di MONICA RIZZI – I governatori di Friuli Venezia Giulia, Veneto e Carinzia (Austria), Renzo Tondo, Luca Zaia e Gerhard Doerfler firmarono a Trieste l’atto costitutivo dell’Euroregione ‘Senza confinì. Il soggetto giuridico per la cooperazione tra le tre regioni nasceva come Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (Gect) con sede a Trieste.
Nel corso della trilaterale erano stati approvati i testi della Convenzione e dello Statuto del Gect con una dichiarazione congiunta sottoscritta dai tre presidenti. I documenti vennero trasmessi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Tutto ciò che mette in connessione il Nord col resto d’Europa, del Nord Europa, è positivo. Ma si tratta pur sempre di soggetti marginali, che non cambiano purtroppo l’assetto istituzionale dell’Italia e che non liberano il Nord dal peso del resto del Paese. Se fosse stata una macroregione confederata sul modello elvetico, sarebbe stata tutta un’altra musica. Anche le collaborazioni con altre regioni europee avrebbe un diverso peso…
Il Gect si presenta come uno strumento di fondamentale importanza, adeguato per arrivare a «una reale capacità di intervento al di là delle frontiere e una struttura di cooperazione visibile e permanente, in grado di creare strategie di crescita comuni, di generare economie di scala e di gestire progetti, infrastrutture e risorse comuni». La collaborazione – avevano indicato i tre presidenti – si sarebbe concentrato su alcuni settori specifici: risorse energetiche e ambientali, trasporti e logistica, cultura, istruzione e sport, ambito socio-sanitario, protezione civile, scienza ricerca e innovazione tecnologica. Successivamente, allargandosi a temi quali attività produttive, turismo e agricoltura, infrastrutture, lavoro e formazione professionale.
Certo, ma tutto questo impegno non si potrebbe convogliare su una strategia che trasformi l’Italia in un reale assetto confederale come in Svizzera?
Il Gect, denominato «Euregio senza confini», nasceva a Trieste e con l’adesione iniziale dei tre partecipanti suddetti, ma, considerati i sempre più intensi rapporti istituzionali, economici e sociali, l’auspicio era che in tempi brevi l’intesa potesse allargarsi anche alla Repubblica di Slovenia, alla Contea Litoraneo-Montana e alla Contea Istriana della Repubblica di Croazia. «Ma il nostro obiettivo è coinvolgere nel Gect anche il Land della Baviera – precisava Zaia – in quanto è importante poter costituire una massa critica che disponga di una forte capacità contrattuale in sede europea».
Proviamo a immaginare se fosse stata invece la macroregione del Nord a costruire in modo autonomo e indipendente relazioni, rapporti commerciali, politici, culturali…
Qualcuno ci racconta infatti che ne è stato dell’euroregione? Sul suo sito si legge di progetti in arrivo, in corso, o che “mirano a…”. Un abbozzo informale di mitteleuropa che lavora in silenzio, con la sordina, come fosse un delitto avere una alternativa a Roma. Se allora è cosa buona e giusta lavorare nella direzione di un Nord che opera con i propri simili, perché si fa finta che non esista? Allora è vero che una struttura macroregionale, europea, è quello che serve al Nord?