di ETTORE COLOMBO – (articolo scritto il 16 novembre 2016 per il sito Internet Quotidiano.net (http://www.quotidiano.net) – ALCUNE PREMESSE METODOLOGICHE
Tutto questo articolo si basa su alcuni dati di fatto e, insieme, su proiezioni di voti assoluti basati sulle Politiche 2013, Europee 2014 e i passati referendum che, pur miscelati in modo uniforme, non sono sovrapponibili e immediatamente confrontabili né con i sondaggi attuali né con i voti reali che arrideranno, il 4 dicembre, al Sì o al No. Di conseguenza, è un articolo da prendere con le molle perché la base ‘scientifica’ c’è, ma in politica e soprattutto in un voto come quello che ci attende le varianti possibili sono imponderabili. Per il resto, vi auguro buona lettura.
1) INCREDIBILE, VINCE CHI PRENDE UN VOTO IN PIU’
La sensazione che il premier e segretario del Pd, Matteo Renzi, perderà il referendum costituzionale del 4 dicembre si fa più corposa ed evidente man mano che ci si avvicina al giorno della votazione. Naturalmente, i sostenitori del No esultano, quelli del Sì cercano di porre rimedio al fatto che, da mesi, tutti i sondaggi li danno stabilmente dietro al No e costretti faticosamente a rincorrerlo. Eppure, tutti gli scenari e le possibilità di vittoria o sconfitta vengono diffuse sulle base di sondaggi e, cioè, di percentuali, MAI sulla base di numeri assoluti. E’ con questi, invece, i numeri assoluti che in questa votazione, più che in altre, bisogna fare i conti. Va ricordato, infatti, che il referendum confermativo di leggi costituzionali non abbisogna di quorum (soglia di partecipazione al voto), ma lo vince chi prende anche solo un voto più. Per dire, se su 60 milioni di italiani andassero a votare in cinque (5) elettori di numero, con 3 (tre) voti per il No e 2 (due) per il Sì, il referendum lo avrebbe vinto il No. Insomma, mentre nelle elezioni politiche, invece, come in quelle amministrative, i voti assoluti vengono trasformati in seggi (e, dunque, in maggioranze e minoranze) grazie ai sistemi elettorali di volta in volta adottati, al referendum (ripetiamo: solo in quello confermativo come sarà quello costituzionale del 4 dicembre, NON in quello abrogativo, cui serve il quorum per essere valido, a prescindere da chi lo vinca) non esiste sistema elettorale: i voti si contano in numeri assoluti e, chi prende un voto in più, ha vinto.
2) DIFFICILE SOMMARE MELE CON PERE
I numeri assoluti di cui parleremo tra poco hanno un valore intrinseco in sé (non sono, appunto, sondaggi, ma numeri reali, presi dai partiti in tre tornate elettorali: Politiche, Europee, referendum costituzionali precedenti), ma NON sono, chiaramente, sovrapponibili al voto che ci sarà il 4 dicembre come semplice carta carbone. Per capirsi, primo esempio: NON è affatto detto che i voti del Pd alle Politiche 2013 o alle Europee 2014 saranno i voti che il Pd porterà in dote a Renzi il 4 dicembre 2016. Non tutti gli elettori (e/o simpatizzanti e/o militanti) del Pd voteranno Sì al referendum (la minoranza dem al completo, per dire, voterà compattamente NO: si dice che valga il 15% del Pd). Secondo esempio: non tutte le somme che presto evidenzieremo sono realistiche: sulla carta, i voti del Pd si sommano ai centristi, ma quali e quanti? Tutti quelli di Ncd? E quanti sono quelli di Ala (Verdini)? E quanti voti arriveranno da Forza Italia o M5S al Sì? Terzo esempio: è evidente che, per quanto la partecipazione al voto degli italiani al referendum non sarà di certo bassa (si stima che andrà a votare almeno la metà del corpo elettorale, circa il 50%), l’affluenza dei cittadini italiani alle elezioni Politiche è e resterà comunque più alta (tra il 65-70%), mentre è più ragionevole pensare che l’affluenza a questo referendum si avvicini a quella delle Europee 2014 (dove i votanti furono 28.908.004, il 58,64%). Quindi i voti assoluti indicati andrebbero depurati di alcune milioni di unità, allo stato non quantificabili. In ogni caso, verranno contati qui SOLO i voti della Camera (diritto di voto dai 18 anni in sù, quindi la fascia più alta possibile di elettorato italiano) ma SENZA i voti degli italiani all’estero (4 milioni 23 mila votanti, di cui 2,1 in Europa e 1,3 in Sudamerica, circa 1,2 milioni di votanti stimabili al referendum).
3) SONDAGGI, QUANTO LA REALTA’ VIENE DISTORTA
In campagna elettorale si discute prevalentemente di sondaggi che, sfornati dai vari istituti di ricerca, quasi quotidianamente vengono mandati in onda sulle tv e pubblicati sui giornali. Ma i sondaggi danno una rappresentazione distorta e fallace della realtà: NON tengono, appunto, mai in considerazione i numeri veri, i voti assoluti. Prendiamo in esame i principali istituti di sondaggi e il periodo temporale compreso tra il 21 ottobre e l’11 novembre (prima, quindi, della vittoria di Trump negli Usa). Questi risultati. Per Ixé-Agorà il No ha il 40% contro il 37% del Sì (indecisi al 23%), per Tecné-Mediaset il No è al 52,9% contro il 47,1% al Sì (indecisi al 16%, affluenza al 50%), per Emg-La 7 il No è al 38,3% e il Sì al 34,8% (indecisi al 26,95, astenuti al 40,3%), per Ipr il No è al 52% e il Sì al 46,5% (affluenza al 45%). Dalla media viene fuori che il No è sempre avanti con una forchetta compresa tra i 2 e i 5 punti massimo, circa 3/4 punti percentuali di media.
Ma si possono fare i conti sulle percentuali? No, appunto. L’affluenza al voto, il reale numero dei votanti, come si orienteranno gli indecisi e coloro che non dichiarano il loro voto, i possibili spostamenti dal bacino elettorale del Sì al No e viceversa, sono, allo stato, tutte ancora delle grandi e insondabili incognite. Ecco perché bisogna, invece, ragionare sui voti assoluti. Con tutti i benefici di inventario segnalati in precedenza, ma con qualche certezza data dai voti reali che, nelle urne, valgono quanto pesano. Fatte tutte queste premesse, iniziamo a parlare di numeri assoluti.
NOTA. COME E PERCHE’ SOMMARE I VOTI ASSOLUTI
Ribadiamo qui il punto: non è assolutamente possibile trasporre il voto di elezioni precedenti (Politiche 2013 ed Europee 2014), ma anche dell’ultimo referendum abrogativo (trivelle 2016) sul voto che si terrà il 4 dicembre. Né sarebbe giusto, in teoria, creare o sciogliere alleanze ‘innaturali’ tra forze politiche che, a quelle elezioni, non erano coalizzate per riversare i loro voti in un Sì o in un No alla riforma costituzionale, ma almeno si ragiona in termini di voti assoluti. Quelli che pesano e peseranno nelle urne, il prossimo 4 dicembre.
NB: Ci si riferirà sempre ai votanti per la Camera dei Deputati (per la quale votano i 18 enni, quindi il massimo del corpo elettorale e SENZA contare i votanti per la circoscrizione Estero, circa 4,1 milioni di elettori perché il loro voto è troppo soggetto a dinamiche incalcolabili, politiche e non politiche, di diverso tipo).
1) POLITICHE 2013: IL NO VINCEREBBE IN MODO NETTO
Alle Politiche del 2013 gli aventi diritto al voto erano 46 milioni di italiani (46.905.15) e i votanti furono 35.270.926 (il 75% degli aventi diritto). Il Pd – allora guidato da Bersani, candidato premier della coalizione Italia Bene comune (Pd+Sel+Cd) – raccolse 8.646.03 voti (il 25,43%) da solo mentre Sel prese 1.089.231 voti (3,2%) e le briciole andarono ai centristi.