Pendolaria, l’elenco delle opere incompiute che ci salverebbero la vita. Lombardia? Solo rincari del 30%

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Come ogni anno, all’entrata in vigore dell’orario invernale, Legambiente lancia la campagna Pendolaria presentando una prima analisi dei dati piu’ rilevanti che riguardano la situazione del trasporto ferroviario regionale in Italia. E’ infatti questo il momento per fare un primo bilancio della situazione sulla rete e per raccontare le ragioni di una mobilitazione a fianco di chi ogni giorno prende il treno per andare a lavorare, a scuola o all’università e che ha l’obiettivo di far capire quanto sia importante e urgente migliorare il trasporto pubblico su ferro nel nostro Paese, offrendo un’ alternativa davvero piu’ competitiva, economica e sostenibile alle persone rispetto all’automobile privata. Sono quattro le questioni più rilevanti che si possono evidenziare rispetto alla situazione che vive ogni giorno chi si muove (o vorrebbe muoversi) sui treni pendolari. La prima questione che abbiamo voluto mettere al centro dell’attenzione quest’anno e’ l’incredibile ritardo e assenza di investimenti in cui si trovano tante infrastrutture che renderebbero piu’ veloci e comodi i viaggi di milioni di persone che ogni giorno si spostano per ragioni di lavoro o di studio. Quando si parla di incompiute in Italia ci si concentra sempre sulle grandi opere, senza guardare a quelle più urgenti che sono proprio dove e’ larga parte della domanda di trasporto nel nostro Paese. Dietro le prime ci sono di solito general contractors e grandi imprese, forti interessi in gioco e quindi si prendono tutto lo spazio di attenzione mediatica e politica. Eppure se si va a guardare al territorio italiano e alle citta’ si scopre una realta’ molto differente. Legambiente ha individuato 26 opere il cui completamento è di evidente enorme utilità per i pendolari, perché interessanoun bacino di utenza complessivo che coinvolge oltre 12 milioni di persone.

E il problema è che mancano le risorse per completarle. La cartina e la tabella qui sotto raccontano questa situazione in maniera evidente. Sono qui le priorita’ del Paese ma, malgrado gli annunci, e’ qui che mancano le risorse e le attenzioni. E senza un cambio delle priorita’ questi interventi non si realizzeranno mai perche’ nei prossimi anni le risorse andranno a realizzare le solite grandi opere, in particolare autostrade, come e’ sempre stato in questi anni. Lo raccontano i dati del Ministero delle Infrastrutture: dal 2002 ad oggi i finanziamenti statali hanno premiato infatti per il 60% gli investimenti in strade e autostrade. Emblematici sono i dati degli interventi realizzati durante la scorsa legislatura: 3.900 km tra strade provinciali, regionali e nazionali, 217 km di autostrade, 62,6 km di linee ferroviarie ad Alta Velocità, 58,6 km di metropolitane, 34,5 km di tramvie. Inoltre sono state sospese o cancellate linee ferroviarie per 205 km. Eppure in Italia nelle principali aree metropolitane e conurbazioni vivono ben 25 milioni di persone, il 42% della popolazione nazionale, ed è nelle città che ancora nei prossimi anni, secondo tutti gli studi, andrà concentrandosi la crescita della popolazione. Di cosa parliamo? Di linee di metropolitane e tram indispensabili a recuperare i problemi di congestione del traffico a Roma, Torino, Bologna, Palermo, Cagliari. Di linee ferroviarie al Sud che versano in uno stato di degrado senza speranza dalla Calabria alla Sicilia, dal Molise alla Sardegna, alla Puglia. E di collegamenti ferroviari al Sud come al Nord che risultano fondamentali per le merci (come dal porto di La Spezia al Brennero, o da quello di Ancona a Roma) e per i collegamenti tra tanti centri rimasti in questi anni senza un servizio degno di questo nome. Interventi distribuiti in tutta Italia che comporterebbero una spesa limitata, rispetto alle solite grandi opere, ma che sembrano condannate a non vedere mai la luce visto che per la loro realizzazione mancano risorse pari a quasi 10,8 miliardi di euro.

La seconda questione riguarda i tagli avvenuti al servizio ferroviario regionale in questi anni. La ragione dei disagi che vivono i pendolari ogni giorno sta nel fatto che dal 2009 ad oggi, a fronte di una crescente domanda di trasporto su ferro, perché permette di lasciare l’auto, riducendo stress e spesa delle famiglie, il numero di treni in circolazione sulla rete regionale è diminuito. Complessivamente dal 2010 i tagli sulla rete regionale sono stati pari al 4,7% con un aumento delle tariffe mediamente del 18,5%. Se si guarda dentro questi tagli si scopre che ci sono rilevanti differenze tra le regioni. In particolare i problemi riguardano il Sud, dove fra il 2010 e il 2018 il taglio ai servizi ferroviari è stato pari al 33,2% in Molise, al 15,9% in Calabria, al 15,1% in Campania, al 6,9% in Basilicata, al 5,6% in Sicilia. In diverse Regioni del centro-nord nel corso degli ultimi anni si è tornati ad aumentare i treni*km prodotti, ma anche qui rimangono numerosi problemi anche perché molte più persone prendono il treno. Primo fra tutti il fatto che per aumentare i servizi nelle aree urbane maggiormente frequentate dai pendolari sono stati effettuati tagli sulle altre linee, considerate periferiche. Ad esempio in Piemonte, dove si e’ tornati quasi ai livelli di servizio del 2010, ma sono state cancancellate 14 linee usate dai pendolari lunghe 480 chilometri. Allo stesso modo in Lombardia e Veneto mentre sono aumentati i collegamenti tra i centri urbani principali sono stati effettuati pesanti tagli agli altri territori, come nele province di Cremona, Mantova e Rovigo. In Liguria i treni in circolazione sono ancora il 5,2% in meno rispetto al 2010, con un recupero nell’ultimo biennio, ma in parallelo con un aumento record del costo dei biglietti del +49% (con altri aumenti già programmati a partire dal 2021). Rilevanti i rincari in Campania, con un aumen- to del 48,4%, in Piemonte con +47,3%, mentre nel corso dell’ultimo anno si e’ assistito ad aumenti in Toscana, Veneto, Sicilia ed Umbria.

(fonte dossier Legambiente pendolaria_opere_prioritarie)

 

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