Perché la secessione?

SECESSIONESTATI

di MARCELLO CAROTI – Il professor Roberto Orsi è un Lecturer all’Università di Tokio nell’Istituto di Ricerca di Politiche Alternative e io ho già avuto il piacere di commentare per voi i suoi articoli ma questa volta sono rimasto veramente sorpreso e con piacere. Il suo ultimo scritto, La questione morale nella politica italiana, ha fatto spuntare un luccicone negli occhi di questo vecchio leghista.

Il professore nota che l’Italia risulta essere il paese più corrotto tra i paesi occidentali in base a tutte le ricerche e statistiche fatte sull’argomento. Questo fa pensare che il problema sia di natura costitutiva, sia cioè nella genesi stessa del paese.

L’Italia unita fu creata con una forte struttura centralizzata, simile al modello Prussiano, ove il paese era diviso in provincie governate da un Prefetto nominato dal Re. Questo modello non teneva conto della enorme diversità, che è stupefacente in Italia, a tutti i livelli (geografico, storico, culturale, linguistico).

Questa struttura calata dall’alto con la forza e mantenuta con la repressione doveva in qualche modo assicurarsi un consenso da parte dei governati per tenere uniti popoli che non lo erano mai stati perché la repressione da sola non può durare a lungo. Non potendo far appello a un senso civico che non poteva esistere, questo consenso lo si è raggiunto con la costituzione di associazioni clientelari, sul libro paga del governo, che avrebbero agito solamente se ne avessero avuto un chiaro interesse.

In quelle circostanze questo era il metodo più veloce per ottenere un consenso sufficiente a governare il paese. La corruzione diventava così una colla indispensabile per ottenere il consenso, assieme ovviamente alla repressione.

Poi il professore entra nel vivo della questione che ci riguarda: con la fine delle Guerra Fredda il problema della unità e identità nazionale è venuta di nuovo a galla con la proposta, goffa e sfortunatamente in gran parte sprecata, del movimento della Lega Nord. Questo è molto increscioso perché la questione della unità nazionale, della autorità dello stato, della ricerca del consenso e della pubblica moralità sono una cosa sola.… il modello dello stato centralizzato ha dimostrato di essere strutturalmente inadatto a governare l’Italia.

L’identità collettiva in Italia ha sempre avuto la sua dimensione principale a livello locale, in una miriade di piccole patrie, il campanilismo, l’elemento potente della identità e della continuità con il passato. Lo stato italiano, sia monarchico, sia fascista, sia repubblicano, si è sempre scontrato con le identità locali senza riuscire a proporre un’alternativa migliore. Questo è stato un errore strategico. Anziché combattere contro le identità locali, l’Italia avrebbe dovuto abbracciarle e renderle produttive.

Se c’è un modo con cui lo stato può riguadagnare prestigio e credibilità migliorando così la sua capacità di produrre consenso senza un sistematico clientelismo, è di aumentare la partecipazione popolare che è possibile solamente portando il centro decisionale politico più vicino ai cittadini … il miglio modello di governo è quello che l’Italia non ha mai adottato: il federalismo.

E’ a questo punto che mi è spuntato un luccicone.

Quanti italiani avrebbero potuto unirsi a noi se la Lega fosse stata un po’ meno “goffa”? Questo professore era sicuramente un amico che avrebbe potuto dare un contributo importante alla causa. Quanti amici avevamo che non abbiamo saputo coltivare? Quanti erano d’accordo con noi e noi neanche lo sapevamo? Quanti ne abbiamo mandati via?

Noi tutti sappiamo che la politica è una brutta bestia e non è facile da cavalcare; inoltre dobbiamo sempre tenere presente che il nostro nemico, il nazionalismo italiano, è duro come il cemento quando è calato nell’animo dei lombardi. Comunque, quando dopo 30 anni non si è raggiunto l’obiettivo è indispensabile fare un esame di coscienza. Questo documento del professore è un atto di accusa alla dirigenza della Lega perché emerge chiaramente che non è riuscita a mettere assieme le forze positive che esistono in questo paese.

Oggi il problema stesso di costruire un’Italia federale è diventato obsoleto. Oggi il problema è sopravvivere all’invasione extracomunitaria che i progressisti ci stanno imponendo per seppellirci definitivamente. Oggi il nemico non è più a Roma, è a Bruxelles. E’ ancora più lontano e ancora più forte.

Oggi stiamo messi ancora peggio di 30 fa.

 

L’Unione Sovietica Europea è ancora più ottusa e arrogante dello stato italiano e se in Italia di federalisti ne abbiamo trovati pochi, in Europa ce ne sono ancora di meno. Cosa possiamo fare?

 

Dopo questa bella analisi, purtroppo, il professore non ci fornisce una proposta politicamente realistica. Si augura per l’Italia una struttura simile alla Svizzera per  mezzo di una revisione profonda della costituzione, del modello di governo e anche di tutti i simboli nazionali: bandiera, inno nazionale, ecc. Si tratta di ricostruire dalle fondamenta la società civile per ritornare all’età d’oro dell’Italia, il Rinascimento, quando la frammentazione fu il motore di una produttività sbalorditiva, che sfruttava la rivalità tra le regioni e la loro competizione.

 

In effetti questo del professore più che un programma è un sogno. Oramai buona parte dei poteri dello stato italiano sono stati trasferiti all’Europa e non è più possibile fare una Svizzera in Italia.

 

Se l’ideale di uno stato federale in Italia è svanito, cosa possiamo fare?

Non resta che una sola possibilità: la secessione.

Mentre per il federalismo si deve essere tutti d’accordo, la secessione è un atto unilaterale e può essere fatto senza il consenso del resto del paese.

Visto il problema da questa angolatura le uniche entità che potrebbero farlo sono la Lombardia e il Veneto perché sono  le uniche regioni ove esiste una minoranza non irrilevante per questo progetto.

E’ comunque una impresa difficilissima, quasi impossibile. Il nazionalismo italiano è talmente penetrato nella psiche dei Lombardo-Veneti che l’idea di una secessione è quasi impensabile.

 

Dobbiamo a questo punto guardare lontano al futuro di questo paese e dell’Europa.

Il professore ci dice: … l’Italia, in quanto entità geopolitica unitaria, è su di una traiettoria di declino terminale.

Ci dice che l’Italia unita non può sopravvivere a lungo (come questa Unione Sovietica Europea) quindi ha senso prepararci al momento in cui ci sarà il trauma e se saremo uniti e decisi potremo arrivare a realizzare il sogno.

 

Marcello Caroti                                                                                                            Marzo 2016

 

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