Nuove grane sul caso Russia. Savoini,io in delegazione.Viminale smentisce

salvini

(di Serenella Mattera) (ANSA) – ROMA, 13 LUG – Spunta il secondo uomo dell’hotel Metropol e spunta anche un’e-mail in cui Gianluca Savoini si accreditava come componente della delegazione di Matteo Salvini a Mosca. Emergono nuovi dettagli, nella vicenda dei presunti fondi russi. “Le indagini facciano il loro corso in fretta”, afferma Matteo Salvini dicendosi tranquillo. Ma il nervosismo in casa Lega cresce e, con esso, la convinzione che se spuntassero elementi piu’ pesanti, M5s potrebbe ‘mollare’ Salvini. Torna cosi’ il pressing sul ministro dell’Interno perche’ sia lui a rompere, far saltare il governo, andare subito al voto. Lui stesso, raccontano, ci starebbe pensando. Ma nell’esecutivo prevale un clima di preoccupata attesa per lo sviluppo delle indagini. La novita’ e’ che Gianluca Meranda, avvocato che dice di aver incontrato Salvini “in occasioni pubbliche”, rivela di essere stato presente all’incontro all’hotel Metropol di Mosca con Savoini. Si trattava per il petrolio ma poi l’affare, racconta a Repubblica, non e’ andato in porto. Ora la procura di Milano, che da mesi indaga su Savoini e sta valutando una rogatoria internazionale per presunti fondi illeciti, lo ascoltera’.

“Possono denunciarmi, minacciarmi ma io non mollo. Ci stanno provando in tutti i modi”, dice Salvini in piazza a Ferrara. Che sia partito un attacco concentrico, a via Bellerio e’ convinzione diffusa. I timori non vengono dissimulati. L’avvocato del vicepremier, spiegano, sta raccogliendo materiale per eventuali querele: si valuta la costituzione di parte civile, se si aprira’ un processo a carico di Savoini. Prima, pero’, si attende di capire quali sono gli elementi dell’inchiesta, fin dove portera’. Salvini prova a ostentare tranquillita’, infila una dopo l’altra le battute su rubli e inchieste. “Viva l’indagine! Faccia il suo corso con la massima tranquillita’”, dichiara. Poi aggiunge: “Facciano in fretta”. L’opposizione pero’ incalza. Il Pd presenta interrogazioni per chiedere al ministro quale sia il ruolo di Claudio D’Amico, suo consulente a Palazzo Chigi e con Savoini nell’associazione Italia-Lombardia. In un’intervista del 2014 al sito International Affairs, in occasione del primo viaggio russo da segretario della Lega, Salvini definiva entrambi suoi “rappresentanti ufficiali”. Buzzfeed pubblica le email in cui, il 17 luglio 2018, interpellato sul perche’ accompagnasse il ministro in visita a Mosca, Savoini rispondeva di essere “parte della delegazione di Salvini in veste di membro dello staff”. E ancora: “Non ho ufficio al ministero ma collaboro direttamente con lui a seconda delle sue richieste”.

Millanterie, commentano in casa Lega. “Savoini – dicono dallo staff del vicepremier – non era nella delegazione ufficiale del ministro dell’Interno partita dall’Italia. Idem il 17 e 18 ottobre 2018”. Ecco perche’, spiegano, Salvini respinge la richiesta di andare in Parlamento a chiarire: “Vado in Aula a parlare della realta’, non di supposizioni e fantasie”. Giuseppe Conte, dopo aver invocato che le indagini facciano il loro corso, tace sulla vicenda. Anche M5s tace. Luigi Di Maio su Facebook scrive: “Se lavori e hai la coscienza a posto, nella vita non hai nulla da temere”. Una allusione? Dal M5s assicurano di non voler attaccare o alzare i toni: “Invochiamo come sempre trasparenza. Tra Di Maio e Salvini, assicurano, non c’e’ nessuna tensione. Piuttosto, dice un deputato, c’e’ tensione nella Lega.

I leghisti si dicono compatti: “Se arrivasse – si sfoga un dirigente – pure solo uno schizzo a Salvini, M5s lo mollerebbe”. Tanti leghisti rimproverano al leader di non aver aperto la crisi tempo fa. “Abbiamo una pazienza infinita, ma fino a un certo punto”, dice Giancarlo Giorgetti parlando di Autonomia. Lo stesso Salvini si starebbe convincendo che con M5s non si possa governare: potrebbe far saltare tutto anche in pieno agosto, assicurano. “Non staro’ al governo per tirare a campare come Monti o Renzi”, si limita a dire pero’ il vicepremier. Il M5s e’ convinto che ora la minaccia del voto sia un’arma spuntata.

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