di Elsa Farinelli – Il Piemonte non ha avuto fortuna, diciamo così, al passaggio del covid. E’ stata fino all’ultimo tra le regioni che è rimasta in bilico per la fine del lockdown di giugno.
Ma come si è organizzata?
Quale catena di comando dell’emergenza è stata strutturata?
La maggior parte delle nomine è arrivata dal presidente e così non poteva che essere ma, a differenza ad esempio del Veneto, il governatore Alberto Cirio, di Forza Italia, è rimasto abbastanza esterno all’organizzazione emergenziale.
Ad avere ruoli invece ci sono l’assessore al welfare Icardi e quello alla protezione civile Gabusi, mentre Cirio non è dentro l’unità di crisi.
E ci sono state delle criticità, il governatore ha sempre affermato fossero eredità della precedente gestione.
Da qui la fondazione Openpolis ha deciso di andare a studiare l’organizzazione della macchina.
Gli strumenti al lavoro sono stati quattro: “l’unità di crisi, il comitato tecnico scientifico, il gruppo per la gestione della fase 2 guidato da Ferruccio Fazio – spiega Openpolis- e il gruppo di lavoro sulla riorganizzazione ospedaliera presieduto da Giovanni Monchiero. All’interno di queste strutture abbiamo censito complessivamente 47 persone. Dalle fonti però risulta che anche altri sono stati inseriti a vario titolo all’interno di questi organi e in particolare l’unità di crisi.
Infatti i documenti ufficiali delegano al responsabile dell’unità di crisi la facoltà di nominare altri componenti, tuttavia non è stato possibile reperire un elenco esaustivo di tutti i membri nelle varie fasi che si sono succedute. Da diversi comunicati stampa della regione si desume però che nel tempo sono stati nominati nuovi membri di cui ci siamo limitati a registrate solo i più significativi“.
Ed ecco il punto critico:
“Nel corso di una crisi di questa portata, sarebbe importante conoscere con precisione chi ricopre, in ogni fase dell’emergenza, incarichi di responsabilità. Inizialmente l’istituzione dell’unità di crisi, del comitato tecnico scientifico e alcune modifiche successive sono state adottate con decreti del presidente facilmente reperibili sui siti istituzionali. Di successive integrazioni, cambi al vertice, nonché dell’istituzione del gruppo per la gestione della fase 2 si perde traccia negli atti della regione, dovendosi affidare piuttosto a comunicati e altre fonti stampa“.
La Regione comunque ha iniziato a muoversi dal 22 febbraio (Zaia dal 30 gennaio, ndr), istituendo una unità operativa di 6 persone.
“Tra questi il solo responsabile politico citato è l’assessore Luigi Icardi a cui è attribuita la “supervisione relativa alla verifica dell’operatività dell’unità di crisi”. Icardi è un politico della Lega ben radicato sul territorio. Due volte sindaco di Santo Stefano Belbo, consigliere provinciale di Cuneo dal 2009 al 2014 è stato eletto nel 2019 al consiglio regionale, venendo poi scelto come assessore regionale alla sanità.
Inizialmente, dal punto di vista operativo, l’unità di crisi era composta principalmente da membri del servizio di emergenza del 118.
Due sono invece i componenti dell’amministrazione. Il segretario generale della regione Paolo Frascisco, con il “ruolo di referente generale delle attività svolte presso l’unità di crisi”, e Sandra Beltramo dirigente del settore protezione civile della regione. Oltre a questi gli altri componenti appartengono tutti al servizio emergenza del 118. Primo tra tutti Mario Raviolo, direttore della maxiemergenza 118 e come tale referente sanitario regionale, ovvero l’anello di congiunzione con la struttura nazionale della protezione civile. A lui è demandato il ruolo di coordinatore generale delle attività dell’unità di crisi”.
Il comitato tecnico scientifico
Stando all’atto istitutivo quest’organo ha carattere consultivo e “rilascia pareri, su richiesta del presidente dell’unità di crisi”. A presiederlo il dottor Roberto Testi, dell’Asl di Torino, e alla vicepresidenza Franco Ripa, dirigente della direzione welfare della regione. Con la sua formazione vengono inserite nella macchina dell’emergenza figure perlopiù di carattere medico.
Anche il Piemonte ha creato un comitato tecnico scientifico, ma è un organo consultivo con il compito di rilasciare pareri “su richiesta del presidente dell’unità di crisi”.
E’ per lo più composto da membri di aziende ospedaliere universitarie e delle Asl. Ne fanno parte i direttori sanitari della Asl di Novara, dell’azienda ospedaliera di Novara e dell’azienda ospedaliera di Torino.
“Fanno parte del nuovo organo anche due dirigenti regionali (delle direzioni welfare e protezione civile), i rettori delle università di Torino e del Piemonte orientale (entrambi professori di medicina) e un dirigente dell’area protezione civile del comune di Torino. Caso particolare rispetto alle altre regioni analizzate, tra i membri si trova anche Marcello Tatangelo, pubblico ministero della procura di Torino“.
Ma “È metà marzo quando il quadro fin qui delineato inizia a complicarsi. Da alcuni giorni il coordinatore dell’unità di crisi Raviolo è al centro di numerose polemiche per la gestione dell’emergenza, anche da parte della federazione regionale degli ordini dei medici.
Il 16 marzo con un nuovo decreto Vincenzo Michele Coccolo viene nominato commissario straordinario per l’emergenza covid-19. Il ruolo di Raviolo non viene formalmente toccato, tuttavia il nuovo commissario assume poteri chiaramente sovraordinati“.
Ma sottolinea il report che “Il nuovo commissario assume poteri superiori rispetto al coordinatore dell’unità di crisi, i cui compiti però non vengono formalmente rivisti.
Viene infatti stabilito che il commissario coordina e sovrintende a tutte le funzioni dell’unità di crisi. Inoltre se da un lato la normativa nazionale riserva al referente sanitario regionale il raccordo con la centrale remota operazioni soccorso (Cross), ruolo che sembra rimanere in capo a Raviolo, dall’altro il nuovo decreto indica il commissario come rappresentante operativo unico della regione Piemonte nei confronti degli organi nazionali preposti.
In aggiunta Coccolo è incaricato del commissariamento straordinario del sistema regionale di protezione civile. Per assisterlo nello svolgimento dei suoi compiti sono inoltre indicate una serie strutture e figure aggiuntive, tra cui lo stesso Raviolo.
In un quadro poco chiaro sembra comunque che Coccolo provveda a nuove nomine all’interno dell’unità. Sia da fonti stampa che da un comunicato regionale si apprende infatti che verso fine marzo il dottor Flavio Boraso, direttore generale dell’Asl To3, è stato nominato coordinatore sanitario dell’unità di crisi”.
Ma le polemiche non si placano e dopo una inchiesta televisiva di Report accade qualcosa.
“Tre giorni dopo, il 23 aprile, un comunicato della regione informa che Raviolo non fa più parte dell’unità di crisi. Al suo posto, Elide Azzan, dell’Asl di Novara, già componente del comitato tecnico scientifico. Neanche in questo caso però è chiaro se questa assuma il ruolo di referente sanitario regionale, originariamente ricoperto da Raviolo. Oltre a lei entra nell’unità anche Paolo Vineis, vicepresidente del consiglio superiore di sanità e membro della Task force dati per l’emergenza Covid-19, a cui viene affidata la “nuova area di supporto alla pianificazione strategica dell’unità di crisi“.
Intanto il 21 aprile si è infatti insediato il gruppo per la gestione della fase 2, sotto la guida di Ferruccio Fazio, già ministro del IV governo Berlusconi. A lui si aggiunge Alessandro Stecco, neurologo, presidente della commissione sanità in seno al consiglio regionale del Piemonte, eletto nelle liste della Lega.
Inoltre fanno parte del gruppo 5 professionisti del settore sanitario, di cui tre sono rispettivamente i presidenti dell’ordine dei medici, di quello degli infermieri e di quello dei farmacisti di Torino.
Ma non è finita. “A circa 10 giorni di distanza, proprio su impulso dell’assessore alla sanità Icardi, nasce un altro gruppo di lavoro, questa volta incentrato sulla riorganizzazione ospedaliera. A presiederlo Giovanni Monchiero, per anni dirigente nelle asl del Piemonte e parlamentare di Scelta civica nella XVII legislatura (2013-2018). Oltre a lui fanno parte del gruppo altri 10 membri, tutti provenienti dalle asl o dalle aziende ospedaliere. Di questi 2 fanno anche parte del comitato tecnico scientifico e una, Elide Azzan, sia del comitato che dell’unità di crisi.
Il gruppo Fazio e quello di Monchiero si distinguono dunque per competenza. Il primo si occupa di medicina territoriale, il secondo di organizzazione ospedaliera. Se da un lato in questo modo aumenta il numero di competenze messe in campo, dall’altro viene da chiedersi se il proliferare di gruppi di lavoro non rischi di minare la coerenza e l’organicità della politica sanitaria piemontese”.
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