Prima il Nord? Scherzavano

di CASSANDRAlega deserto

Arte e strategia di un politico che manda in pensione la secessione, l’indipendentismo, le Padanie e i Nord del mondo per concentrarsi sul tema del giorno: la fame. Matteo Salvini molla il core business della Lega Nord e annusando aria di rivoluzione civile, si prepara a raccogliere ampie messi di consenso, puntando all’identità ma a quella però nazionale. Eccolo ai microfoni di Rtl nel dicembre di tre anni fa: “Cosa mi ha fatto cambiare idea sui meridionali? Sono i fatti, probabilmente il Sud lo conoscevo poco, ho fatto e abbiamo fatto degli errori”.

Poi aggiunge. “Adesso sono straconvinto che l’Italia o si salva tutta, da Nord a Sud, o non ce n’è per nessuno. In una situazione economica come questa – prosegue – l’emergenza è nazionale, l’emergenza disoccupazione è tale a Milano come a Taranto, Lecce e Catania. Prima ci si risolleva tutti insieme dalle due emergenze, disoccupazione e immigrazione, perché checché ne dica Renzi l’immigrazione fuori controllo creerà sempre più caos sociale. Poi io continuo a esser convinto che l’autonomia e il federalismo siano le risposte che servono anche al Sud. Non l’autonomia alla Crocetta in Sicilia per intendere, l’autonomia di continuare a stemperare, però l’autogestione e la responsabilità sono quello che terrà insieme l’Italia”.

Peccato che Gilberto Oneto in un suo contributo su Limes di dicembre, avesse scritto che “morta è l’Italia, non la Padania”, sperando nella forza politica di Salvini “Se riesce ad abbozzare – aveva scritto – un progetto che garantisca all’Italia-stato una dolce eutanasia… si può davvero sperare di vincere la sfida dell’Europa”. A meno che si generi una salda alleanza tra la Padania, meglio, quel che resta, e il Sud.

Ma la questione, che non sfugge a nessuno, è che la Lega che tutti hanno conosciuto è passata dalla Padania a Prima il Nord all’Italia della Lega. Salvini parla un linguaggio chiaro e diretto, dice pane al pane, chiama i problemi col loro nome, sa che alla gente piace sentirsi dire che della legge elettorale e dell’elezione del capo dello Stato non frega a nessuno. Sa che se si parla di immigrazione, tocca il dramma delle periferie, delle famiglie superate nei diritti da chi porta a casa uno stipendio da primo dopoguerra ma avendo un asilo di figli passa davanti a tutti. E prende voti, da destra a sinistra ai movimentisti 5Stelle che volevano cancellare il reato di clandestinità. Che errore madornale di prospettiva.

Sa che l’indipendenza, l’autonomismo, i referendum per l’autodeterminazione, non portano a casa  un voto in più. Sembra roba da cantina, orpelli politici superati, superflui sulla tavola dei disoccupati. Vediamo che dice Ilvo Diamanti che, proprio di recente, aveva illustrato un sondaggio sulla fame di indipendenza in Italia: piuttosto calda in Veneto, fredda in Lombardia, ma comunque un tema che mostrava nonostante altri problemi stringenti, una certa ferma attualità. Diamanti, su Limes “Quel che resta dell’Italia”, afferma che l’elettorato è sempre più mobile, privo di appartenenze. “Partiti e movimenti politici italiani perdono contatto col territorio. E si nazionalizzano, puntando sulla popolarità del proprio leader”. E’ l’esatta fotografia del fenomeno Renzi e del fenomeno Salvini. “E’ un paesaggio popolato da soggetti politici “leggeri”, centralizzati, senza radici nella società.

Diamanti sostiene che il successo leghista sia in parte dovuto alla sua capillarità. E, su questo, occorre contraddirlo. Sezioni chiuse, militanti che non rinnovano più la tessera, politica dei commissariamenti… Il popolo della base è disperso. Non è più come prima; Diamanti si faccia un giro più che tra i ricordi tra le sezioni reali e poi se ne riparla. Ma lui stesso lo ammette. “Non è chiaro tuttavia quale sia oggi l’identità della Lega. Di certo non è più la Lega padana, che da ultimo rivendicava la macroregione del Nord…. Ha un bacino elettorale abbastanza ampio per contare ancora. Non certo per interpretare “il male del Nord”. Tanto meno per rivendicare l’indipendenza”.

Ma scorriamo più avanti, per leggere che la Lega “ha indebolito la sua impronta locale… In questa fase il partito di Salvini ha dimenticato la secessione, il federalismo. Ma anche il tam tam antiromano e antimeridionale. Ha invece agitato la bandiera della destra antieuropea e ultranazionalista. Oggi guidata da Marine Le Pen…. Per difendere il “popolo” dagli “altri” che ci assediano e invadono…; per difendere se stessa dal declino e dall’M5S che la insidia sul suo stesso terreno; per tutelare il suo nuovo mercato elettorale del Sud, la Lega è cambiata: non più padana ma “nazionale”, se non nazionalista”.

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