di ROMANO BRACALINI
Di solito i censimenti non fanno che confermare ciò che sappiamo benissimo. Mentre, al contrario, tacciono quello che è poco gradito. L’ultimo censimento, quello del 2011, dice che su quasi 60 milioni di abitanti, almeno 4 milioni sono immigrati stranieri, il cui numero è triplicato in dieci anni; ma il dato, ovviamente, riguarda solo gli immigrati regolari, non comprende i clandestini, che essendo tali sfuggono ad ogni controllo; ma si calcola che il loro numero si aggiri sul mezzo milione/ottocentomila. Quindi si arriva a circa 5 milioni di stranieri in Italia. I clandestini sono i più pericolosi, proprio perché incontrollati, e in quanto clandestini dediti alla piccola e grande criminalità, allo spaccio, alle aggressioni. Un calcolo statistico rivela che il 40% degli stupri sono commessi da stranieri, in prevalenza nordafricani e dell’Est balcanico: quanto di meglio ci offra il mercato.
Le cronache del malaffare sono eloquenti. Le carceri traboccano di reclusi stranieri. L’immigrazione è diventata un problema cruciale in tutta Europa. E’ l’argomento principale d’ogni campagna elettorale. Si vincono o si perdono le elezione sul nodo irrisolto dell’immigrazione. L’esperienza insegna che l’immigrato di seconda e terza generazione resta legato alle proprie origini tribali o vi ritorna in segno di ribellione e protesta contro le leggi e le tradizioni del paese che lo ha accolto. Tolosa insegna. La Francia non accoglie più stranieri,anzi si appresta a espellere i “sans-papiers”. In Inghilterra, in Belgio, in Olanda, in altri tempi eccessivamente ospitali, hanno messo l’immigrazione sotto stretto controllo. Viceversa se l’Italia, in questi ultimi anni, è tra i paesi dell’Europa occidentale ad avere la più alta quota di immigrati stranieri, la ragione non è nelle prospettive offerte, che restano limitate, se non nulle, ma nell’incapacità dello stato ad amministrare un simile fenomeno in caotica e costante crescita senza regole. Gli sbarchi sono ripresi, anzi non sono mai cessati, ma la grande stampa asservita non ne parla per non attribuire al mesto Monti un altro fallimento.
Non c’è lavoro nemmeno per i residenti, chi il lavoro lo aveva lo ha perduto o lo perderà, le piccole aziende chiudono perché non sono in grado di far fronte al carico di imposte, le tasse divoreranno la tredicesime. Circa 140-150.000 persone vivono in baracche (dati del censimento), ci sono pensionati che vivono con meno di 500 euro al mese, ma gli sprechi di stato non sono stati tagliati e nemmeno gli stipendi e i vitalizi dei politici. Il Nord e il Sud restano estranei e sempre più lontani l’uno dall’altro; ma anche questo argomento non è oggetto di discussione. Non se ne parla. La secessione non è più una opzione remota. E’ la sola via di scampo.
La Sicilia (insieme alla Campania) è il paradigma dello sfascio materiale e morale del Mezzogiorno. Ma con la serie dei governi corrotti e clientelari che si sono succeduti dal dopoguerra, è l’intero paese che non funziona più. Siamo il Paese più tartassato d’Europa, ma con i servizi pubblici da Terzo mondo. Le grandi opere stentano a decollare, così si rattoppano le vecchie autostrade che c’erano già al tempo del Duce. Sempre in ritardo di una corsia. Rallentamenti, cantieri aperti, eterni lavori in corso. In Italia per progettare e affidare i lavori di una grande opera occorrono in media 900 giorni: si va dai 583 giorni della Lombardia ai 1.100 della Campania, ai 1.582 della Sicilia. E ancora: 257 giorni per l’autorizzazione a costruire un semplice capannone o un piccolo magazzino. Negli Stati Uniti bastano 40 giorni, in Gran Bretagna 95, in Germania 100. Nella classifica dei ritardi burocratici l’Italia è al 143° posto su 181 paesi. Secondo dati Istat, i dipendenti della pubblica amministrazione, quasi tutti di origine meridionale, sono 3.571.379, negli Stati Uniti con una popolazione quadrupla sono la metà e (occorre dirlo?) più civili e efficienti. Baracca Italia!