Quando Oneto scriveva: se tutta Europa e la Padania diventassero una grande Svizzera…

sangiorgio oneto

Nel riordino di vecchi articoli dal cassetto, è riemerso uno scritto prezioso per il settimanale Il Federalismo che diressi anni fa, a firma di Gilberto Oneto. La riflessione è attuale. Se il modello confederale elvetico fosse quello da attuare, in difesa dei popoli padano-alpini, saremmo a cavallo! Sono passati 15 anni dalla pubblicazione di questa analisi, ma resta moderna e vibrante. Non la si può solo consegnare alla storia, al passato, data l’attualità di questo pensiero, oggi offuscato da nuove filosofie del potere. (ste.pi.)

di GILBERTO ONETO – In uno straordinario lavoro di alcuni anni fa Marco Bassani, William Stewart e Alessandro Vitale hanno catalogato e descritto più di 400 definizioni di Federalismo, tratte da testi, studi e vicende storiche. Sembrerebbero moltissime ma sono nulla in confronto all’alluvione di tavanate che è uscita dalla fantasia mediterranea e dal vigoroso istinto di sopravvivenza dei nostri politicanti negli ultimi concitati mesi di sfrenato riformismo verbale: Federalismo trasversale, obliquo, solidale… Gran parte di costoro sono eredi (anche genetici) di quei preti che in passato si imbandivano la tavola di prelibati gourmet a base di carne anche nei giorni di Quaresima, tracciando un segno di croce su selvaggina e salumi, e pronunciando con solennità: «Ego te baptizo piscem».

Gianfranco Miglio, che aveva imparato a conoscere molto bene i trucchi di un levantinismo che ha da tempo tracimato dagli ambiti geografici evocati dal nome, aveva dedicato – pochi anni prima della sua morte – un interessante studio proprio ai “Federalismi falsi e degenerati” portando come esempi dei due generi quello tedesco e quello americano. Chissà cosa sarebbe riuscito a dire di tutte le invenzioni lessicali e concettuali che il Parlamento di Roma continua a sfornare con la sicumera del Nerone di Petrolini. In quel libro che è ormai praticamente introvabile (come ormai, piuttosto significativamente, tutti i lavori di Miglio), il professore portava il Federalismo svizzero come solo vero esempio “vivente” di Federalismo compiuto e operante. Il grande rispetto per la tradizione, la storia e la cultura elvetica era una rassicurante costante del suo pensiero.

Ritengo importante sottolineare il significato più profondo della cosa e cioè il rinnovato esercizio di democrazia diretta e di vera libertà civica in Svizzera. Che è poi la cosa che manda in bestia giornalisti e politici dell’italico pollaio: offesi dalla “sfrontatezza” degli Svizzeri che  “osano” votare in difformità alle indicazioni dei partiti, dei mezzi di informazione e dei poteri forti. Come si permettono – hanno detto – questi montanari di contraddire quello che giornalisti e politicanti hanno già deciso per loro? Questo ha guadagnato loro le solite secchiate di “razzisti”, “buzzurri”, “nazisti”, “ignoranti” (che spettano a tutti quelli che la pensano diversamente), ma anche di “orologiai”, “mangiacioccolatoeformaggio”, e altre gradevolezze che sono poi la variante svizzera dei “gozzuti” e “polentoni” che toccano normalmente ai Padani che non leggono La Repubblica o Famiglia Cristiana.

La vera differenza fra Federalismo e libertà veri e l’accozzaglia di cialtronate che da noi viene contrabbandata come democrazia
parlamentare sta proprio qui: nell’esercizio diretto del diritto di organizzare e gestire la propria vita comunitaria. C’è un abisso fra la grande civiltà delle assemblee popolari (i Landsgemeinde) di cittadini che si radunano magari in piazza e attorno ai più rassicuranti simboli identitari, dove ognuno decide direttamente secondo coscienza dei problemi che lo toccano, che riguardano le sue libertà, la sua cultura e i suoi beni (la difesa e la conservazione di “sé, dei beni e dei diritti” del giuramento del Grütli, del 1291) e le riunioni di parlamentari riccamente retribuiti e scelti da non più di una quindicina di segretari di partiti. Ci passa un oceano fra i referendum propositivi e abrogativi delle comunità svizzere e quelli un po’ farseschi fatti di quorum, digiuni, rimborsi elettorali e di ministeri soppressi che cambiano nome e restano lì, alla faccia dei cittadini.

Il Federalismo svizzero nasce da un’antica e radicata tradizione di libertà e di autonomia che è comune a larga parte d’Europa e che è rimasta particolarmente viva soprattutto sulle Alpi, che sono in questo senso un vero e proprio “forziere di libertà”, la colossale ghiacciaia in cui si conservano i semi dell’indipendenza e dell’autodeterminazione, anche quando tutto attorno sembrano venire spazzati
via dai federalismi e dalle democrazie Ogm che sono espressione di circoli di potere, di ideologie prepotenti, di mafie, di conventicole finanziarie, di pericolose macchine che controllano i mezzi di informazione. Oggi la Svizzera è assalita da un mondialismo invadente, è fisicamente assediata da un’Europa di funzionari, di sbirri e di prefetti; anche le sue antiche leggi di libertà qualche volta scricchiolano sotto le pressioni esterne. Il voto referendario – e con esso il sistema di garanzie, la libertà di espressione e la cultura che ne è garante – sono però il rassicurante segno che l’antico spirito della Confederazione è vivo e vitale. È da lì che dobbiamo trarre ispirazione e forza, è lì che – come Cattaneo e Miglio – dobbiamo guardare nei momenti più bui dell’oppressione centralista e degli inganni del falso Federalismo.

Non solo dobbiamo sperare che la piccola Svizzera non venga schiacciata dalle brume illiberali che ristagnano tutto attorno, ma dobbiamo lavorare perché tutta l’Europa (a partire dalla Padania) diventi una grande Svizzera. Un vecchio proverbio Walser dice che «finchè ci saranno le Alpi, da esse soffierà il vento della libertà».

(da “Il Federalismo”, anno 2004, direttore responsabile Stefania Piazzo)

Print Friendly, PDF & Email
Articolo precedente

Senzasconti, Fatuzzo e Negri ad Antenna 3

Articolo successivo

La Scozia insegna: chi vuole la libertà vuole l'Europa dei popoli, non la Brexit