di SERGIO BIANCHINI – Avendo abolito i due concetti di popolo e di nazione l’intelligentino che prevale nei circoli dominanti e nei media italiani non capisce più niente.
Accusando il popolo di essere un fifone e un egoista si sono tagliati da soli la possibilità di capire la situazione del paese e l’evoluzione dell’opinione pubblica che, nonostante le continue e massicce dosi di narcotico mondialista, si è unita proprio contro di loro.
Il fatto che l’opinione pubblica si schieri con Salvini, anziché far loro comprendere che hanno colpevolmente abbandonato qualunque minima difesa dell’integrità nazionale, li fa propendere per l’aristocratica condanna dell’ottusità del popolaccio.
Eppure a pensarci bene sono proprio gli argomenti dei mondialisti che fanno acqua da tutte le parti.
Essi non sanno minimamente spiegare la potenza degli innumerevoli esempi vincenti di nazional-mondialismo che pervadono lo scenario mondiale, dalla Cina alla Russia, all’India.
Non comprendono come mai la spinta alla nascita di nuove nazioni continui a manifestarsi ed abbia portato i membri dell’ONU da circa 50, alla fondazione nel primo dopoguerra, ai circa 200 odierni. Tra gli ultimi arrivati proprio numerose nuove nazioni europee sorte alla fine dell’impero sovietico.
Non comprendono nemmeno di essere ormai i vessilliferi di quel modo di essere che i padri nobili del loro sinistrismo hanno sempre condannato. Cito due esempi, Marx e Gramsci.
Nel Manifesto del P.C.(1848) Marx esamina il ruolo potente, ma per lei fatale, della borghesia nella storia e dice:” La borghesia non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione, i rapporti di produzione, dunque tutti i rapporti sociali. Prima condizione di esistenza di tutte le classi industriali precedenti era invece l’immutato mantenimento del vecchio sistema di produzione. Il continuo rivoluzionamento della produzione, l’ininterrotto scuotimento di tutte le situazioni sociali, l’incertezza e il movimento eterni contraddistinguono l’epoca dei borghesi fra tutte le epoche precedenti. Si dissolvono tutti i rapporti stabili e irrigiditi, con il loro seguito di idee e di concetti antichi e venerandi, e tutte le idee e i concetti nuovi invecchiano prima di potersi fissare.
Si volatilizza tutto ciò che vi era di corporativo e di stabile, è profanata ogni cosa sacra, e gli uomini sono finalmente costretti a guardare con occhio disincantato la propria posizione e i propri reciproci rapporti.”
Gramsci, 90 anni dopo, parlando nei -QUADERNI- del ruolo degli intellettuali italiani afferma:
L’errore dell’intellettuale consiste nel credere che si possa sapere senza comprendere e specialmente senza sentire ed essere appassionato (non solo del sapere in se, dell’oggetto del sapere) cioè che l’intellettuale possa essere tale ( e non un puro pedante) se distinto e staccato dal popolo – nazione , cioè senza sentire le passioni elementari del popolo , comprendendole e quindi spiegandole e giustificandole nella determinata situazione storica, e collegandole dialetticamente alle leggi della storia, a una superiore concezione del mondo, scientificamente e coerentemente elaborata, il “sapere”; non si fa politica – storia senza questa passione, cioè senza questa connessione sentimentale tra intellettuali e popolo – nazione.
I nostri intelligentini ormai in totale stato confusionale si aggrappano al fatto che il mondo “ormai” sia completamente interconnesso, che la scienza e la tecnica abbiano eliminato ogni barriera tradizionale, che il futuro sia planetario. Ignorano che il mondo è interconnesso da sempre.
Aggrappati ai loro dogmi, al loro fatalismo storico sono incapaci di elaborare veri progetti di governo della nazione in sintonia coi dolori, i bisogni e col sentimento popolare e quindi col voto democratico.
La costituzione italiana, loro modello propagandistico segnala ostinatamente che “la sovranità appartiene al popolo” ma loro hanno abolito la parolina e hanno in mente solo “il cittadino del mondo” quel mondo “senza frontiere” che è nei loro sogni.
Il vero problema teorico e pratico dei nostri giorni invece sta proprio nel delineare un rapporto forte, pratico, conveniente, traducibile in progetto politico, tra interessi nazionali e situazione mondiale, tra condizione della realtà concreta dello stato Italiano e delle sue popolazioni di nord, centro e sud, con la situazione europea e mondiale.
Qui devono passare gli intelligentini e allora forse ritroveranno la passione ed anche il successo vero, non quello dei servitori del padrone ma quello dei servitori…del popolo.