione di disturbo se non di impedimento alla manifestazione del libero pensiero e della libera manifestazione delle idee verso chi aveva il diritto di “prelazione” su quel suolo pubblico. Qualunque siano le ragioni, non suona come una strategia distensiva. Sembra voler ingaggiare e innescare una miccia. Far sentire il fiato sul collo del potere e della polizia ad una opposizione che è minoritaria ma che non accetta il silenzio.

La storia la scrivono i vincitori elettorali e, troppo spesso, quei vincitori scrivono e dettano anche le regole che decidono tempi e modi di parola per chi rappresenta un  nucleo di resistenza al loro pensiero unico vincente. Le opposizioni vanno estinte alla radice, si pensa, perché sono quel brusio a fondo sala che infastidisce il tribuno sul palco.

In questo Paese silenziano di tutto. Silenziano i referendum, che sono l’unico strumento con cui il popolo prende la parola, ma che subito dopo se la vede tolta dal decreto di turno; silenziano l’informazione, azzerando i fondi a sostegno dell’editoria mentre i grandi gruppi quotati in borsa e i blog sostenuti dalle grandi società di comunicazione orientano le coscienze…

Quindi, vuoi scrivere, parlare, manifestare? Fallo ma nel silenzio, così che altri non possano aprire gli occhi.

La strategia è illuminare dove serve, non necessariamente dare la parola ai cittadini. Davanti a chi chiede più libertà, magari con tanta utopia e una vena di sogno, ma pieno diritto di parola contro chi ripropone il dogma dello Stato immodificabile come la tavola delle leggi di Mosè, non vanno negati gli spazi e i tempi per costruire il dissenso.

Si può non essere d’accordo, non condividere un progetto politico, ma non censurare. Ci vuole più coraggio ad affrontare Golia che non a stare dalla parte del più forte a dileggiare chi si difende con la fionda.

La politica fallisce quando respinge la necessità di rinegoziare un patto tra stato e cittadini. Allora è proprio vero che non siamo più in una repubblica fondata sulla sovranità popolare. Ma sulla dittatura democratica. D’altra parte abbiamo avuto quattro governi con quattro premier non  eletti.  E’ la Repubblica che… Francia o Spagna purché se magna. E dell’idolatria “Non avrai altro partito all’infuori di me”. Essere liberi è un diritto. Farlo in strada un dovere.

 

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