/

Pirellone ieri, Pirellone oggi. Scopri le differenze. Boni: Lombardia non sarà mai Stato bizantino

boni

di RICCARDO POZZI – A Milano, nell’aprile del 2011, Davide Boni mi rilasciò una intervista da Presidente del Consiglio Regionale Lombardo. Questa.

Arrivo a Milano nel primo pomeriggio, fra mille cantieri in febbrile agitazione e imponenti grattacieli in costruzione, per incontrare  Davide Boni, presidente del Consiglio Regionale della Lombardia, milanese di nascita ma mantovano di formazione ed esperienza politica.

Gli stringo la mano dopo una discreta attesa, largamente mitigata dalla cordialità delle sue assistenti.

“Come sta Presidente….” …anche se mi sembra  un po’ sulle sue e molto istituzionalmente mi invita ad accomodarmi.

Mi affretto a ricordargli che l’ultima volta che l’ho visto era un ragazzo, al teatro “Ariston” di Mantova, parlava ad un modesto pubblico di leghisti, mentre fuori dal teatro una ventina di  Carabinieri presidiavano l’ingresso con  leggero  nervosismo. Strappato un piccolo sorriso e un minimo di confidenza, comincio.

Informo il Presidente Boni che chiamerò questo lavoro “La faccia dello Stato”, gli chiedo subito quale sia la sua idea di  Stato e quale sia, secondo lui, quella dei mantovani.

“Riconoscere la capacità delle Istituzioni di andare incontro ai bisogni dei cittadini, certo i lombardi si sono sempre chiesti che cosa potessero fare lo loro per lo Stato, per usare un adagio di kennediana memoria… I mantovani, è brutto dirlo, hanno uno spirito un po’ ossequioso nei confronti delle istituzioni, per questo la provincia fatica a ricevere l’ondata di rinnovamento. Certo, Mantova è un po’ ai “margini dell’impero” e le sue tradizioni agricole la condizionano. I lombardi in generale hanno un’idea molto “levantina”  dello Stato. Una specie di groviglio macchinoso e oscuro che produce problemi e non soluzioni. In fondo in 150 anni l’Italia centralista,  ciò che ha saputo diffondere è stata la burocrazia e la Lombardia fatica a sentirsi in sintonia perché questa è terra di produzione e non di grandi prefetti o grandi burocrati”.

Sergio Romano si chiede cosa succederebbe, in una ipotetica scissione del nord del paese, di tutti i corpi istituzionali che hanno un reclutamento quasi prevalentemente meridionale. Ma allora dobbiamo considerare come un presidio o un deterrente la presenza di italiani del sud che occupano con prevalenza le leve dello Stato?
In sostanza, le forze armate sono, al nord, custodi dell’unità nazionale? Siamo a questo?
“No, non sono il deterrente, sono la causa. La meridionalizzazione dello Stato è la causa delle spinte autonomiste, perché ha comportato un’idea bizantina  di Stato che non appartiene alla Lombardia, al nostro modo di lavorare. Quando  entrai in politica per mio padre andavo a fare niente e produrre parole e non qualcosa di concreto. E’ un altro modo di pensare, tant’è che per molto tempo i giovani hanno cercato poco l’impiego pubblico, anche se oggi le cose sono cambiate. E’ la burocrazia la vera causa, un sistema autoreferenziale che alimenta se stesso.”

Presidente, si dice che Milano sia una città del sud capitale del nord…” (abbozza un sorriso ironico come se sapesse dove vado a parare). A Milano e in  Lombardia , motore della nazione, nord e sud mostrano tutte le loro contraddizioni  ma anche lo loro possibilità. Come sarà il futuro della convivenza, visto che alle immigrazioni del passato si stanno aggiungendo strati di nuovi flussi dal sud del paese e dall’estero?
“Secondo me siamo ad una svolta, non ideologica, non etnica, ma congiunturale. Il nord è in difficoltà, ha capacità di produzione economica, conservando però tutto il rimorchio da trainare. L’integrazione di chi proveniva da altre regioni è avvenuta con il lavoro. Chi invece è arrivato per occupare posti pubblici, oggi, non si accorge nemmeno della crisi dell’economia reale. Paradossalmente, ma nemmeno tanto, oggi è più difficile condurre una piccola impresa che fare il burocrate, è più difficile fare l’artigiano che il giudice, perché il dirigente pubblico risponde a se stesso, l’artigiano ad un mercato feroce e selettivo.”

Presidente, Sabino Cassese parla di meridionalizazione dello Stato a livelli di non ritorno; su “Geografia dell’alta burocrazia”, Rocchio e Belvedere scrivono che il 92% dei dirigenti statali a ruolo  provengono dal centrosud. Ma anche la base della piramide pubblica e ad altissima presenza meridionale, tanto che Sergio Dini, da procuratore militare a Padova, confessava all’Espresso il proprio allarme per il massiccio arruolamento proveniente da aree ad alta concentrazione criminale. Crede che sia logico pensare ad una regia a questo sbilanciamento territoriale?”
“E’ comprensibile che anche le forze sane del sud  cerchino sbocchi nel pubblico, in certe aree del paese la contaminazione è tale da essere entrata nel corpo della popolazione. Anche se vediamo arresti quotidiani la sensazione è che si sia lontani da qualunque soluzione. L’unica regia è quella del mantenimento del potere centrale. A questo mantenimento sono funzionali le pratiche del voto di scambio al sud, per mantenere il serbatoio elettorale e il consenso politico con l’assistenzialismo economico.”

Quindi non ritiene pericoloso che la Sicilia abbia i più alti tassi di incidenza del lavoro sommerso e contemporaneamente fornisca il maggior numero di Guardie di Finanza, operative in regioni dove il sommerso e a livelli fino a quattro volte inferiori?

“La crisi sta oscurando ogni pericolosità.  Perché i partiti storici hanno paura del sistema federale? Perché non siamo pronti. Perché noi abbiamo ancora un’economia da difendere, in altre regioni federalismo significa che domani devi tagliare. Questo è il senso.

Lei parlava di Sicilia. In Sicilia hanno stabilizzato da poco 4000 precari, se lo facessimo noi scoppierebbe il finimondo. Approfittano del sistema in modo scientifico, perché le grandi masse del sud sono manovrabili elettoralmente. Nel nord no. Non lo dice Bossi ma la storia.

Le prime leghe contadine sono nate al nord, la resistenza è nata al nord, le cooperative, il socialismo, il fascismo stesso è nato al nord, come la resistenza. Nel sud poco si è mosso. La Sicilia, dopo la guerra, voleva diventare la 51a stella della bandiera americana, non era interessata all’Italia; è in Sicilia durante la guerra che si è aperta la porta di ingresso militare agli alleati. I libri di Pansa lo spiegano bene, dopo la caduta del fascismo nel nord si è aperta la stagione dei regolamenti di conti. Nel sud quasi niente. L’errore è stato, non ricordo esattamente chi l’abbia detto, pensare che Palermo sarebbe diventata, con l’unità, più simile a Torino. Invece è accaduto il contrario.”

“Credo proprio sia stato Sabino Cassese, oggi membro della Consulta e autorevolissimo docente di Diritto Costituzionale; ma vorrei tornare al ragazzo 28enne che si butta in politica sulla Mantova rossa degli anni novanta, si sente diverso da quel giovane leghista?

“Le cose non erano facili come immaginavo  ma lo spirito non cambia mai ed è la disperazione della mia famiglia. Il fatto che io non smetta mai di fare politica, oggi come allora.”

Chiudo il taccuino, spengo il registratore e noto che questi gesti generano un piccolo buonumore del mio interlocutore. Ci alziamo insieme e solo ora mi accorgo di quanto sia bello lo spazioso ufficio al 6° piano di via Filzi, nel palazzo del Consiglio Regionale.

Lascio Milano con una certa fretta, temendo il leggendario traffico in uscita del pomeriggio, prima però faccio qualche foto al centro direzionale davanti alla Stazione Centrale e ai grandi palazzi in costruzione. La città sembra voglia scrollarsi di dosso la crisi e l’intorpidimento economico degli anni del dopo milanodabere, sembra che dica di non  essere solo moda e giornali.

Esco dal parcheggio un po’ goffamente e mi becco qualche accidente in perfetto napoletano da una panda targata Varese. Una passante mi guarda distrattamente, mentre sorrido da solo.

Avevo dimenticato che questa è Milano.

Print Friendly, PDF & Email
Articolo precedente

Ma la censura dei partiti non caccia i comici di letto e di governo

Articolo successivo

Nord e dintorni... Chi tradisce spesso riceve onori e gloria