di Roberto Bernardelli – Ci sono notizie che ti attraversano come un treno. Il reddito di cittadinanza, ad esempio. Non ne possiamp più di dati sterili privi di commenti e analisi. Mentre il governo taglia le pensioni, genera sperequazinoi costanti verso chi ha sempre lavorato e versato contributi, ecco che arrivano i dati sul Rdc. e cosa trova co ferma? Che la misura serve solo al Sud. E che il Mezzogiorno incassa in proporzione più del Nord. Lo dobbiamo e vogliamo ribadire, visto che solo noi di Grande Nord e il Corriere della Sera abbiamo sollevato la questione. Gli altri stanno zitti, perché tacere conviene dove c’è serbatoio di consensi.
Allora, per iniziare, l’Inps ci dice che nel periodo gennaio – settembre 2021, i nuclei percettori di Reddito di Cittadinanza (RdC) sono stati oltre 1,52 milioni, mentre i percettori di Pensione di Cittadinanza (PdC) sono stati più di 160mila, per un totale di oltre 1,68 milioni di nuclei e quasi 3,8 milioni di persone coinvolte, per un importo medio di 547 euro. I dati relativi al singolo mese di settembre riferiscono di 1,34 milioni di nuclei percettori totali, con quasi tre milioni di persone coinvolte e un importo medio erogato a livello nazionale di 546 euro (578 euro per il RdC e 271 per la PdC).
Si va da un minimo di 445 euro per i monocomponenti a un massimo di 701 euro per le famiglie con quattro componenti. La platea dei percettori di Reddito di cittadinanza e di Pensione di Cittadinanza è composta da 2,53 milioni di cittadini italiani, 308mila cittadini extra comunitari con permesso di soggiorno Ue e circa 116mila cittadini europei. La distribuzione per aree geografiche vede 578mila beneficiari al Nord, 417mila al Centro e 1,97 milioni nell’area Sud e Isole.
Mi fermo qui. Vediamo dove sta l’inganno.
I parametri per accedere al reddito di cittadinanza non tengono affatto conto del costo della vita, col risultato che solo il 20% dei poveri del Nord, dove la povertà ammette il Corriere, è in aumento, percepisce il sussidio.
Questo squilibrio è il risultato di regole di accesso al reddito di cittadinanza che di fatto sbarrano l’accesso a 1,2 milioni di residenti in Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia-Giulia, Trentino-Alto Adige e Emilia-Romagna; poco importa che questi siano oggi in condizioni di bisogno tali che – se fossero al Sud – darebbero diritto al sussidio”.
Non solo i disoccupati non sono ancora stati rimessi nel circuito del mondo del lavoro. Non solo i navigator sono stati un fiasco.
“L’anno scorso i poveri «assoluti» erano 447 mila in meno rispetto al 2018, ma la distribuzione del beneficio resta geograficamente molto squilibrata. Per due terzi il calo dell’indigenza è concentrato a Mezzogiorno, mentre a Nord-Est – l’area più dinamica del Paese – la quantità di persone in povertà assoluta l’anno scorso è persino aumentata”.
Peggio ancora, quindi.
Il 43% delle persone povere risiede stabilmente nelle regioni settentrionali. Ma, dati Istat alla mano, percepiscono il 20% del reddito di cittadinanza.
Ricordava Fubini sul Corsera che, “gli interessati dall’assegno (i beneficiari e le loro famiglie) sono 1,9 milioni, un numero quasi pari a quello di coloro che nel 2019 risultavano in povertà assoluta. Al Nord invece la quantità di popolazione coperta in qualche modo dal sussidio è meno di un terzo rispetto alla quantità di poveri assoluti. Per questo 1,2 milioni di persone bisognose in più sarebbe raggiunto dal sussidio se la copertura fosse, in proporzione al disagio sociale, pari a quella del Sud”.
Corriere della Sera docet: “In sostanza il reddito di cittadinanza di fatto discrimina ai danni della popolazione in difficoltà che oggi vive nelle zone più prospere e più costose del Paese”.
I “requisiti di accesso al reddito non coincidono con quelli sui quali si calcolano le soglie di povertà. Queste ultime cambiano con il variare del costo della vita nelle diverse aree d’Italia. Invece i criteri per ottenere il sussidio sono uguali ovunque e così stringenti da tagliare fuori gran parte dei ceti più disagiati a Nord”.
“Poco importa che, dato il costo più alto di beni e servizi, sia paradossalmente più facile trovarsi nell’indigenza a Settentrione. Per esempio una famiglia con due figli minori in un grande centro urbano del Mezzogiorno per l’Istat è povera se non raggiunge un reddito disponibile di 1351 euro al mese; in una città del Nord si è in povertà assoluta anche a 1720 euro al mese. Gli scarti nelle soglie di indigenza fra le due aree del Paese possono variare di un terzo o anche molto di più. Ma centinaia di famiglie del Nord, con redditi che non garantiscono una sopravvivenza dignitosa, hanno entrate troppo alte per accedere al principale programma del Paese di contrasto alla povertà”.
Se politicamente non si affronta la questione del reddito di cittadinanza con onestà, abbiamo già capito che chi prende i voti del Nord non lavora per rappresentare i poveri del Nord.
Onorevole Roberto Bernardelli, presidente Grande Nord