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Perché Catalogna e Scozia si battono per la loro libertà e noi no?

scozia

di ROBERTO PISANI – Per introdurre questo articolo partirei dalla definizione che l’enciclopedia Treccani dà della parola Nazione: “Il complesso delle persone che hanno comunanza di origine, di lingua, di storia e che di tale unità hanno coscienza, anche indipendentemente dalla realizzazione in unità politica.”

Da qui vien da se che esistono della Nazioni senza Stato, come più volte evidenziato in un non troppo recente passato, durante l’epoca secessionista della Lega Nord per l’indipendenza della Padania.

Altro concetto molto usato (e a volte abusato) in quel periodo è quello di “Diritto all’autodeterminazioni dei popoli”. Per spiegarlo ci avvalliamo di nuovo della Treccani: “Principio in base al quale i popoli hanno diritto di scegliere liberamente il proprio sistema di governo (autodeterminazione interna) e di essere liberi da ogni dominazione esterna, in particolare dal dominio coloniale (autodeterminazione esterna).”

Ma allora cosa vieta a queste Nazioni di autocostituirsi e soprattutto quali sono questi popoli?

L’Encyclopedia of the Stateless Nations: Ethnic and National Groups Around the World pubblicata nel 2002 fa un elenco di esse (https://in30secondi.altervista.org/2010/11/25/nazioni-senza-stato/) tra cui non figurano i Padani ma sono presenti liguri, istriani, lombardi, piemontesi, veneti, siciliani, friulani, sardi e napoletani. E la presenza di questi ultimi getta qualche ombra sull’attendibilità di questo elenco, però tant’è!

Ma quindi basta veramente appellarsi al diritto di autodeterminazione dei popoli per ottenere l’indipendenza? Certo che no!

Gli stati centrali sono tutto fuorchè sprovveduti e si sono fatti leggi a doc per evitare che una parte della loro popolazione, che per tradizioni, cultura, lingua e storia non si riconoscesse in essi, si staccasse. E i casi più vicini a noi ossia la Catalogna e la Scozia ne sono un chiaro esempio.

E qual è la differenza tra questi due e la Padania? Perchè loro sono più avanti di noi nel processo d’indipendenza?

Lo stato italico (che non è una Nazione stando alla definizione di qua sopra) è fondamentalmente uno stato opportunista, politicamente democristiano nella definizione più becera del termine: perché cambiare se si sta bene? Perchè iniziare un percorso nuovo che potrebbe portare ad una situazione incerta? Perchè rischiare di inimicarsi qualcuno che poi ci può essere utile? Dopo tutto abbiamo l’auto che vogliamo, abbiamo la tv che ci fa credere che stiamo bene, abbiamo il calcio che ci occupa gran parte del nostro tempo libero, fra partite e discussioni varie, salvo poi lamentarci quando non arriviamo a fine mese oppure la tredicesima (per i fortunati che ancora ce l’hanno) è più leggera di quella dello scorso anno.

E la politica? Quella no, quella è sporca, non bisogna occuparsene, tanto non cambia niente, sono tutti uguali. E diciamo ai nostri figli: lascia perdere, stanne lontano, non schierarti, lascia perdere le tue idee, il tuo credo. Pensa a divertirti!

E la nostra cultura? La nostra lingua madre? Le nostre tradizioni? La nostra identità? Lascia perdere! Ormai siamo in Europa, nel Mondo, in piena globalizzazione. Impara le lingue, tutte tranne la nostra, e vedrai che ti troverai bene, troverai tutte le porte aperte. Fa niente se sarai solo un numero, un burattino, se ti avranno annientato l’identità!

Ecco proprio qua sta forse la differenza: vedere in Catalogna manifestare centinaia di migliaia di giovani per la loro Nazione contro l’oppressione di uno stato nel quale non si riconoscono, ti allarga il cuore! Sono immagini che vorremmo vedere (o forse rivedere) anche qua in Padania.

E su questo dobbiamo investire: sui giovani perché se la nostra cultura, la nostra lingua, le nostre tradizioni, la nostra identità non andranno perse e cancellate da una stato centralista e oppressore sarà grazie a loro. E forse anche un po’ grazie a noi che gli abbiamo insegnato ad amare la loro terra.

Banale dirlo ma opportuno ricordarlo.

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