Maroniti, bossiani, salviniani, noiconsalviniani. I decibel della rivoluzione del Nord cercano un padre. Come qualcuno sulle colonne del nostro quotidiano annotava, la prima Pontida made in Matteo, a parte i leader, vede “tutti gli altri saliti a urlare banalità e cercare di dare un senso al proprio stare al mondo e una giustificazione a stipendi e vitalizi.
Salvini? “Scriveva Gilberto Oneto: “Ha fatto anche un paio di citazioni storiche come faceva Bossi ma proprio come lui le ha abborracciate con parecchia disinvoltura, tanto se ne accorge nessuno. Invece proprio così ha mostrato quanto la Lega 2.0 somigli a quella vecchia soprattutto nella paura e nel disprezzo per la cultura. Ha detto non senza un certo candore di avere trovato la Carta di Chivasso su Wikipedia e questo non fa certo piacere a vecchi autonomisti e a gente che da decenni ne parla, ci fa convegni e pubblicazioni, la utilizza come sicuro riferimento ideologico. Ha citato Don Milani anche un po’ a sproposito sull’obiezione di coscienza ma si è dimenticato completamente del coté autonomista del parroco di Barbiana, espresso con la straordinaria immagine dei “ventimila San Marini”. Insomma, a proseguire con l’idiosincrasia del Goebbels di Gemonio per la cultura forse si evita qualche problema di leadership ma non si va lontano. Con la cultura delle figurine dei calciatori e con le trasmissioni radiofoniche sugli Ufo non si liberano le nostre comunità. Salvini è un ragazzo sveglio e dovrebbe magari essere un po’ più attento al percorso identitario catalano (e non solo)”.
Il percorso è invece lungo come la penisola, da Nord a Sud. Giorgio Gaber insegnava. “La rivoluzione oggi no, domani neppure, ma dopodomani sicuramente!”